Questa edizione deve essere unica e irripetibile, fuori dall’ordinario, e rimanere tale nel bene e male. Un’unica serata, l’8 agosto, in cui abbiamo provato a condensare tutte le nostre visioni, le nostre paure, le nostre speranze. Un luogo in cui far vivere i fantasmi di questi mesi per trasfigurarli: a cosa serve il teatro se non ad esorcizzare le nostre più intime paure in un grande rito collettivo?
Colorin Colorado è un’espressione spagnola che anticipa la fine di un discorso, una frase, una fiaba. Non ha un significato specifico e non è traducibile: rappresenta per noi il passaggio di testimone tra qualcosa che c’è stato e qualcos’altro che deve ancora accadere. Quest’anno CastellinAria c’è, nell’incertezza del momento storico che stiamo vivendo e il desiderio di uno sguardo fiducioso e lungimirante. Non un festival, ma un momento di condivisione artistica, di apertura, di visione.
La nostra presenza quest’anno vuole essere poetica, politica, comunitaria.
A questo link, potete trovare l’evento Facebook, con tutte le informazioni dettagliate:
h 19:30 | TROPPO TARDI PER HAMELIN Spettacolo teatrale-musicale itinerante con Compagnia Habitas ed Errichetta Underground
È un viaggio a stazioni, uno spettacolo itinerante che presenta quattro punti di vista di quattro personaggi della fiaba Il pifferaio magico, proprio nel momento in cui i bambini sono stati incantati dal pifferaio e portati via, nella grotta. Ogni racconto è accompagnato da uno strumento, che gli fa eco, lo sostiene, lo amplifica; una riflessione sul presente attraverso la peculiarità della fiaba, della narrazione, dell’oralità.
h 21:00 ESERCIZI SULL’ABITARE #2 | Alvito RedReading#13 Un giorno bianco di e con Tamara Bartolini e Michele Baronio
ESERCIZI SULL’ABITARE è un non-luogo a metà strada tra l’esperienza teatrale, la ricerca antropologica, l’installazione artistica, la condivisone di storie, memorie e saperi, in cui il tempo e lo spazio co-abitano in una casa orizzontale, aperta e in perenne cambiamento. Il teatro stesso si fa casa e rende possibile il trasloco dei territori geografici, simbolici e umani. L’evento conclusivo è per questo un rito collettivo, una festa, una condivisione di un luogo in comune.
Vi ricordiamo che la prenotazione è OBBLIGATORIA e si può effettuare:
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Il Castello di Alvito, un piccolo gioiello nella valle di Comino, ha ospitato per la seconda volta il Festival Castellinaria avvicinando i giovani e gli abitanti del territorio a una delle più antiche arti della storia: il Teatro. La cerimonia d’inaugurazione ha dato il via a una settimana di festa, arte, musica e scoperta delle tradizioni e delle bellezze paesaggistiche locali. Ogni sera è stato proposto uno spettacolo, andato in scena en plein air sotto un bellissimo cielo stellato: un momento per ridere, emozionarsi, imparare, vivere il teatro da protagonisti.
Leonardo D’Alessandro
Formarsi sul territorio, vivere l’evento e narrare l’esperienza tramite il digitale
Sono questi i tre punti che mi danno modo di descrivere il mio tirocinio formativo con Theatron 2.0 a Castellinaria. Il territorio diventa un’aula e un laboratorio in cui formarsi ed esercitarsi sul Digital Storytelling. Una produzione di contenuti digitali ricavata dall’esperienza vissuta durante l’esplorazione del territorio e la visione degli spettacoli inscenati nel Castello di Alvito. L’evento non viene vissuto da spettatore, ma da membro interno alla grande comunità sentendosi parte di ciò che viene realizzato a Castellinaria.
