Roma Live Arts: come non aver paura degli angoli

Nov 21, 2022

Dedicare una rassegna a una figura come quella di Peter Brook, a così poca distanza dalla morte, non può che assumere un significato programmatico. Il racconto di una volontà di creare un legame con una tradizione che parla di transcultura, recupero di senso di comunità e sguardi grandangolari, ne abbiamo parlato con i direttori artistici di Roma Live Arts, rassegna internazionale di spettacoli di prosa, musica, teatrodanza e arti varie, Paolo Pasquini e Gino Auriuso

Che identità dà alla rassegna la decisione di partire dalla figura di Peter Brook?

È stato il giornale «Le Monde» a dare la notizia: nella notte del 2 luglio 2022 Peter Brook ci ha lasciato. A lui è dedicata la nostra Rassegna Roma Live Arts, a lui che considerava il teatro il cuore di una comunità, dove la recitazione dà senso all’esistenza e viceversa, dove attori e spettatori si chiedono insieme: “Succederà qualcosa?”. Se andiamo ancora a teatro ‒ mentre sembriamo aver smarrito la strada che porta al cinema ‒ è perché continuiamo a chiederci: “Cosa ci darà stasera quel palco, che non è mai due volte lo stesso?”. Vorremmo tentare, nel suo nome, di ricostruire il senso smarrito di comunità, sperando che gli artisti e gli spettatori possano riconquistare quell’osmosi che solo a teatro può verificarsi. 

È molto interessante il fatto che abbiate pensato in un primo momento di inserire qualcosa riguardante una parte tecnica del teatro, oltre che artistica, all’interno del progetto. Potete spiegare meglio cosa intendete?

L’ambiziosa idea progettuale parte dal desiderio di istituire una Fiera Internazionale dello Spettacolo dal Vivo. Lo spettacolo cammina su due gambe: una artistico/performativa e l’altra tecnica (scene, costumi, audio, luci ecc…). In questo primo appuntamento siamo riusciti a dare spazio alla parte artistica, mettendo in “esposizione il prodotto finito”. Ma l’intento per le future edizioni è quello di mettere in mostra anche tutti i mestieri che permettono la performance.  

Ad aprire l’edizione sarà Eugenio Barba, oltre che regista, grande teorico e precursore di tendenze nel teatro. Lo studioso Lorenzo Mango definisce il teatro di Barba e dell’Odin un teatro che è “Da un’altra parte”. Barba ha deciso di dedicare un momento di riflessione al concetto di “lavorare in un angolo”. Mi chiedevo dunque quali sono i rischi, ma anche le risorse di un teatro che decide di partire da un angolo.

Partiamo tutti da un angolo, da una prospettiva personale, per poi aprirci al confronto e vedere le cose in maniera più ampia. Ci piace pensare che Barba partirà da un angolo per poi portarci verso orizzonti lontani, appunto da un’altra parte. In generale il teatro ti porta altrove e ti fa scoprire nuove angolature del mondo. Per questo abbiamo scelto un grande maestro come lui, per farci portare nei suoi “grandangoli”.

Peter Brook definisce l’apertura a un sistema transculturale come dettata dalla ricerca di “una cultura che sa mangiare a modo suo e mangiare quello che prende e arriva dall’esterno”. Il programma della rassegna sembra costruito e guidato da un ampio respiro transculturale. Mi interesserebbe dunque sapere cosa significa per voi la definizione di transculturale. 

La miscellanea, l’influenza, la contaminazione, l’internazionalità da sempre hanno generato l’evoluzione artistica e culturale. Senza questo saremmo fermi a un mondo avvolto su se stesso. Anche per questo il coraggioso progetto di  Roma Live Arts vuole guardare alla multidisciplinarietà, al contagio dei vari generi artistico/culturali e alle nuove frontiere europee e mondiali della prosa, della musica, della danza e di quella galassia sempre più centrale ‒ ma ancora in cerca di un nome! ‒ del cosiddetto Altroteatro.

Come vi aspettate che il progetto possa crescere in futuro, quali sono i progetti di trasformazione del lavoro?

Come detto, l’ambizione è quella di far nascere un’Esposizione Internazionale di tutta la filiera che genera, alimenta e produce lo spettacolo dal vivo. Nel prossimo novembre 2023 sapremo l’esito della candidatura di Roma per Expo 2030. Ma già dal prossimo anno ‒ dopo questo nostro “numero zero” ‒ Roma potrebbe proporsi al mondo come Capitale di una grande kermesse internazionale della creatività e delle arti performative. Da gennaio 2023 apriremo in questo senso un grande tavolo di intelligenza collettiva, per raccogliere stimoli, proposte e iniziative dal mondo del teatro, della danza, della musica, del circo, delle arti di strada e della formazione. In vista, appunto, della prima edizione di questo nostro sogno. 

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