ST(r)AGE: alla scoperta dei CANTIERI INCIVILI di bologninicosta

Mar 25, 2022

Per il terzo appuntamento dello storytelling di ST(r)AGE pubblichiamo un’intervista-fiume rilasciata a Theatron 2.0 da Sofia Bolognini, autrice e regista della compagnia bologninicosta. Con lei attraversiamo per mano le fragili terre delle isole teatrali che costituiscono l’arcipelago dell’arte e della cultura italiana alla scoperta di CANTIERI INCIVILI, progetto di ricerca sull’instabilità lavorativa giovanile nell’ambito dello spettacolo dal vivo – quando il teatro dialoga con la sociologia –  avviato insieme al sound designer e ricercatore sociale Dario Costa, per riportare ai lettori il racconto dei duri giorni di lavoro, delle tematiche e delle metodologie avanzate e sviluppate durante la residenza presso il Nuovo Cinema Palazzo che, grazie al ContraBBando, ha permesso alla compagnia di trovare una casa, una vera casa base all’interno della quale è stato realizzato un focus group e allestito ST(r)AGE, primo esito spettacolare completo del progetto CANTIERI INCIVILI, in scena il 30 e il  31 Marzo.

CANTIERI INCIVILI: come nasce e si sviluppa questo progetto?

CANTIERI INCIVILI nasce lo scorso Aprile come piattaforma di indagine sulla instabilità lavorativa dei giovani, specialmente in ambito dello spettacolo. Un contenitore tematico che ha dato avvio ad una serie di processi, confluiti in interventi artistici di varia natura. Con CANTIERI INCIVILI volevamo mettere in azione per la prima volta il bologninicosta atelier, luogo (ancora) immaginario in cui giovani dalle differenti competenze (anche extra-teatrali) mettono a frutto il proprio saper-fare per uno scopo comune: costruire un’alleanza tra artisti, ricercatori, studenti. Per stimolare un’attitudine resiliente, educare il pubblico ad una narrazione che valorizzi il processo, le buone pratiche, piuttosto che il dato artistico come unica risultante degna di nota. Volevamo mettere in dialogo la ricerca sociale e la filosofia con l’arte teatrale, musicale e visiva. Abbiamo iniziato con una serie di incontri/scambi laboratoriali, naturalmente gratuiti, in un percorso di lento avvicinamento al tema che volevamo trattare, cercando di includere nel processo quanti più attori e attrici possibile, di costruire una narrazione comune. A Dicembre abbiamo realizzato le prime quattro interviste discorsive, confluite in una prima apertura pubblica sotto forma di performance dal titolo ANCHE L’ATTORE VA IN PARADISO.  Nei mesi di Gennaio e Febbraio la ricerca sociale si è strutturata in modo più approfondito, abbiamo realizzato altre nove interviste (coinvolgendo non solo attori, ma anche registi e drammaturghi teatrali), e nel frattempo abbiamo scelto Bauman come primo interlocutore che potesse trasformare i dati raccolti in discorso pubblico, potesse servire da lente per inquadrare alcune ipotesi suggerite dalla ricerca, o immaginarne di altre. In questo anno di ricerca sul tema, calcoliamo di aver coinvolto tra laboratori, interviste, focus group e performance un numero di quasi cinquanta giovani lavoratori dello spettacolo dal vivo, per una squadra di otto giovani tecnici che ha lavorato e collaborato per la realizzazione del progetto. Questi sono i numeri di CANTIERI INCIVILI.

ST(r)AGE: sinossi e genesi dell’opera?

ST(r)AGE racconta la morte del teatro come suicidio di massa di tutti gli artisti, in scena contemporaneamente in tutti i teatri del mondo al solo scopo di spararsi alla tempia. Un evento di portata mondiale, nato come provocazione e che diventa condanna: la definitiva scomparsa dell’arte, di tutta l’arte, dalla faccia della Terra. Anni dopo, quattro personaggi trovano riparo dalle tempeste ( mediatiche, politiche, sociali… ) all’interno di un teatro abbandonato dove, costretti ad una insolita vicinanza, imparano a conoscersi e ri-conoscersi, costruiscono un’alleanza. Che cosa sia accaduto nel mezzo, possiamo solo immaginarlo: una qualche immane catastrofe ha probabilmente distrutto ogni ipotesi di comunità civile, o forse un indecifrabile oceano ha sommerso qualsiasi speranza e ha trasformato la terra in un deserto d’acqua. Il lavoro è un concentrato esplosivo (o implosivo) di elementi: i dati raccolti dalla ricerca sociale, le categorie di pensiero di Bauman, le improvvisazioni degli attori e delle attrici durante il lavoro in sala. Il testo drammaturgico è stato prodotto totalmente ex novo a partire dai dati emersi dalla ricerca, e non è giunto alla sua versione definitiva se non dopo la prima settimana di residenza. La complessità dei processi ha reso particolarmente faticosa la genesi tanto della drammaturgia quanto dell’allestimento scenico. Ci siamo imbattuti in una serie di difficoltà dovute alla mancanza di tempo e naturalmente alle scarsità delle risorse (problemi che riguardano tutte le compagnie giovani e che inevitabilmente creano intoppi e rallentamenti al processo creativo). Ma crediamo che ST(r)AGE sia una sintesi, un distillato vincente, anche se corposo, di tutta la complessità che abbiamo messo in campo.

