Il teatro e il gelo in Guarda come nevica, la letteratura russa che racconta il presente
Della nevosa atmosfera che avvolge i grandi capolavori della letteratura russa si avvale Licia Lanera nella trilogia Guarda come nevica in cui risuona la bufera umana e politica vergata da Cechov, Bulgakov e Majakovskij.
La maestria tecnica di Lanera, accompagnata in un processo autoriale che non si serve bensì si nutre della forte componente sonora tratteggiata dal sound designer Tommaso Qzerty Danisi, è posta al servizio di un nuovo capitolo del suo percorso artistico, scardinando la dimensione biografica e solidificando la denuncia politica. Denuncia che, sedimentata tra le righe dei capolavori degli autori russi del Novecento, risuona nel tempo presente.
In scena con Cuore di cane, primo esito della trilogia, con tre repliche siciliane il 5 novembre presso Zō Centro Culture Contemporanee e il 6 e il 7 novembre a Spazio Franco, con la collaborazione di Rete Latitudini, Licia Lanera porta la forma del romanzo a teatro in un connubio tra radiodramma e concerto. I personaggi narrati da Bulgakov in Cuore di cane , sono tratteggiati nelle posture e nella ricerca vocale tanto cara a Lanera, in un lavoro di selezione e riscrittura più che di riadattamento, aderendo in maniera clamorosamente naturale ai volti che popolano gli affairs politiques del Bel Paese.
Ne parliamo con Licia Lanera, approfondendo Guarda come nevica e Cuore di cane.
Nella trilogia Guarda come nevica, l’atmosfera cupa che caratterizza la letteratura russa viene portata sulla scena. Come nasce l’idea di questo lavoro?
Ho sempre avuto una passione per la letteratura russa. Nelle mie letture disordinate ho intercettato spesso autori russi, a cavallo tra ‘800 e ‘900, e ho decretato che hanno una capacità di scrittura superiore.
Un giorno sono stata contattata da Laura Palmieri che voleva coinvolgermi in uno speciale del suo programma radiofonico, in occasione dell’anniversario della rivoluzione russa. Avevo da poco riletto Cuore di cane con un occhio diverso rispetto a quello della me ragazzina dato che, al tempo, mi era sfuggito il rapporto con la questione sovietica, con Stalin e non conoscevo la biografia così difficile di Bulgakov, così lo proposi a Laura Palmieri. Questa lettura ebbe dei buoni risultati e Walter Malosti mi propose di farne uno spettacolo.
Intanto, stava prendendo forma l’idea di un lavoro su Eduardo e sul rapporto tra teatro e genio con una serie di attori, ma non ottenni i diritti. Decisi allora di fare un Cechov che ben si abbinava al Bulgakov che era in preparazione e alla successiva aggiunta di Majakovskij: nacque così la trilogia Guarda come nevica che mi ha consentito una riflessione ampia sull’essere umano e sul teatro.
Cuore di cane, il primo spettacolo della trilogia, prende le mosse dal romanzo di Bulgakov. Che tipo di lavoro ha svolto per l’adattamento del testo per la scena?
Per quanto concerne il rapporto con la scena, ho scelto per la trilogia tre generi teatrali diversi. Benché Cuore di cane abbia un carattere fortemente teatrale – di fatto Bulgakov è un uomo di teatro –, si tratta di un romanzo esattamente la forma che volevo portare a teatro. Non ho realizzato un adattamento drammaturgico in cui le descrizioni fossero cassate, mi sono piuttosto ispirata a una mia fascinazione giovanile sul teatro di Ronconi che aveva l’abitudine di chiedere agli attori di fare un’azione descrivendola: l’attore narra ciò che sta facendo e contemporaneamente lo fa o lo agisce emotivamente.
Ho riscritto alcune parti e ne ho dolorosamente falciate altre perché, quando scegli di lavorare su un romanzo o ne fai un bignami oppure fai delle rinunce a favore di parti di testo che sono più funzionali. Nel mio caso l’interesse è ricaduto sulla riflessione relativa alla giovinezza e sulla parte politica dedicata alla costruzione di un uomo nuovo, del governo del cambiamento composto da politici che hanno molto da dire ma nulla sanno. Una dimensione ruspante, ignorante, un approccio brutale a quella che è la questione politica.
Originariamente era stata immaginata una destinazione radiofonica per Cuore di cane, ciò ha comportato, anche nell’adattamento teatrale, la presenza di una forte componente musicale che permea l’intero lavoro. Che funzione hanno musica e suoni in Cuore di cane?
Cuore di cane è uno spettacolo mio e di Tommaso Qzerty Danisi, alcune parti drammaturgiche si sono plasmate in relazione alla creazione sonora. Si tratta di un mix tra un radiodramma – vengono raccolti alcuni suoni immediatamente raccontati – e un concerto, quindi anche con suoni slegati dalla didascalia che creano atmosfere capaci di determinare il mio apporto recitativa.
Il fatto che lo spettacolo fosse inizialmente destinato alla radio ci ha fatto puntare sulla componente sonora, rimasta il pezzo forte anche della versione teatrale. Lavoro inoltre con la maschera, un elemento molto forte che annulla la mimica facciale, in qualche modo facilitandomi nel portare in scena 12 personaggi e obbligandomi a lavorare su alcune posture e a spingere la questione vocale all’ennesima potenza. Il lavoro mio e di Tommaso è completamente compenetrato, un dialogo tra due autori che lavorano in modo binario.
Quali sono i punti di contatto tra la società che emerge in Cuore di cane e quella odierna? In cosa ritiene che questo romanzo possa porsi come lente d’ingrandimento del tempo presente?
Nella prima parte del romanzo si affastellano una serie di personaggi ambigui con il mito della giovinezza che ho riportato saccheggiando la commedia becera all’italiana, creando una sfilata di dialetti e personaggi e ridicolizzandoli, nello stile ironico e grottesco proprio di Bulgakov. Una totale presa in giro verso l’ossessione per la bellezza e la giovinezza, attraverso figure ridicole che potrebbero essere totalmente sovrapponibili a quelle di oggi che animano il mondo della tv. Questa forma non giudicante ma profondamente ridicolizzante mi esalta molto, non amando la morale che sta permeando anche molte delle questioni socio-politiche del presente e che potrebbero, nell’intento di preservare certe categorie, scadere nella ghettizzazione.
Ammiro di Bulgakov la capacità svelare in maniera violenta ciò che c’è da dire sulla società, tanto che i suoi testi sono stati pubblicati postumi: coloro che venivano ritrovati con i manoscritti di Cuore di cane venivano condannati a 20 anni di lavori forzati. Ciò da anche la misura del valore della letteratura al tempo.
Bulgakov mostra una società da tutte le parti è finita l’ideologia. Questo mi interessa molto e mi preoccupa. Oggi, la fine dell’ideologia, il parlare per slogan, l’orientamento del pensiero politico tramite i social network, danno vita a una dimensione di grande superficialità che mi terrorizza. Poi se pensi che queste stesse sono in parlamento…
Secondo me è molto chiaro il rapporto col presente.
Nasce a Napoli nel 1993. Nel 2017 consegue la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi in Antropologia Teatrale. Ha lavorato come redattrice per Biblioteca Teatrale – Rivista di Studi e Ricerche sullo Spettacolo edita da Bulzoni Editore. Nel 2019 prende parte al progetto di archiviazione di materiali museali presso SIAE – Società Italiana Autori Editori. Dal 2020 dirige la webzine di Theatron 2.0, portando avanti progetti di formazione e promozione della cultura teatrale, in collaborazione con numerose realtà italiane.