I contenuti digitali non vengono emarginati dallo spirito dell’evento; al contrario, sono pervasi dall’atmosfera del Festival in tutti i loro aspetti. Narrare gli eventi del Festival tramite il digitale è un lavoro di gruppo e di confronto. Solo tramite la discussione produttiva, si possono produrre materiali di qualità. Collaborare e condividere le idee è il modo più idoneo per portare avanti e realizzare un progetto. La settimana trascorsa insieme, durante il Festival Castellinaria, ci ha regalato nuove amicizie, risate, discussioni e la possibilità di imparare a ragionare intorno all’arte teatrale senza mai perdere la libertà di emozionarsi.
Gianluca Faella
Tra i monti di Alvito, in un’atmosfera magica, all’insegna del divertimento e della partecipazione
Ogni serata è stata caratterizzata da performance dal vivo da parte di musicisti e attori a livello nazionale, capaci di intrattenere il pubblico attraverso le loro abilità artistiche. Otto giorni festivalieri da cui il pubblico non poteva che uscirne arricchito, consapevole più che mai di quanto il teatro consenta di trovare sé stessi, entrando in contatto con le emozioni più intime e profonde, di quanto quest’arte millenaria possa essere lo specchio dell’anima.
CastellinAria vuol dire concretizzare i propri sogni, ma anche quelli altrui: si costruisce insieme, si impara insieme, si realizza infine un sogno che da individuale diventa collettivo, tante menti e cuori che si uniscono e ne diventano uno. Il teatro diventa portatore di solidarietà e fratellanza, il tutto collegato dalla passione per l’arte.
Simona Rella
CastellinAria è ‘n’avventur rent a n’ munn parallel, addò s’cred’ agl’sugn ch’ c’fav’ viv’ e ‘uarda’ luntan’
CastellinAria c’porta rent a n’ munn addò s’spera ancor, addò s’ascota gl’pruopria cor. CastellinAria è n’viaj ch’fà divertì ma pur’ maturà, n’viaj ch’fà r’nasc gl’ommn. Fa sci’ ‘n legam paricchie stritt’ tra gl’viecchie e gl’mammuoccie, tra gl’spettator’ e gl’artist’. C’fa capì gl’valor d’n’piccl paesin comm Alvit e d’trouà la bellezza rent alla semplicità. CastellinAria permett d’s’ in contatt’ co’ l’cos’ essenzial’ della wita, gl’valor ch’fav’ buon all’anim. C’fà rtruà l’amicizia: l’importanza d’accogl’ tutt’ gl’ tip’ d’prson, la libertà d’esse chi s’vuo e d’ n’n s’ sntì mai for dalla tribù. C’fà capì l’importanza degl’sacrific, sacrific d’tutt’ chigl ch’ tiev’ gl’coragg’ d’stà a scommatt co’ l’pruoprie passion’. CastellinAria accucchia l’esigenz e gl’desiderie dlla gent’: CastellinAria semm’ nu’.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
1. Un d’gl’ dieci mtiv p’fà st’esperienza d’CastellinAria
La possibiltà d’stabilì ‘n contatt tra gl’ommn e la Natur: d’fà l’escursion ‘n cima agl’ mont d’Alvit e Ucalw. Oppur s’puo’ ì ncima agl’ cavagl’ e ‘uardà gl’panoràm. Agl’castiegl s’possn veré n’sacc’ d’biegl’ spettacl p’ s’rfa’ gl’occhie e passà na srata agl’frisc mies agl’artist: asscì, s’mparàn tant cos nov e s’fà c’accos’avt. CastellinAria c’fa fa’ amicizia, c’fa’ sntì la musica e c’fa’ balla’ ‘nsem comm a na tribù.
2. Valorizzazione del territorio
Alvito e il suo Castello, spesso dimenticati, diventano i protagonisti della Valle di Comino grazie allo spettacolo dal vivo. Realtà piccole ma con una grande anima come #Castellinaria: una piccola comunità fatta di grandi persone che lottano per valorizzare il territorio che abitano.
3. Un Festival giovane
Gioventù e teatro. Elementi semplici in un sistema complesso facilitato dalla determinazione dei giovani volontari e degli artisti ospiti del festival organizzato dalla Compagnia Habitas. Lo zelo e la passione hanno permesso di rendere un’arte con più di 3000 anni di storia più viva e grintosa che mai.
