da Redazione Theatron 2.0 | 2 Ago 2018 | Curiosità
Anne Teresa, Baronessa De Keersmaeker nata l’11 giugno 1960 a Malines in Belgio, coreografa e danzatrice di danza contemporanea.

1 > Dalla musica alla coreografia
De Keersmaeker si avvicina alla musica studiando in particolare il flauto fino all’ultimo anno di scuola superiore e si avvicina al mondo della danza solo nel 1978. Nel 1980, dopo aver studiato danza alla Mudra School di Bruxelles e alla Tisch School of the Arts presso la New York University, Anne Teresa De Keersmaeker creò Asch, il suo primo lavoro coreografico. Due anni dopo debuttò con Fase, Four Movements to the Music di Steve Reich. Da questi pezzi rivoluzionari la sua coreografia è stata radicata in una rigorosa e prolifica esplorazione del rapporto tra danza e musica.
2 > Rosas danst Rosas
De Keersmaeker fondò la compagnia di danza Rosas a Bruxelles nel 1983. Nello stesso anno, la coreografa riscontrò un successo internazionale con Rosas danst Rosas, una performance che da allora è diventata un punto di riferimento nella storia della danza post-moderna. Rosas danst Rosas si basa sul minimalismo iniziato in Fase (1982): i movimenti astratti costituiscono la base di una struttura coreografica stratificata in cui la ripetizione svolge il ruolo principale. La ferocia di questi movimenti è contrastata da piccoli gesti quotidiani. Una coreografia inequivocabilmente femminile: quattro danzatrici danzano se stesse, ancora e ancora. L’esaurimento e la perseveranza che ne derivano creano una tensione emotiva che contrasta nettamente con la rigorosa struttura della coreografia. La musica ripetitiva “massimale” di Thierry De Mey e Peter Vermeersch è stata creata in concomitanza con la coreografia.
3 > Performing Arts Research and Training Studios
Quando Anne Teresa De Keersmaeker divenne la coreografa in residenza all’opera nazionale De Munt / La Monnaie nel 1992, una delle sue ambizioni era di dedicare attenzione alla formazione coreutica. Fu anche ispirata da Mudra, la scuola del coreografo Maurice Béjart, dove era stata lei stessa una studentessa. Così nel 1995 De Keersmaeker fondò la scuola PARTS (Performing Arts Research and Training Studios) a Bruxelles con De Munt / La Monnaie, una formazione pedagogica per la danza contemporanea in Belgio.
4 > Principi
De Keersmaeker ha creato con Rosas un repertorio di produzioni ad ampio raggio coinvolgendo composizioni musicali e partiture di diversi periodi, dalla musica antica agli idiomi contemporanei e popolari. La sua pratica coreografica trae anche principi formali dalla geometria, dai modelli numerici, dal mondo naturale e dalle strutture sociali per offrire una prospettiva unica sull’articolazione del corpo nello spazio e nel tempo.
5 > Home
La Compagnia Rosas è stata in residenza dal 1992 al 2007 presso il teatro dell’opera De Munt / La Monnaie. Attualmente la compagnia è residente a Bruxelles, in un centro ricco di attività artistiche e risorse per le arti dello spettacolo; il centro è condiviso con PARTS e l’ensemble di musica contemporanea Ictus.
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da Alain El Sakhawi | 23 Mag 2017 | Videodanza
Essendo danzatore e realizzando video di danza vorrei incominciare facendo qualche passo indietro nella storia del rapporto tra macchina da presa e coreografia. Nell’ultimo secolo fino ad oggi, le tecniche di ripresa non hanno smesso di evolversi. Il linguaggio cinematografico utilizzato per il cinema “tradizionale” era lo stesso impiegato per filmare una coreografia.
Nel film Swing Time (Follie d’Inverno, 1936) di George Stevens, ad esempio, vi è una scena di ballo emblematica delle scelte tecniche utilizzate in questo genere di film, quelli della straordinaria coppia Astaire-Rogers. Fred Astaire, uno dei più famosi ballerini ma anche cantante, coreografo e attore statunitense seppe coniugare squisitamente ballo, musica e cinema e fu indiscusso maestro del tip-tap, anche se personalmente metterei accanto a lui Gene Kelly, e se non proprio davanti a loro, e con tutto il rispetto, nell’olimpo del tip-tap, i Nicholas Brothers… Ma torniamo all’ argomento.