Come hai sviluppato la ricerca filosofica su Bauman?

L’integrazione della ricerca filosofica su Bauman ha seguito tre strade: l’ideazione dei personaggi, la costruzione dell’immaginario generale e di alcune situazioni specifiche, l’inserimento diretto di frammenti nel testo. I profili individuati nella ricerca sociale (l’autarchico, l’attore bulimico e il doppiolavorista) sono stati integrati con alcune categorie sociali individuate da Bauman – la celebrità, l’homo oeconomicus, la donna che ha paura, l’uomo senza legami, l’estraneo indesiderabile – e da questo mix letale sono nati i personaggi di ST(r)AGE: Regista Maicontenta/Tuttafretta, Celebrità/Timorata, Attore Cane/Fallito, Emergente/Scarto. La società liquida è il contesto in cui tutto avviene, traducendo in linguaggio scenico alcune immagini particolarmente suggestive di Bauman: il cimitero di relazioni umane, il messaggio nella bottiglia, la relazione tascabile, la maratona all’individualità, il richiamo ad una alleanza ancora possibile tra intellettuali e artisti, “intesi ormai come umanità”. Infine, alcune battute sono vere e proprie citazioni tratte dalla bibliografia di Bauman (un esempio su tutti, il finale).

Quali sono le tematiche e come vengono affrontate in ST(r)AGE?

Focus del lavoro è naturalmente l’instabilità lavorativa, e soprattutto le conseguenze emotive e sociali di questa condizione di vita – come direbbe Bauman – liquida. I personaggi di ST(r)AGE vivono nel totale spaesamento, sono incapaci a costruire relazioni durevoli, completamente assorbiti dalle proprie paure – paura della morte, paura dell’incontro con l’altro, paura di perdere la propria notorietà, di restare indietro, di fallire, di perdere tempo. Sono ossessionati dal cibo, dal lavoro, dal dover continuamente esporre se stessi per guadagnare visibilità e consenso. Centrale è ovviamente l’aspetto generazionale: ST(r)AGE contiene la parola AGE, che richiama quest’idea di un fatale ritardo nel ricambio di generazione, inchiodando i giovani in un’età senza futuro e senza speranza, un limbo perenne che è senza tempo perché si colloca fuori del tempo, in una terra di nessuno dove nulla accade né sembra accadere in un futuro prossimo. E naturalmente ST(r)AGE parla dello STAGE, del palcoscenico divorato e corroso da dinamiche di potere, concorrenza sleale e invidie disperate. Un teatro abitato da solitudini stremate e marce, personaggi isolati, feroci, che regrediscono ad uno stadio primitivo, cannibale. Dall’altro lato, ST(r)AGE narra la resurrezione di un teatro nuovo perché antico, scomparso, possibile solo attraverso la costruzione di una identità comune. E così, più che ad un atto di denuncia, lo spettacolo nel suo complesso somiglia più ad una -se pur disperata- lettera d’amore ad un teatro sopravvissuto o superstite, ad una sorta di “messaggio nella bottiglia” come scrive Bauman lasciato ai posteri, al pubblico, alle mani del pubblico.   È la provocazione ad immaginare un paese senza cultura, dove gli intellettuali tacciono e gli artisti dimenticano la propria arte. È un tentativo – assolutamente parziale – di rispondere, ancora e sempre, alla vecchia domanda: A che serve?

Come hai integrato i dati ricavati dalla ricerca sociologica nella drammaturgia?

Per l’integrazione delle interviste discorsive è stato condotto lo stesso processo: anche in questo caso, alcune testimonianze hanno contribuito ad approfondire l’ideazione e la costruzione dei personaggi, altre hanno suggerito vere e proprie situazioni sceniche, mentre alcune parole rilasciate dagli intervistati sono state riportate per filo e per segno – alle volte in modi volutamente palesi, altre volte per vie meno sospette. Senza svelare i passaggi cruciali dello spettacolo, è stato emozionante scoprire che gli auspici di Bauman combaciavano alla perfezione con le speranze e i bisogni della maggior parte degli intervistati: costruire un’alleanza comune, a partire dalla quale immaginare una nuova ipotesi di spettacolarità, solidale e partecipe.