4. Mettersi in gioco senza paura
Al Castello Cantelmo di Alvito, nell’atmosfera magica creata dagli artisti e dallo staff, la paura di esporsi dopo essersi messi in gioco viene soppiantata dalla libertà di esprimersi, sentendosi parte del festival.
5. Ragione o Sentimento?
Secondo quale prospettiva lo spettatore neofita dovrebbe scegliere di guardare uno spettacolo? Dopo una settimana d’arte, emozioni e riflessioni si uniscono fino a confondere la visione del pubblico; ma la confusione non è sempre ingannevole, spesso, permette di interrogarsi intorno a questioni che nella quotidianità non sorgerebbero. Così a CastellinAria è stato possibile squarciare il velo di Maya, sperimentando il dolce e feroce inganno di interrogare la vita attraverso mille domande.
6. Scoprire l’arte
Avvicinarsi all’universo artistico: CastellinAria permette la connessione tra pubblico e spettacolo dal vivo attraverso il coinvolgimento emotivo e la partecipazione attiva. Lo spettatore viene preso per mano e condotto in un’esperienza destinata ad arricchirlo, una catarsi capace di cambiarne in profondità l’animo umano.
7. Sentirsi attori
Assistere allo spettacolo. Applaudire. Riflettere. Sentire. Prendere posto in platea, osservare la scena. Le voci degli artisti. Le luci che colpiscono il viso. Immaginarsi al loro posto. Paura. Emozioni, dalle più vere alle più fittizie, da condividere. Diventare parte dello spettacolo. Sentirsi attori non protagonisti, ma necessari.
8. Conoscere le tradizioni locali
La leggenda, esattamente come il mito, la favola e la fiaba, fa parte del patrimonio culturale di tutti i popoli ed è caratterizzata dalla fusione di magico e reale, marcando l’importanza dell’immaginazione e della fantasia, come mezzo per educare e per superare le paure umane. Fondamentale è la funzione sociale e antropologica svolta dalla tradizione delle leggende e dai miti in una liaison volta a connettere un gruppo, una comunità, un popolo, l’umanità. Come in ogni luogo, anche ad Alvito, esistono tradizioni, usi e costumi secolari che vivono nella memoria popolare di tutti gli abitanti: CastellinAria ha rappresentato un’occasione unica per poter conoscere e vivere intensamente la cultura del territorio, grazie all’arte del teatro.
9. Innovazione nella Valle di Comino
La Valle di Comino, luogo d’ispirazione per molti artisti, ha un profondo legame con l’arte e l’innovazione sin dai tempi più antichi. Si potrebbe immaginare il territorio che circonda la città di Alvito come un’immensa “incubatrice” per le idee innovative. CastellinAria, nell’atmosfera della Valle, si pone come punto di riferimento per gli artisti provenienti dal territorio nazionale e internazionale.
10. Vivere il digitale, raccontando la realtà
La narrazione digitale permette di vivificare i momenti vissuti rendendoli autentici nel ricordo: immaginarsi di nuovo nella platea del Castello di Alvito assaporando l’attesa dell’inizio dello spettacolo, rievocare l’emozione dell’incontro tra artisti e spettatori. Sensazioni catturate da una lente che, attraverso il digitale, racconta un frammento di realtà vissuta.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Trilogia: tre atti di vita, allegoria della peregrinazione volta al conseguimento della presa di coscienza del Sé e dell’altro da Sé. Tre atti di vita: incarnazione dell’amalgama di sacro e profano, divino e mefistofelico. Cena, Eden e Passione, tre momenti biblici inseriti in un contesto crudele, brutale costantemente atemporale. Un percorso sofferto, tormentato, demoniaco, difficile da percorrere e caratterizzato da inganni, trappole, botole segrete. Un cammino angoscioso verso la vetta. Vetta, che si identifica con l’utopistica felicità che porta all’abolizione di quel senso di insoddisfazione cronica e di quel vuoto incurabile tipico della “Trilogia”, radicati nell’umanità.
