È un mese d’indignazione, questo marzo, per i lavoratori del comparto privato dello spettacolo dal vivo in Sicilia. Si è inaugurato infatti con la pubblicazione, in Gazzetta Ufficiale, della Finanziaria per il prossimo triennio, approvata a Palazzo dei Normanni dall’ARS, ma disapprovata – a un attento esame – dalle quasi sessanta associazioni teatrali della Rete Latitudini, per ciò che concerne i criteri di ripartizione dei fondi destinati alla Cultura.
Il motivo non sorprende di certo: oltre al taglio di quasi un milione e mezzo del FURS (Fondo Unico Regionale per lo Spettacolo) rispetto all’anno precedente, risulta ancora più iniquo il trattamento che, favorendo gli enti pubblici, va a scapito delle realtà private, le quali continuano a produrre – nonostante lo scarso sostegno – un’immensa ricchezza per il territorio, l’arte e le comunità.
In attesa di conoscere il riscontro alla nota di appello inviata qualche giorno fa all’assessore regionale Elvira Amata, abbiamo fatto qualche domanda al presidente di Latitudini Gigi Spedale che, operando nel settore dagli anni Ottanta, ha offerto una visione più chiara sulle buone e cattive pratiche di cultura in Sicilia, indagando le cause della mala gestione e mostrando, nello specifico, le criticità e le storture di una legge finanziaria da cui dipenderà il prossimo futuro.
Presentiamo Latitudini: cosa rappresenta e da quali esigenze è nata?
Latitudini si è costituita nel 2011 grazie alla presa di coscienza di autori e teatranti provenienti da diverse parti della Sicilia che si identificano in un teatro di ricerca e sperimentazione volto a mettere in scena, con nuovi linguaggi e strumenti, la contemporaneità. L’esigenza era quella di incrementare la conoscenza delle attività di spettacolo in una regione che, per dimensioni e difficoltà nei collegamenti, è quasi un continente, nonché di interloquire in maniera efficace con le istituzioni che hanno in mano la gestione di enormi flussi di denari investiti per un nobile scopo. È vero, infatti, che la Sicilia spende per la cultura più di tante altre regioni italiane, ma il problema centrale è, come sempre, il modo.
Il nostro ruolo è dunque diventato automaticamente di rappresentanza del mondo dello spettacolo, portando alla luce i numeri di una “forza lavoro” e del complesso di attività che è molto maggiore rispetto a quello riferibile a un altro settore dove arrivano molti più soldi. La percentuale di fondi destinata al pubblico è infatti mediamente l’89% contro l’11% destinato al privato; con brevissime oscillazioni tra il 10 e il 13% nel corso delle fasi che si sono susseguite. Paradossalmente, però, è proprio il secondo ad assicurare maggiori livelli occupazionali e minori costi per l’Erario regionale, per cui tale condotta risulta oggettivamente poco redditizia per l’Amministrazione.
La tua attività inizia negli anni Ottanta con la compagnia Nutrimenti Terrestri, di cui sei uno dei fondatori insieme, tra gli altri, a Ninni Bruschetta e Maurizio Puglisi; hai dunque un chiaro quadro d’insieme sulle attività teatrali della regione e sui fondi che negli anni sono stati stanziati per il loro sviluppo. Quali sono stati – se ci sono stati – i momenti di maggiore apertura?
Senza andare troppo indietro nel tempo c’è stato un “periodo aureo” con tanti difetti ma anche tanti pregi, tra la metà degli anni ’70 e la metà degli anni ’90; una fase di grande fermento, con investimenti in tutti i settori dello spettacolo che hanno fatto rifiorire le città e il territorio. Pensa che arrivavano artisti fantastici da tutte le parti del mondo: dal Living Theatre ai migliori musicisti internazionali di jazz, e si organizzavano festival magnifici… tutto questo però finì con l’implosione della politica e il salvifico fenomeno Mani Pulite, che lavò via tutto: errori e orrori della mala politica e purtroppo anche i grandi investimenti nelle attività artistiche sane e di alto valore. Penso alla bellissima stagione artistica che fece rifiorire Arte e Cultura nella Palermo degli anni ’90; alle mirabili edizioni dei Festival Jazz estivi e invernali di Messina fra gli ’80 e i ’90; ai primi decenni della bellissima (un tempo) Taormina Arte; ai ricchissimi e prestigiosi cartelloni del Teatro Vittorio Emanuele di Messina che, prima di diventare l’attuale grigio ente stipendificio, riusciva a ospitare anche nomi quali Bob Wilson, Philip Glass, Tiezzi, Servillo, De Berardinis, Carpentieri, Calamaro, Latella, Randisi/Vetrano, Sinisi, etc.
Dopo più di un decennio, una vera svolta si ebbe con l’adozione di uno strumento legislativo all’avanguardia per il teatro e la danza, ancora oggi uno dei migliori esistenti per lo spettacolo dal vivo in Italia: la Legge regionale n. 25 del 2007. Essa prevedeva anche una commissione di esperti per stabilire, di anno in anno, i finanziamenti più utili da attuare, tenendo conto di criteri anche qualitativi che, nel tempo, sono stati però abbandonati (insieme alla commissione, forse scomoda per chi non prediligeva la qualità) per privilegiare criteri quantitativi.
Quali credi siano i motivi alla base della mala gestione del settore e cosa vi ha invece agevolati?
