Dal 24 al 27 ottobre 2019 al Teatro Vascello di Roma andrà in scena Saul, liberamente tratto dall’Antico Testamento e Saul di André Gide. Lo spettacolo, con la regia di Giovanni Ortoleva, ha ricevuto una menzione speciale alla Biennale di Venezia 2018, concorso Registi Under 30.
Nell’Antico Testamento, Saul compare come il primo re d’Israele, eletto da Dio e successivamente da Lui ripudiato. Il giovane David, mandato a palazzo per calmare il re con il suono della sua cetra, riesce a riscuoterlo dal dolore in cui è precipitato e conquista l’amore suo e di suo figlio Gionata. Quando però il giovane sconfigge il gigante Golia diventa evidente che il suo ruolo è più grande di quello per cui è stato annunciato, e l’amore del Re si trasforma in feroce gelosia.
L’incapacità di Saul di accettare la fine del proprio dominio e il suo rapporto ambivalente col giovane David costituiscono il paradigma dell’uomo che cade. La sua parabola è quella di un frontman in declino, confinata in una camera d’hotel, in attesa di essere superata. Re, padre, rockstar. Saul cerca di resistere al cambiamento, alla fine della sua stirpe, al cancellarsi del proprio nome. La sua lotta è una lotta contro il procedere del tempo.
Note di regia di Giovanni Ortoleva
Quello di Saul è forse il primo mito consegnatoci dalla tradizione occidentale a parlare di fallimento individuale; e il fallimento è oggi l’orizzonte più buio, quello che sembra attendere un pianeta che non è stato capace di prendersi cura di se stesso, un sistema sociale basato su un’economia che non sa controllarsi. Ho scelto di raccontare la storia di Saul per affrontare questo fantasma, convinto che ogni storia riguardi il tempo che cerca di dimenticarla. Ho riscritto la vicenda di Saul, insieme al drammaturgo Riccardo Favaro, accostando ai re le rockstar, alle regge imperiali le suite d’albergo. La nostra riscrittura, partita dall’Antico Testamento, si è nutrita forse più di cinema e musica che della lettura di testi sull’argomento, ma il Saul di Andre Gide è stato un riferimento cardinale del nostro lavoro. Col passare del tempo mi sono reso conto che tutti i progetti che ho realizzato negli ultimi anni parlano, in un modo o nell’altro, di fallimento. La nostra drammatica incapacità di affrontare la debacle, in fondo, mi diverte molto.
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