Atelier Shakespeare by Peter Brook
Il più shakesperiano dei registi shakesperiani, Peter Brook regala al pubblico del Napoli Teatro Festival Italia una lezione dedicata al Bardo. Domenica 11 giugno, alle ore 21 nel Foyer del Teatro di San Carlo, sarà possibile assistere ad una lezione aperta (in inglese con traduzione simultanea) che si configura come una retrospettiva di vita di colui che ha dedicato l’intero suo lavoro a tradurre per la platea il senso universale di un autore che è il massimo esponente dell’Occidente teatrale. Brook è per Shakespeare quello che Freud rappresenta per la tragedia greca: è il segno che ne interpreta il senso. Da Shakespeare è partito il suo lavoro teatrale e come un nocchiere, Brook ci ha condotto lungo le rive del Tamigi e da Stratford non si è mai più mosso.
Ritorna al suo autore ciclicamente, tra le sue regie dedicate al Bardo non passano mai più di cinque anni. A lui affida debutti e addii: monta il suo primo Shakespeare a 20 anni, Re Giovanni, e da lì comincia il suo lavoro al festival di Stratford nel 1946 con un’opera ritenuta secondaria: Pene d’amor perdute. Un trionfo lungo 25 anni. Dalla Royal Shakespeare Company si allontanerà solo nel 1971, dopo aver realizzato il rivoluzionario allestimento del Sogno di una notte di mezza estate, che ha fatto epoca dando vita ad una liberatoria interpretazione del testo fondata sul tema del doppio e della sessualità. Da allora è divenuto punto di riferimento di tanti registi.
Tra le opere d’esordio e d’addio ci sono Misura per misura, Romeo e Giulietta, Titus Andronicus, il suo primo Amleto nel 1955; La Tempesta, King Lear. Nella lunga teatrografia e filmografia su Shakespeare manca però un Macbeth: sempre rifiutato, per un’antica superstizione legata al teatro inglese, a cui Brook è rimasto fedele come un elisabettiano fuori dal tempo, che non ha mai smesso di guardare al suo vate e che non smette di essere vate per i suoi contemporanei.
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