Attraversamenti Multipli: il bello dell’umanità che unisce l’espressione artistica e gli spazi urbani
Come per ogni vicenda umana, c’è un inizio e una fine. Di Attraversamenti Multipli possiamo solo dire che si è conclusa la diciottesima edizione perché i suoi enzimi, i fermenti del Festival continueranno a proliferare nelle menti di chi ha attraversato e sconfinato quella piazza. Non si ferma il lavoro, l’attività instancabile e visionaria di Alessandra Ferraro e Pako Graziani che sono già al lavoro per la prossima edizione.
Dopo il grande successo della prima, la seconda settimana di Attraversamenti Multipli è iniziata con l’odore della pioggia che evaporando dall’asfalto umido ha accompagnato la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno. Con le diverse tonalità e le vibrazioni di tre serate di condivisione, in connessione e in uno spazio aperto dove ognuno è il benvenuto. Lo spirito del Festival è proprio questo. Ogni momento artistico che è stato messo in scena ha portato alla definizione del suo manifesto. Attraverso gli sconfinamenti su quel territorio, le persone hanno lasciato e scambiato qualcosa nella miscellanea socio-culturale di Largo Spartaco. Un’agorà sociale e cooperativa dove è importante la storia di ogni artista, performer, spettatore o passante occasionale, ma ancora più importante è il dove, la direzione verso cui ci si sta muovendo, attraversando luoghi, cuori, corpi e pensieri.
Giselda Ranieri è seduta su una panchina di marmo, in mezzo a delle bambine, con il suo giubbotto nero. È un frammento di vita in un contesto urbano; quando si alza dirigendosi verso la scena aperta, davanti al pubblico, quelle piccole donne che avranno avuto meno di dieci anni rimangono sullo sfondo, ma sono entrate nello spettacolo, in un quadro che si manifesta poco a poco. Giselda Ranieri, danzatrice, coreografa e autrice della compagnia lucchese Aldes diretta da Roberto Castello, è stata la protagonista, con il suo vestito rosso, nella serata di venerdì 21 settembre, di Blind Date.
Una performance che viene definita come una “composizione istantanea”, un affresco che inizia da quella panchina dove poco prima c’erano delle bambine sedute, ma avrebbe potuto trovarsi chiunque altro al loro posto, come per un appuntamento al buio, un’incursione o una visita inaspettata. Sulla tela neutra di quella composizione in tempo reale che è Blind Date verranno assorbiti il chitarrista e musicista Claudio Riggio, con i suoi oggetti sonori, il fotografo Umberto Tati, chiamato dentro quel momento performativo, un ragazzo street-style, dinoccolato con le sue movenze, e quel vestito rosso, il colore selettivo di un’istantanea, in uno sfondo bianco e nero dove c’è il corpo, il movimento e la forza espressiva delle loro rappresentazioni.
Il Pezzo orbitale dedicato a chi cade della compagnia Balletto Civile, nella stessa serata e dal lato opposto della piazza è un altro quadro vivente. Si auto-definiscono un “collettivo nomade di performers”: sono una dozzina di corpi celesti, anime artistiche, danzatori e attori, che costituiscono il nucleo stabile del gruppo e una miriade di altri compagni associati che ruotano nel loro universo spaziale con collaborazioni musicali, video-fotografiche, drammaturgiche e alla messa in scena. Capofila di questo progetto, dal 2002, è Michela Lucenti, coreografa, danzatrice e residente al Teatro della Tosse di Genova.
Ad Attraversamenti Multipli hanno portato una performance che fonde insieme il tempo presente e la vita reale. L’uguale e il diverso, la coscienza del corpo nelle sue molteplici diversità, tante voci armonizzate in un coro. Le parole dei monologhi sono su quei fogli presenti e sparsi in scena e sono materia viva come le tute bianche che si sporcano di terra, la lavagna nera di ardesia usata per lasciare un segno con il gesso, un pensiero estemporaneo. Ogni elemento della performance è tangibile. Esiste una dimensione umana in movimento nel momento in cui ogni individualità si allunga verso gli altri, tendendo le mani e gli arti, così come viene rappresentato dai performer.
