da Redazione Theatron 2.0 | 26 Giu 2019 | AccaddeOggi
Agrippina Jakovlevna Vaganova nata a San Pietroburgo, è stata una ballerina e insegnante di danza sovietica.
Ha sviluppato un metodo di insegnamento, chiamato appunto il metodo Vaganova, derivato dall’analisi del metodo e della tecnica della vecchia Scuola Imperiale di Balletto nel periodo di massimo splendore sotto la guida del grande maître de ballet Marius Petipa.
Tutta la vita della Vaganova fu legata al Balletto Imperiale, in seguito Kirov Ballet, ora Mariinskij Ballet, di San Pietroburgo. Figlia di un usciere del Teatro Mariinskij, venne accettata nella scuola del Balletto Imperiale.
All’inizio, l’arte del balletto costò fatica poiché il movimento non le riusciva molto naturale ma lentamente, con impegno e forza di volontà, riuscì ad entrare nella compagnia del Balletto Imperiale.
Anche se arrivò al titolo di “Prima Ballerina” solo un anno prima del suo ritiro, la Vaganova diventò ugualmente famosa tra i ballettomani di San Pietroburgo come la regina delle variazioni per il virtuosismo illimitato e l’alto livello tecnico.
È interessante notare che il vecchio Maestro Petipa non era molto attratto dalla danzatrice, anzi i suoi commenti nei diari sulle performance di Agrippina erano spesso sottolineati da aggettivi quali “terribile” o “spaventosa”.
Nel 1917 si ritirò dalle scene e iniziò ad insegnare al Balletto Imperiale. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre il futuro del balletto in Russia sembrava difficile ma Vaganova lottò per la sopravvivenza di quest’arte che amava così tanto e per preservare l’eredità di Marius Petipa.
Il suo insegnamento cercava di combinare lo stile elegante e raffinato del Balletto Imperiale che aveva imparato da maestri quali Enrico Cecchetti con una danza più atletica e vigorosa tipica dello spirito dell’Unione Sovietica. Nel 1933 allestì e coreografò la celebre versione de Il lago dei cigni con la Ulanova nella parte di Odette-Odile.
Il metodo Vaganova si distingue nell’approccio cosciente del danzatore, nel costante autocontrollo del proprio corpo e nel lavoro della cura della qualità dell’esercizio. Questa tecnica è in costante sviluppo; infatti negli ultimi 10 anni il metodo di Vaganova ha subito un rinnovamento notevole che ha portato ad accrescere il livello tecnico dei ballerini.
Nel 1957 le venne intitolata la scuola di balletto di San Pietroburgo Accademia Vaganova, attualmente considerata la più importante al mondo. Questa tecnica è apprezzata come ottimo metodo d’insegnamento e di allenamento.
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La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
da Redazione Theatron 2.0 | 17 Mar 2018 | AccaddeOggi
Rudolf Chametovič Nuriev è stato un ballerino e coreografo russo naturalizzato austriaco, conosciuto da tutti come Rudolf Nureyev, ritenuto da numerosi critici uno tra i più grandi danzatori del XX secolo insieme a Nižinskij e Baryšnikov.
Nato a Irkutsk in Russia il 17 marzo 1938 e morto a Parigi il 6 gennaio 1993 all’età di 54 anni, da tempo malato di Aids.
A 19 anni, Nureyev è già considerato uno dei più grandi ballerini di tutti i tempi. Artista di straordinaria personalità che influenzò in modo imprescindibile la danza, valorizzando l’importanza dei ruoli maschili fino ad allora legato a semplice porteur, sviluppandone con cura le parti coreografiche.
Fu precursore della versatilità della danza abbattendo il confine tra il balletto classico e quello moderno danzando entrambi gli stili.
Nel corso della sua vita, Nureyev ha interpretato decine di ruoli, sia classici che moderni, sempre con enormi potenzialità tecniche e di immedesimazione. Come i cantanti lirici che per essere tali a tutti gli effetti non devono limitarsi a saper cantare, così l’essere ballerino per Nureyev significava essere anche attore, capace di coinvolgere il pubblico e trascinarlo nel vortice delle storie raccontate in musica dai grandi compositori.
Inoltre, non bisogna dimenticare che crearono per lui tutti i massimi geni della coreografia, fra i quali vanno annoverati Ashton, Roland Petit, Mac Millian, Bejart e Taylor.