Costruzione dei personaggi: come avviene nella scrittura drammaturgica la caratterizzazione dei profili delle dramatis personae?

Per me come autrice/drammaturga di bologninicosta è la prima volta in assoluto che mi cimento con un testo in cui i personaggi hanno un ruolo così decisivo. Di solito le figure che parlano nei miei testi sono quasi mitologiche, apparizioni ermetiche, simboliche, svincolate dalle dinamiche umane, quotidiane, relazionali. Ho fatto quindi grande fatica ad entrare nella scrittura drammaturgica, tenendo presente che avrei dovuto seguire peraltro delle linee ben precise, conferitemi dalla ricerca sociale e filosofica. La maglia mi sembrava così stretta che a tratti ho veramente creduto di non riuscire a sbrogliare la matassa. Gli attori e le attrici sono stati fondamentali per comprendere con chiarezza la direzione giusta: attraverso le improvvisazioni, lo studio dei personaggi e delle interazioni, il lavoro di scrittura “a casa” che ognuno di loro ha svolto con scrupolosa cura e una buona dose di istinto, mi ha fornito una formidabile mappa sulla quale mi sono gettata a capofitto. Senza il lavoro attorale dunque, la caratterizzazione dei profili sarebbe rimasta sterile, solo ipotetica, poco credibile.

Metodologie bologninicosta: tecniche di lavoro con gli attori e le attrici durante la residenza presso il Nuovo Cinema Palazzo.

Al Nuovo Cinema Palazzo abbiamo creato un processo denso e articolato, un tessuto. Le prove hanno costruito, giorno dopo giorno, una narrazione coerente, un flusso continuo di riflessioni, stimoli, proposte. Dagli attori alla regia e viceversa. Sono state giornate intense, piene di stupore. Il metodo delle “gabbie” è stato integrato con lo studio del personaggio e così abbiamo scoperto, inventato da zero e stabilito un nuovo metodo di lavoro, l’ “interazione istintiva” – il nome di battesimo è ancora in via di definizione. è un flusso, un lavoro continuo, bellissimo. Non mi vergogno a dire quanto sia semplicemente bello questo gioco che abbiamo creato insieme, e come tutte le cose belle, è stato scoperto per caso. Lavorare al Cinema Palazzo non sempre è stata la cosa più agevole del mondo. Arrivavamo alle nove di mattina e magari trovavamo la sala ingombra di cose, oggetti, sedie, scenografie. L’alternativa era mettersi a spostare tutto e perdere mezz’ora, oppure adattare il lavoro allo spazio così com’era – tutto lo spazio, compreso di bagni, camerini, corridoi, scale. E così abbiamo fatto. Gli attori hanno lavorato su un amalgama di materiali: improvvisazioni estemporanee o preparate a casa, singole o di gruppo. Il “compito a casa” è stato anche quello uno strumento di potenza formidabile. Le prove durano dalle nove di mattina alle cinque del pomeriggio, assegnare del lavoro extra può sembrare crudele, ma invece era un gioco collettivo, un modo per prendersi cura costantemente del lavoro, anche fuori dalla sala prove. Sono sicura che questa potente alleanza e questa vivacità creativa contribuiranno a conferire organicità alla scena – a dare allo spettacolo quella luce, o meglio, quel profumo.

Quali potranno essere gli sviluppi futuri del vostro lavoro a partire dall’esperienza di ST(r)AGE?

Dopo ST(r)AGE, pensiamo innanzitutto di portare avanti ST(r)AGE. C’è ancora molto lavoro da fare, non ci illudiamo di portare un lavoro “concluso” il 30 e il 31, con soli 15 giorni di prove. Lo spettacolo deve crescere e crescerà. Lo faremo circuitare a dovere durante la stagione prossima – stiamo pensando anche ad una versione in inglese, chi lo sa?. Per quanto riguarda CANTIERI INCIVILI e il bologninicosta atelier, abbiamo compreso alcune dinamiche fondamentali che ci serviranno per far funzionare ancora meglio la macchina la prossima volta. Innanzitutto, le tempistiche. Processi del genere richiedono tempi di sviluppo molto lunghi, e per non ammazzarsi di lavoro conviene partire con largo anticipo. Secondo, speriamo al più presto di trovare una idonea sede di lavoro. Sentiamo il bisogno di un luogo fisso, stabile, in cui lavorare alla costruzione di progetti a lungo termine, a contatto con il territorio e coerentemente con i nostri bisogni artistici ed etici. Quello che ci auguriamo è che il bologninicosta atelier trovi dunque al più presto fissa dimora. CANTIERI INCIVILI probabilmente continuerà il suo percorso di indagine – per quanto riguarda i cantieri futuri, non possiamo ancora immaginare che cosa accadrà.

 

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