I desideri profondi, la ricerca della clemenza divina e, nell’altro racconto, le visioni di un sogno (o di un’utopia) sono le due idee, le due prospettive presenti in God bless you di Daniele Ninarello e We are the birds of the coming storm di Dance Across Borders. In entrambi i contesti ci sono creature in movimento, uomini o uccelli, persone o personificazioni. God bless you si apre, sperimenta, capta reazioni e feedback provenienti dal pubblico. La costruzione presente in scena è quella che rappresenta un pozzo, una fontana, una piramide di bicchieri riempiti con acqua, simboli di trasparenza, funzionale per il rito del lancio della moneta. Il pubblico si emoziona nel momento del grande salto con affondo circolare e diventa una componente attiva della scena.
Ispirato al poema allegorico persiano Il verbo degli uccelli di Farid Ad-Din Attar, We are the birds of the coming storm è la messa in scena ideata e realizzata da Francesca Lombardo, Livia Porzio e Manuela Serra con la produzione DAB, Dance Across Borders e il sostegno di Chentro Sociale Tor Bella Monaca, Cubo Libro e Spettatori Migranti. È Il racconto di un volo e di uno stormo di uccelli, guidati dall’upupa, alla ricerca del loro Dio, il Simurgh, che troveranno nel proprio sé profondo.
I X I No, non distruggeremo Garage Zero dei Collettivo CineticO non è stata solo una performance. Essa è innanzitutto un frammento del progetto C/o, ma anche un’osservazione, la ricerca e la modulazione di identità collettive in un umano sentire universale. Abbinare alla parola test l’aggettivo sociologico potrebbe sembrare audace, in realtà il concept che ha elaborato Francesca Pennini con la sua regia predispone una situazione, un’atmosfera, un mood di comunicazione attiva e di espressione.
I X I è un dispositivo, uno strumento concreto e tangibile come una tastiera elettrica, ma è anche un sistema astratto come un concetto, una predisposizione ancestrale verso il bene o il male. Un computer keyboard con i suoi tasti, un codice da decodificare, tre performer in tutto il loro splendore fisico amplificato, tre mazze da baseball che potrebbero sembrare simili ad antenne, clave o totem fallici. Uno spazio e il pubblico romano di Attraversamenti Multipli che interagisce, si muove nell’area di Garage Zero, tocca, esplora, si raggruppa e si scompone random, osserva, incita gli altri a portare fuori i tre performer Alpha, Gamma e Delta per dare loro la libertà.
L’obiettivo finale in trenta minuti circa è lasciar venire fuori un flusso di energia che non è negativa o positiva, può essere e non essere il risultato di cause e conseguenze. Tastiere e dispositivi elettronici sono verosimilmente paragonabili a smartphone, tablet, pergamene, mobili da comporre, elettrodomestici intelligenti, postmoderni archibugi. Possono indurre alla schiavitù o al netto rifiuto, in ogni caso senza la creatività e l’esperienza, senza i sentimenti rimarranno degli oggetti; poco importa se sono costituiti da metalli nobili, titanio o selce.
La terza ed ultima settimana di Attraversamenti Multipli è stata caratterizzata da una notevole quantità di figure simboliche con forti suggestioni replicate dall’interno o provenienti dall’esterno che a volte degenerano fino a diventare compulsioni e crisi parossistiche.
Giuda è una produzione Mk, le azioni fisiche sono quelle del performer Biagio Caravano, mentre le coreografie sono di Michele Di Stefano. In 33 minuti di performance viene vissuta un’esperienza privata, con la solitudine delle cuffie che trasmettono registrazioni binaurali, rimanendo però in gruppo, dissociati e senza amalgama, nella stessa frazione temporale. Come spettatori si viene trascinati in un meccanismo di lotta contro il tempo. La condanna inflitta a Giuda è quella di rimanere imprigionato in una trama, in un loop dove ci sono i caratteri del dramma e della routine. Verrà sottoposto allo sforzo fisico di compiere o subire quelle azioni, senza autodeterminazione. Senza la possibilità di scelta, di ciò che lui sarebbe stato: l’adepto iniziato, uno dei dodici o il dodicesimo apostolo sostituito, il traditore, il diavolo, il predestinato, l’impiccato.
