Strafàust – Un Mitologico desiderio di umanità

Gen 30, 2019

Strafàust

Strafàust

Proiezioni mentali, incontri onirici, l’aldilà che diventa reale, il tempo e lo spazio che si rincorrono e si scontrano, il mito di Faust che si inabissa nel presente e riemerge in superficie per raccontare la società odierna. Tutto questo è Strafàust, riscrittura originale dell’intramontabile mito cinquecentesco, rappresentato dal 25 al 27 gennaio al Teatro Kopò di Roma. Alla penna e alla regia Massimo Maraviglia, in scena Massimo Finelli, Raimonda Maraviglia, Daniele Sannino e Giovanni Scotti. Prodotto da CantieriStupore, Strafàust è un progetto teatrale nato nel 2017 e già presentato in vari teatri del capoluogo partenopeo. Per i temi trattati, lo spettacolo mostra un risvolto pedagogico interessante, tale da essere sottoposto all’attenzione degli studenti dei licei classici, per i quali nei prossimi mesi sarà replicato presso il Teatro La Giostra di Napoli.

Un’elaborazione di lunga gestazione del testo, riverberante il Faust di Goethe e Il Maestro e Margherita di Bulgakov, che si serve dei temi faustiani per riflettere sulla deriva capitalistica della contemporaneità, sull’aridità del sentire, sulla perdita disumanizzante del desiderio. Se è vero che il mito, in quanto sapere depositario, è assunto quale chiave di lettura del mondo contemporaneo, Stafàust si aggancia a una tradizione letteraria e mitologica precedente fornendo, a sua volta, un nuovo modo di decodificare la società.Ciò che avviene in scena, è quanto la mente di Faust produce: tutti i personaggi non sono altro che ologrammi cerebrali, vivificati sulle tavole del palcoscenico dall’immaginazione dell’anziano Maestro. Sagome visionarie che si muovono su un fondale cupo, a incalzare l’epopea del protagonista verso le isole della coscienza.

Strafàust

Atrofia e umanità sono i due pilastri dell’esistenza di questo Faust “strafatto, stracco, straniato, stramazzato, strabuzzante, stramorto, straniero persino a sé stesso”. Esaudire ogni desiderio della carne, di ricchezza o di voracità è la missione di Mefisto, spiritello saltimbanco di grottesco intriso, che, nei suoi intenti provocatori, si fa catalizzatore del ritorno all’umano dell’ormai intorpidito universo emotivo di Faust. Faust è un’anima vagante in un’eternità statica, in cui la potenza del sapere oscura la percezione e inverte il processo di conquista di una arbitrarietà che si fa vessillo di straniamento e di frustrazione.

La libertà individuale diventa, allora, estremizzazione di un controllo di sé che anestetizza piacere e bramosia, così come avviene nell’oggi reale dove gli oggetti da desiderare sono multipli, inquantificabili, così facilmente raggiungibili da dissolversi. In un climax farsesco che dalla commedia giunge alla tragedia, l’immobilità di Faust e l’iperattività di Mefisto, suo alter-ego, si spengono dolcemente: attraverso uno svelamento che è visivo e simbolico insieme, il Maestro torna per un momento a esistere, si lascia pervadere dalla morte e svanisce insieme al diavolo che ha guidato i suoi pensieri.

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