Rudolf Nureyev, non è stato soltanto il più grande ballerino del novecento, ma anche l’artefice di una profonda trasformazione della danza classica e al di fuori della scena l’icona di un modo di vivere ribelle, libero e anticonformista.
Riportiamo un estratto della Lettera alla Danza che lo stesso Rudolf Nureyev scrisse quando la sua vita stava per volgere al termine, una “lettera al mondo”, un testamento spirituale:
“[…]Sono qui, ma io danzo con la mente, volo oltre le mie parole ed il mio dolore.
Io danzo il mio essere con la ricchezza che so di avere e che mi seguirà ovunque: quella di aver dato a me stesso la possibilità di esistere al di sopra della fatica e di aver imparato che se si prova stanchezza e fatica ballando, e se ci si siede per lo sforzo, se compatiamo i nostri piedi sanguinanti, se rincorriamo solo la meta e non comprendiamo il pieno ed unico piacere di muoverci, non comprendiamo la profonda essenza della vita, dove il significato è nel suo divenire e non nell’apparire. Ogni uomo dovrebbe danzare, per tutta la vita. Non essere ballerino, ma danzare.
Chi non conoscerà mai il piacere di entrare in una sala con delle sbarre di legno e degli specchi, chi smette perché non ottiene risultati, chi ha sempre bisogno di stimoli per amare o vivere, non è entrato nella profondità della vita, ed abbandonerà ogni qualvolta la vita non gli regalerà ciò che lui desidera. È la legge dell’amore: si ama perché si sente il bisogno di farlo, non per ottenere qualcosa od essere ricambiati, altrimenti si è destinati all’infelicità. Io sto morendo, e ringrazio Dio per avermi dato un corpo per danzare cosicché io non sprecassi neanche un attimo del meraviglioso dono della vita […]”
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da Redazione Theatron 2.0 | 22 Nov 2017 | AccaddeOggi
Il 22 novembre 1928 all’Opéra di Parigi andò in scena per la prima volta il Boléro, diretto da Walter Straram con le coreografie di Bronislava Nijinska. Uno spettacolo di balletto eseguito sulla musica di Maurice Ravel,che raggiunse il più clamoroso successo con quest’opera, composta su richiesta della celebre ballerina russa Ida Rubinštejn.
Il Boléro è una musica per balletto, divenuta celebre anche come componimento sinfonico.
È sicuramente una danza spagnola nata alla fine del XVIII secolo, più celebre mai composto, nonché l’opera più popolare del compositore.
Ravel non ne voleva più sapere di balletti dopo che Sergej Diaghilev imperava a Parigi in quegli anni come direttore artistico nonché fondatore dei famosi Ballets Russes.
Ma cedette alle insistenze della Rubinštejn e decise di orchestrare un pezzo del compositore spagnolo Isaac Albéniz, il componimento per pianoforte Iberia, per un balletto.
Arrivò presto però la notizia che gli eredi del grande compositore spagnolo non avevano acconsentito a nessuna trascrizione di pezzi del maestro anche perché la partitura della Iberia era già stata orchestrata dal maestro Enrique Fernàndez Arbòs.
Fu a questo punto che Ravel, non scoraggiandosi, prese l’iniziativa di comporre ex novo un pezzo a tempo di bolero, scegliendo dunque un brano dal carattere tipicamente spagnolo. Il Boléro, pur molto innovativo e provocatorio, ottenne un clamoroso successo.
Il balletto originale è una sorta di ballo rituale durante il quale una donna danza seducente su un tavolo, mentre un gruppo di uomini si avvicinano a lei sempre più con il crescere della musica.
Esistono altre letture del balletto, come quella di Maurice Béjart che assegnò la parte principale ad un danzatore, o quella di Aurel Milloss, ambientata in una taverna.
La prima esecuzione come brano concertistico avvenne invece l’11 gennaio 1930 e fu eseguita sotto la direzione dello stesso Ravel.
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da Redazione Theatron 2.0 | 29 Gen 2017 | AccaddeOggi
Ricordiamo l’ “Excelsior”, balletto mimico di Luigi Manzotti su musica di Romualdo Marenco, la cui prima avvenne al Teatro alla Scala di Milano l’11 gennaio 1881. Lo spettacolo si incentra sull’idea (nella società di fine Ottocento) del trionfo della scienza, vivendo la vittoria di Luce e Civiltà contro Oscurantismo, nemico del Progresso. Pertanto nel balletto seguono quadri che esaltano le grandi opere e invenzioni di quel periodo.
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