Come hanno filmato la scena di danza? Quali scelte tecniche? Nei anni 30-40, a Hollywood, il regista montava raramente il film che realizzava, era un impiegato come gli altri dove il dipartimento di montaggio con le sue ferree regole influenzava anche la realizzazione del film stesso (tranne per quei pochi registi dalla forte personalità, da Ford a Hawks, ecc.). In quel periodo, un cliché potente circolava nelle grandi produzioni americane: i film si fanno in sala di montaggio!
Questo pensiero è assurdo! Nessun montatore poteva montare dei piani non ancora girati. Nonostante il sistema di produzione fosse totalmente compartimentato, annientando la creatività e l’emergenza di idee originali, sono stati realizzati, comunque, dei capolavori in queste condizioni.
Quasi sempre, nei musical di quell’epoca, la tecnica di realizzazione è questa: ogni momento “teatrale” è montato con dei raccordi secondo le scelte d’inquadratura tali da creare un senso e accompagnare l’attore nella sua danza e recitazione. La scena di ballo è quasi sempre un unico piano sequenza con rari raccordi che non sono realizzati per il ballo, ma in questa scena di Swing Time su uno spettatore e sulle sue reazioni provocate dalla coppia danzante.
Il piano sequenza è un’inquadratura senza raccordi e tagli di montaggio e in generale dà allo spettatore un’esperienza di immersione nell’azione del film perché essa è in tempo reale; dà una sensazione maggiore di verità ed è spesso una performance difficile da realizzare quando la camera da presa si sposta nello spazio. Nella sequenza del film come movimento di camera abbiamo soltanto qualche travelling avanti e indietro sullo stesso asse (sicuramente utilizzavano dei binari per ottenere quel movimento) e pannelli a destra e sinistra per aggiustare l’inquadratura quando i ballerini si spostano nello spazio. Mai un raccordo su un dettaglio come la loro espressione, i loro sentimenti, un dettaglio di corpo. Tutto serve per esaltare l’eccellenza della coppia Astaire-Rogers, come se lo spettatore fosse a teatro in una visione frontale del ballo dove si può ammirare il talento dei performer. La danza è semplicemente magnifica e non ha bisogno di un montaggio dinamico, è tutto lì nella “verità” di Astaire e Rogers che seguo con piacere ancora 80 anni dopo.
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Swing Time – Rogers and Astaire
Un altro salto nel tempo, cambio di epoca, cambio di stile e di artista. La danza contemporanea belga degli anni ’90 ha una dei suoi rappresentanti maggiori nella coreografa Anne Teresa De Keersmaeker. Realizzava dei film ispirati dalle sue creazioni di danza destinate alla rappresentazione in teatro. Nel film Achterland realizzato nel 1993 (mentre lo spettacolo nel 1990), possiamo intuire che ha mantenuto questo rapporto frontale con lo spettatore, moltiplicando i punti di vista di fronte alla scena. È stato scelto il bianco&nero per la colorimetria.
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Achterland – Anne Teresa De Keersmaeker
Secondo il regista Andrej Tarkovskij, il bianco&nero è più realista e corretto perché dà più libertà allo spettatore che vive in un mondo di colore, pensando in colore gli permette di concentrarsi sull’essenza del film che guarda. Viaggiamo sempre intorno al concetto di verità.
Lo stesso regista russo sosteneva che la verità nella vita non corrisponde alla verità nell’arte. Riferendosi al neo-realismo italiano affermava che se le opere di questo movimento fossero state realizzate in colore sarebbero divenute un fenomeno innaturale.
Un ultimo pensiero personale: la cultura “mainstream” assorbe tutto e digerisce il suo prodotto “popolare”. Possiamo parlare di plagio o di ispirazione? Vi lascio giudicare, ma l’artista che vedrete non ha mai chiesto il permesso alla Compagnia Rosas di A.T. De Keersmaeker per questi “prestiti”.