Un’ascesa-discesa metaforica nel Parnaso, dove la salita intensamente agognata si rovescia – tragicamente – nel suo opposto. Ci si trova dannatamente nella reggia infernale del Pandemonio, nell’ordinaria e dozzinale quotidianità, scoprendo che, ironicamente, si è sempre stati nel Giardino dell’Eden. In quel παράδεισος, un “giardino recinto” che ricalca ancora e ancora l’impossibilità di sottrarsi dall’impasse psichica e dal ristagno emotivo-esistenziale. Non si sale non si scende, ma si gira in tondo, ricalcando un ouroboros maligno e immortale.
Valeria Amata
Trilogia – Tre atti di vita di Evoè Teatro
Tre atti in cui il sacro si fonde col profano, tre come la Santa Trinità, tre come il numero della perfezione, solo illusoria. L’idillio si trasforma in incubo, il trittico di generi teatrali – commedia, dramma, tragedia – coinvolge il pubblico in un climax discendente nel quale sensazioni contrastanti dominano la scena. Vicende apparentemente scollegate ma unite da un filo invisibile: la solitudine dell’essere umano e il malessere esistenziale, ferite interne che non possono essere curate, cicatrici dell’animo nascoste dietro convenzioni sociali, maschere e sorrisi falsi.
La più grande bugia che i personaggi possano raccontare è rivolta solo a loro stessi, convincersi di avere una vita perfetta ma vacante se osservata più da vicino, credere di stare in piedi ma rendersi conto che in realtà è solo un equilibrio precario, sapere che prima o poi si cadrà inesorabilmente. Una pièce che scava a fondo nell’umano sentire, provocando un forte senso di empatia tra chi recita e chi osserva, in un rapporto di ebbra simbiosi.
Simona Rella
Trilogia – Tre atti di vita di Evoè Teatro – CastellinAria
“In fondo è come se lo spazio fosse anima, un’anima vasta e i corpi impulsi nervosi che però devono abitare la disciplina per rendere il rapporto comune, comunitario, organico a un organismo superiore”. Questa citazione di Vincent Lounguemare, presente nel foglio di presentazione dello spettacolo, ci permette di capire il problema sociale dei rapporti umani, la continua ricerca della perfezione per non essere mai contraddetti e giudicati dalle persone appartenenti al mondo esterno.
“Trilogia – tre atti di vita”- partendo dalla narrazione degli episodi biblici dell’Ultima cena, dell’Eden e della Passione di Cristo – mette in discussione la routine e la monotonia, imposte dalle condizioni frenetiche e alienanti della società contemporanea, nate dalla disperazione e dalla paura di poter essere sé stessi. Ogni individuo, alla ricerca di un Eden, spazio felice dove poter vivere, subisce i colpi di un’illusione crudele attraversando il malessere della propria esistenza, per cercare di raggiungere infine una insperata pace interiore .
Leonardo D’Alessandro
Trilogia – Tre atti di vita Da un’idea drammaturgica di Paolo Grossi
Testo e regia: Paolo Grossi Con: Emanuele Cerra, Stefano Detassis, Federica Di Cesare Light designer e tecnico luci: Emanuele Cavazzana; Scene: Lorenzo Zanghielli; Costumi: Elena Beccaro; Produzione: Evoè! Teatro
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“Pezzi” di Rueda Teatro, regia di Laura Nardinocchi con Ilaria Fantozzi, Ilaria Giorgi e Claudia Guidi.
“Una visione molto grande è necessaria e l’uomo che la sperimenta deve seguirla come l’aquila cerca il blu più profondo del cielo.”
La citazione qui riportata appartiene a Cavallo Pazzo, un capo Sioux, ed è ciò che meglio esemplifica quello che sta accadendo in questi giorni al Castello Cantelmo di Alvito: dal 3 al 10 di agosto, il festival organizzato dalla compagnia Habitas, “CastellinAria”, dimostra come grandi progetti possano diventare realtà grazie alla volontà di più persone nel voler perseguire un sogno. Inoltre, non è un caso che il tema di quest’anno sia “Segnali di fumo”, incentrato sulla cultura dei nativi americani: l’atmosfera è pregna delle peculiarità della popolazione pellerossa quali la condivisione e la solidarietà tra i partecipanti. Come previsto dal programma, anche la quarta serata è stata caratterizzata da uno spettacolo, ovvero “Pezzi” di Rueda Teatro, regia di Laura Nardinocchi con Ilaria Fantozzi, Ilaria Giorgi e Claudia Guidi. È l’8 dicembre, giorno della festa dell’Immacolata durante il quale le famiglie preparano l’albero di natale.
