Dall’1 al 10 dicembre a Taormina, un comune in provincia di Messina, si è svolta la seconda edizione del Festival Internazionale di Nuovo Clown, in collaborazione con il comune e il Parco Archeologico di Naxos.
Ad occuparsi della direzione artistica e organizzativa è il Theatre Degart, il duo composto da Daniele Segalin e Graziana Parisi (in arte Dandy Danno e Diva G), presenti da tempo nel territorio dove, oltre alla loro indipendente ricerca artistica, conducono laboratori e workshop coinvolgendo gli abitanti della città e delle province vicine.
Focalizzandosi questa volta sui temi dell’autoironia, della clownterapia e del clown donna, portano il loro contributo per ravvivare nel periodo invernale una città conosciuta per il turismo estivo. Il programma è fitto e ricco di contributi di grandi personalità nazionali e internazionali del teatro muto e del gesto, tra questi Nola Rae, Hilary Chaplain e The Umbilical Brothers.
Il Palazzo dei Congressi di Taormina ha ospitato prime nazionali e repliche di celebri spettacoli, workshop e il convegno Donne in scena, tra gli ospiti Mattea Fo, presidente della Fondazione Fo Rame. Il recupero del gesto, della risata, dell’immediatezza del linguaggio è la cifra stilistica del Theatre Degart e del loro festival, che analizza e cerca di comunicare con un pubblico contemporaneo; ma prima di tutto con i loro concittadini. Li abbiamo incontrati nel bel mezzo del festival.
Come e quando nasce Theatre Degart e come mai avete scelto questo nome?
Daniele Segalin: ”Degart” sta per “Daniele e Graziana art”!
Graziana Parisi: Nasce durante il Covid per stabilirsi dopo tanto peregrinare in Sicilia, dove sono nata, quindi dove ho espresso il desiderio di tornare anche insieme a Daniele, per costruire un’identità artistica teatrale e proprio nel mio piccolo paese che si chiama Giardini Naxos. Questo progetto è nato dalla volontà di far conoscere il nostro stile teatrale, quello che abbiamo appreso con esperienza in tutti gli anni in giro per il mondo e in tutte le nostre varie esperienze tra il teatro, la strada e il circo e anche dietro le quinte: io nasco come costumista, quindi il lavoro dello spettacolo lo vivo da tutte le parti, adesso anche come organizzatrice del festival. Il territorio è un po’ carente di proposte teatrali, se non quelle bellissime amatoriali. Il desiderio è quello di fare approcciare al teatro le giovani generazioni del territorio e quindi creare un pubblico futuro.
DS: Parlando però il linguaggio di quel pubblico, ecco: questa è una cosa a cui noi teniamo moltissimo.
Cosa vi ha spinto a fondare il Finc e qual è stata la risposta del territorio sino ad ora?
GP: Noi studiamo ancora molto e quindi da qui nasce l’idea del festival, un altro mezzo per creare maggiormente pubblico e avvicinarlo a un teatro comunque leggero ma che tratta temi importanti, come la cura per se stessi, l’autoironia e la felicità, creare bellezza, prendersene cura e mantenerla.
DS: Noi avevamo un’idea: dato che abbiamo girato tanto il mondo volevamo invece stavolta che il mondo venisse qua da noi: tutto quello che abbiamo incontrato durante gli anni, i nostri amici, i nostri colleghi che abbiamo conosciuto. Abbiamo pensato di fare il processo inverso, così è nato il Finc. Io sono veneto, sono sempre stato attratto da questa terra che mi ha adottato; ormai sono quindici anni che è qui il mio punto di riferimento. Quando siamo arrivati qui mancava la gente che apprezzasse il bello che c’era. Purtroppo c’è poco tempo per farlo, poco tempo per se stessi, per crescere emotivamente: se ne dedica troppo per cercare la comodità del denaro seguendo i ferrei ritmi del turismo ma molto poco magari per vivere il mondo verso l’interno. Noi volevamo creare meraviglia, vogliamo creare meraviglia e continueremo a farlo, sperando che sempre più persone comprendano che le persone più importanti della loro vita sono proprio loro stesse.
GP: Sono partita da qui a diciott’anni e poi sono tornata pochi anni fa. Adesso mi sono ricordata perché ero andata via, poi però in effetti tornare ha senso, perché maturando esperienze anche in due adesso ci stiamo creando una piccola comunità di persone che si sorprendono ogni giorno. Proponiamo un mondo diverso, proponiamo un mondo teatrale diverso, un mondo di artisti che viene qua e vive la giornata insieme eventualmente anche con il pubblico, facendo workshop, laboratori, incontri. [..] Penso che questa nostra attività ci darà ragione sul lungo termine.