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Beyonce “Countdown” vs Anne Teresa De Keersmaeker
da Marco Argentina | 29 Gen 2017 | Uncategorized
Fondamentale senz’alcun dubbio, tanto nella fase teorica quanto in quella pratica della danza, è il rapporto strettissimo – nella maggior parte dei casi – con la musica, determinante nello scandire il ritmo necessario all’esecuzione e nel donare una “coloritura” ben precisa all’atmosfera sensoriale pensata dal coreografo. Ma non solo: in alcuni casi l’utilizzo della partitura musicale mette in moto una sequela di dinamiche corporee plasmate a mo’ di gioco, nel senso che l’attività coreutica intende raggiungere un obiettivo finale di divertimento piuttosto che di sforzo.
Alla base della forma mentis della coreografa belga Anne Teresa de Keersmaeker vi è proprio questo assunto, che da quasi quarant’anni ne ha suggellato il lavoro con il termine “minimalista”, in particolare per la frequente scelta di movimenti calibrati, secchi, quasi freddi e meccanici, senza ghirighori, senza sfarfallii. La carriera dell’artista originaria di Mechelen ha inizio allo scoccare degli anni ’80 con Asch, un’opera legata alla sua giovane formazione presso l’École Mudra di Maurice Béjart (1970-1988), luogo in cui la creazione fu partorita per poi essere messa in scena.
Solo 3 anni più tardi, però, si viene ad attuare il reale “concepimento” dello stile de Keersmaeker: viene fondata la compagnia Rosas – a tutt’oggi esistente e attiva – composta da quattro danzatrici, compresa la stessa fautrice, interpreti di Rosas danst Rosas. Il titolo non stimola alcun dubbio. Si tratta di un vero e proprio “biglietto da visita”, una forma di presentazione al mondo dell’arte e dello spettacolo innervata nel sano egocentrismo e nel desiderio di affermazione di una performatività unica ed eccezionale.
L’intera struttura danzata si divide in quattro parti, rappresentanti le tre fasi della giornata (notte, mattino e pomeriggio) e un’ennesima porzione di tempo dai margini indefiniti, in cui la cadenza musicale ben ritmata stride con l’iperattività e iper-espressività delle danzatrici, animate da un inarrestabile continuum di gestualità convulsive e movimenti ipercinetici. Una quarta “fetta” dell’opera che sembra, dunque, essere a se stante, quasi come creata deliberatamente per non uniformarsi alle altre tre più “routinarie”. E invece non è così: l’ultima sezione coreografica è integrata perfettamente a tutto il resto, in quanto ulteriore sfaccettatura del vero io della compagnia Rosas. La migliore interpretazione del titolo, a questo punto, sarebbe “noi danziamo noi stesse”, rendendo manifesta una voglia di raccontare di sé, del proprio pensiero, della propria identità artistica difficilmente imitabile.
Adriana Borriello, Fumiyo Ikeda, Michèle Anne De Mey e la stessa de Keersmaeker (cast originale) hanno narrato, danzando, chi sono, da dove provengono, qual è stata la loro formazione, il tutto seguendo una direzione interpretativa univoca, riuscendo a palesare l’eterogeneità identitaria del gruppo in una forma sincronizzata e a tratti persino militaresca.
Un successo clamoroso impossibile da non emulare e – addirittura – plagiare: la nota pop star Beyoncé Knowles, all’interno del videoclip del singolo Countdown, ha ripetuto interi pezzi della coreografia di Rosas danst Rosas, delle cui performer originali si è lasciata ispirare anche per quanto riguarda i costumi. La reazione di de Keersmaeker? Considerarsi elogiata più che plagiata, in virtù dell’apprezzamento dimostrato dalla cantante verso un’opera ben distante culturalmente dal contesto performativo del giorno d’oggi. Un esempio di umiltà – a mio avviso – da dover essere maggiormente imitato, rispetto alla mera sequenza coreografica.
Link utili
http://www.rosas.be/en/
https://en.wikipedia.org/wiki/Anne_Teresa_De_Keersmaeker
Videografia
https://www.youtube.com/watch?v=oQCTbCcSxis [Rosas danst Rosas, 1983]
https://www.youtube.com/watch?v=PDT0m514TMw [Countdown vs Rosas danst Rosas, 2011]
Foto
Anne Teresa de Keersmaeker / Rosas danst Rosas
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