Non sottraendosi a questa tradizione, una madre e le sue due figlie, Maria e Marina, con rami, palline, luci e festoni decorano l’albero ma le loro emozioni tradiscono parole e azioni. Le discussioni a voce alta celano un disagio di fondo che culminerà, gradualmente, nella scoperta da parte del pubblico della morte del padre/marito. Il rapporto tra le tre donne è inevitabilmente segnato dalla scomparsa dell’uomo fin dall’inizio dello spettacolo: la madre assume il ruolo del patriarca ma vorrebbe vivere il suo lato femminile ballando il tango e facendosi stringere da forti braccia, Maria assume comportamenti infantili, Marina è ribelle e vorrebbe evadere verso terre lontane.
Tutte loro hanno sviluppato un meccanismo di difesa per cercare di dimenticare, ma il ricordo si insinua, involontariamente, all’interno dei momenti apparentemente lieti e negli oggetti, lasciando il posto a silenzi vuoti in realtà assordanti. Il momento clou rimane la preparazione dell’albero, evento che scaturisce lo svilupparsi del simbolismo della vicenda: l’arbusto consiste in un asse in cui infilare dei rami. È spoglio, come se comunicasse allo spettatore un presagio di morte in contrapposizione allo spirito superficialmente allegro della madre che lo prepara recitando i numeri della tombola, coadiuvata da una spensierata Maria.
È proprio la figura della madre che cerca di reggere la parvenza di serenità natalizia, come quando cerca di rievocare l’attesa dello spirito dello Scarpariello per la figlia Maria, vedendo vanificato il suo sforzo da Marina che riporta alla mesta realtà presentandosi con una scatola colma di cravatte appartenute al padre. La contrapposizione principale rimane in ogni caso quella tra la vita e la morte: l’immacolata concezione, giorno nel quale si annuncia alla Madonna la nascita imminente di Gesù nel presente e i funerali del padre nel passato; un gioco di luci calde intervallato da quelle fredde, blu, del colore della malinconia per antonomasia; le luci natalizie e le luci dei ceri funerari; la preparazione dell’albero e il conseguente disfacimento di esso.
“Pezzi” di Rueda Teatro, regia di Laura Nardinocchi con Ilaria Fantozzi, Ilaria Giorgi e Claudia Guidi.
Il finale dello spettacolo è significativo, rappresenta il punto di svolta nel quale si comprende che il dolore non può essere evitato, che l’assenza di una persona amata non è colmabile con la presenza di altre, che la mancanza è percepita in ogni angolo della casa e non può essere adombrata dall’illusione. La morte del padre/marito ha lasciato solo frammenti di ciò che è stato. Le tre figure, in conclusione, realizzano in una sorta di epifania, che quei pezzi, quelle cravatte e quei ricordi, vanno rimessi insieme per commemorare l’assente figura maschile rendendola ancora viva, in una maniera serena, celebrativa e intrisa allo stesso tempo di nostalgia.
I pezzi rappresentano anche le tre figure femminili, sconnesse e divise a partire dal momento della tragedia, che arrivano a capire, sul finale, che solo attraverso l’unione e la forza reciproca potranno continuare a guardare avanti. “Pezzi” ci insegna come le tragedie possano facilmente creare barriere tra individui e al medesimo tempo come queste barriere possano essere abbattute attraverso il sostegno incondizionato e la comprensione dei sentimenti più disperati e infelici affinchè possano incubare il dolore e razionalizzarlo.
Marcel Proust diceva “l’assenza è, per colui che ama, la più sicura, la più efficace, la più viva, la più indistruttibile, la più fedele delle presenze.
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