DS: Durante questa edizione la partecipazione è alta, è stupendo anche se manca un po’ il pubblico taorminese, eccezion fatta per le scuole; mentre sono tanti i partecipanti stranieri. Secondo me il più grande problema è la mancanza delle istituzioni, che invece aiuterebbe molto. Qui la gente vorrebbe anche venire, ma costa di più parcheggiare l’auto che andare a vedere uno spettacolo, diventa quasi un controsenso.
Perché avete sentito la necessità di focalizzarvi sul clown donna? In che modo la discriminazione di genere influisce sulla categoria? È qualcosa che tu, Graziana, senti in prima persona?
GP: Le decisioni per il Finc ma come anche per il Theatre Degart le prendiamo insieme. Però il tema della donna certo che lo sento mio, in particolar modo forse perché un po’ in parte anche io ho vissuto quello che hanno vissuto le donne di teatro. Immagino che fare un focus sulla figura della donna nel teatro nella modernità, nella contemporaneità è giusto perché può in qualche modo, anche se in minima parte, influenzare un’opinione pubblica e dire che anche una donna può fare ridere, può essere autoironica, può andare oltre gli schemi classici della bellezza. Una donna può anche ridere dei propri difetti, non ha per forza necessità di passare giornate intere per piacere agli altri.
È un doppio binario: nel teatro ci sono state pochissime donne considerate star al livello degli attori, si contano sulle dita di una mano quelle che si ricordano, ma comunque sono sempre state affiancate alla figura di un uomo. Noi prendiamo sempre l’esempio di Franca Rame: con Mattea Fo, con Jacopo Fo abbiamo potuto passare del tempo, abbiamo potuto parlarne anche tanto. Proprio Franca Rame era una donna autoironica e un’attrice formidabile e che sapeva gestire anche una compagnia. Focalizzarsi sulla donna clown serve anche oggi all’opinione pubblica, serve ai bambini e ai grandi vedere la donna non più dietro un grande uomo, come si dice; una frase classica.
Mi ricordo questa intervista che fece Franca Rame: naturalmente il giornalista diceva: ”Allora è vero, dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna!”, lei rispose intelligentemente: ”A questo punto direi a fianco”. Stare dietro vuol dire stare un passo indietro. Dobbiamo fare tantissimo ancora per fare in modo che questo uomo e questa donna camminino a fianco, ne dobbiamo fare tanta di strada e in tutti gli ambiti lavorativi, compreso l’ambito del teatro dove ci sono ancora dei piccoli gap. Continueremo in modo tale che questo festival non sia di soli uomini e neanche di sole donne, ma di uomini e donne che sanno ironizzare su se stessi, che sanno mettersi in gioco, che danno l’esempio anche nella vita di tutti i giorni.
Perché il Centro di Cardiochirurgia pediatrica dell’ospedale San Vincenzo di Taormina rischia la chiusura nel gennaio 2024? Come sta andando il vostro progetto di sensibilizzazione all’interno del festival, con workshop dedicati alla clownterapia?
GP: Pare che la regione Sicilia abbia fatto un appalto con un altro ospedale, con il Bambin Gesù di Roma, e pare che sposteranno tutto a Palermo chiudendo la sede a Taormina.
DS: Non è solamente la gente della zona che usufruisce del servizio, ma anche gente che viene dalla Calabria, dalla Puglia.
GP: È un presidio di eccellenza perché fanno delle operazioni molto delicate e hanno salvato davvero tantissime vite. Se il centro specialistico è su Palermo, se stai male su Giardini Naxos devi percorrere mezza Sicilia per raggiungerlo.
DS: Molti dipendenti verranno licenziati. Vogliamo fare questo focus perché vogliamo che entrambi siano aperti. Le eccellenze vanno moltiplicate non vanno cancellate o selezionate. È davvero triste perché quando una realtà diventa un pregio viene distrutta. Siamo rimasti basiti, dovevamo fare qualcosa. Sicuramente non freneremo le istituzioni e probabilmente ci andranno anche contro ma non ci importa perché stiamo facendo qualcosa di buono. Abbiamo centrato il workshop di Hilary Chaplain sulla clownterapia: Chaplain è a tutt’ora forse la massima rappresentante del mondo del clown dottore.
Addirittura l’ospedale ci ha mandato quattro dottoresse di nazionalità diverse a fare il corso qui con noi perché si possa creare una continuità.
Nasce a Palermo nel 1998; lì si laurea al Dams, curriculum spettacolo, scoprendo diverse realtà teatrali e cinematografiche locali, più o meno indipendenti, e collaborando con queste. Tutt’ora continua i suoi studi a Bologna, specializzandosi in discipline del teatro.