È tutto nella testa, ma cosa c’è nella tua testa? What’s in your head? È la domanda, il suono dell’eco che rimbomba nella performance site-specific, prima nazionale, Odissea Furiosa di Margine Operativo con Francesca Lombardo, ideata da Alessandra Ferraro e Pako Graziani che ne ha curato anche la regia. Prendendo spunto dal poema di Omero, viene rappresentata con una serie di movimenti coreografici ripetuti e linee del corpo armoniose, un’avventura che in sé contiene il senso della bellezza, il valore. Ma l’eroe è anche umano e, dunque, può essere ingannevole, guerrafondaio, violento. È tutto nella testa e la testa a sua volta è occultata, coperta con un casco da motociclista, un simbolo forte, emblematico. Elmo da battaglia o maschera, alla fine viene rimosso. La performer Francesca Lombardo se ne separa lasciandolo sulla superficie piana osservandolo immobile.
Ogni apparato complesso, sistema di cose o insieme di persone, può contenere un errore non prevedibile, indipendente dalla sua programmazione. Una piccola scheggia impazzita che si manifesta in un determinato momento. Il termine che viene usato in elettrotecnica per intendere un difetto del sistema, un errore all’interno di un programma, è “glitch”. hanno utilizzato questa parola per la loro performance di danza, GLITCH – Project. Lo spettacolo vincitore Danza Urbana XL 2018, produzione Körper, mette in scena l’anomalia di un’ordinaria giornata lavorativa che scandisce i tempi, i ritmi ripetuti, sempre uguali e frenetici. Fino a degenerare in frustrazione, stress e voglia di evadere. Si riuscirà a vedere oltre l’orizzonte quel desiderio di salvezza e di libertà?
Un’altra prima nazionale è stata la Derivazione n.3 ideata da Salvo Lombardo, prodotta da Chiasma, con i partecipanti, i danzatori e i performer, della Masterclass, workshop specifico che si è svolto nell’ambito di Attraversamenti Multipli. Questo progetto è stato concepito e realizzato su misura per lo spazio di Largo Spartaco e fa parte di un ciclo di interventi e “derivazioni” di danza urbana effettuati in altri spazi e in altre città. La memoria è un sistema complesso, condiviso e condivisibile. Si può memorizzare un monologo, un codice numerico, un copione, uno schema di gioco, una coreografia, la mappa o la carta topografica di un posto attraverso un training, un metodo-procedura, una pratica di appropriazione. Il movimento dei corpi dei performer deriva da una serie di discipline sportive, richiamate anche dall’abbigliamento. Dall’iniziale moto centripeto, la sua forza diventa centrifuga, espandibile verso l’esterno, coinvolgendo e inglobando ogni persona o cosa.
Così finisce anche il racconto della diciottesima edizione di Attraversamenti Multipli. Ogni ricordo, spunto di riflessione, emozione provata e condivisa contribuiranno a mantenere viva la nostra umanità, una parola decisamente equilibrata . Non è l’abuso verbale che determina la connotazione specifica di questo termine, ma sono i fatti ad essere decisivi per riacquistare o perdere la fiducia nel genere umano, per trovarne il senso. Arte, artista, amore, solidarietà…A volte ci si trova in disaccordo e in contrasto più per il lessico, i ‘contenitori’, anziché analizzare i contenuti.
Qualcuno ha scritto: “Se volete vedere un sacco di ‘umanità’ andate a Times Square, a New York City”. In alternativa.possiamo suggerire di ritornare o passare da Attraversamenti Multipli, per la diciannovesima e prossima edizione.
Redattore editoriale presso diverse testate giornalistiche. Dal 2018 scrive per Theatron 2.0 realizzando articoli, interviste e speciali su teatro e danza contemporanea. Formazione continua e costante nell’ambito della scrittura autoriale ed esperienze di drammaturgia teatrale. Partecipazione a laboratori, corsi, workshop, eventi. Lunga esperienza come docente di scuola Primaria nell’ambito linguistico espressivo con realizzazione di laboratori creativi e teatrali.