È difficile fare un’analisi che sia perfettamente aderente alla realtà perché negli anni cambiano gli assessori e l’orientamento, gli esperti vengono sostituiti o aboliti del tutto e la propensione verso un teatro di qualità o di quantità è perciò un po’ ondivaga; inoltre, la frequente rapida rotazione dei politici fa sì che il nostro referente sia sempre diverso e spesso, venendo da chissà quale mondo, ignaro di ciò che succede nel settore di cui si va a occupare.
Della rete Latitudini fanno parte compagnie anche molto importanti, riconosciute di interesse pubblico dal Ministero; cito, solo per fare un esempio, quella dei Figli D’Arte Cuticchio, che gode di grande spazio e apprezzamento all’estero, mentre qui ha difficoltà a trovare ospitalità e luoghi in cui operare.
La politica purtroppo spesso non sa favorire l’ambiente adatto a chi vuole fare questo tipo di ricerca e, nonostante il grande indotto scaturito da attività come quelle di residenza e i numeri che mostriamo da dodici anni, dobbiamo sempre affidarci a singole amministrazioni illuminate che saltuariamente ci permettono di avere in gestione teatri nei piccoli centri per creare rassegne che si rivelano poi qualitativamente anche migliori rispetto alle stagioni ufficiali di grandi città metropolitane.
Puoi farci qualche esempio virtuoso?
WRITE di Tino Caspanello, un progetto di residenza che abbiamo iniziato nel 2016 nel comune di Mandanici, dove abbiamo riunito per ogni edizione nove drammaturghi provenienti da tutte le parti del mondo. Ciò è stato possibile grazie al supporto di amministratori comunali sensibili alla materia dello spettacolo e consci delle relative problematiche, nonché alla messa a disposizione del Monastero basiliano del 1100, un piccolo gioiello ben ristrutturato di Mandanici che ha ospitato la residenza.
La giornata era divisa in precise fasi di lavoro: al mattino, i drammaturghi ricevevano un tema su cui scrivere all’impronta dei brevi testi teatrali; all’ora di pranzo, quelli in lingua straniera venivano tradotti; al pomeriggio si allestivano gli spettacoli, presentati infine al pubblico nel corso della stessa serata. Questo magnifico progetto è andato avanti per diverse edizioni e replicato in altri comuni siciliani, attirando anche l’attenzione dei media e della RAI, fino a che non si è interrotto per via dell’avvicendamento dei nuovi amministratori comunali e di un’insana sospensione delle attività nel monastero.
A volte ci sembra di essere un po’ migranti e solo grazie a chi ci dà supporto e ospitalità possiamo proseguire le nostre attività; in cambio – nonostante il non sempre sufficiente sostegno da parte della Regione – imbastiamo stagioni teatrali miracolose nei centri che soffrono del continuo spopolamento, come Calascibetta, Serradifalco, Scicli, Petralia, Malfa, etc. Sebbene il pubblico, dopo l’orrenda stasi e crisi pandemica, sia in crescita, non possiamo praticare politiche di prezzi alti al botteghino. Per questo motivo il finanziamento FURS della Regione diviene fondamentale, perché i Comuni coi loro magri bilanci non possono aiutarci in maniera significativa a compensare il nostro disavanzo.
Anche nel triennio ’20/21/22, con l’emergenza Covid, siamo riusciti a instaurare e mantenere un dialogo schietto e proficuo col precedente assessore regionale, che ha portato all’incremento del fondo FURS; grazie a questo enorme aiuto per noi – per i bilanci regionali si tratta di una bazzecola – è stato possibile far rinascere e inventare il teatro in tanti luoghi dove non arrivava e dove crediamo sia giusto che arrivi, al contrario di quanto fa la Regione che spende la grandissima parte dei fondi per lo spettacolo concentrandoli prevalentemente in sole tre città: Palermo, Catania e Messina.
Quanto all’attuale Finanziaria, nella nota indirizzata a Elvira Amata, avete evidenziato la rimessa in essere della “scandalosa” Tabella H. Di cosa si tratta e quali altre criticità riscontrate sul piano legislativo?
La Tabella H, ai tempi delle vacche grasse, era un allegato al Bilancio annuale della Regione che prevedeva una serie di beneficiari a cui veniva destinata una somma più o meno cospicua di denaro per le più disparate attività. Tale strumento, divenuto scandaloso e abnorme, venne a un certo punto ufficialmente abolito, ma sembra essere stato adesso resuscitato. È vero che nella lista di queste elargizioni “ad personam” figurano talvolta dei validi progetti ma il problema è che delle norme, mirate a beneficio di singole realtà, movimentano ingenti somme – non passando per le leggi di settore come la n. 25 del 2007 e la n. 44 del 1985 – che finiscono per essere lasciate in mano alla discrezionalità del politico di turno. È dunque una stortura, che non garantisce parità di trattamento e non fa che incrementare i divari già esistenti in diversi settori della vita pubblica.
Altra stortura è il fatto che da qualche anno si concentrano tutti i fondi nelle attività di produzione teatrale (secondo criteri perlopiù quantitativi); di contro, non vengono finanziate tutte le altre a esse collegate, essenziali per il buon funzionamento del sistema: la programmazione nei teatri privati, le rassegne e i festival, la circuitazione fuori dal territorio siciliano, l’acquisto di attrezzature… a dispetto di quanto invece prevede la già citata legge n. 25/2007.
Non riusciamo a intravedere una stabile, concreta e coerente politica di investimenti regionali, tranne quando accade che il politico abbia una propria sensibilità e buona volontà sufficienti e pure il tempo e la voglia di instaurare un dialogo con chi pratica queste attività. Quando ciò si verifica, è più probabile che vengano finanziati sempre di più progetti e iniziative di valore, altrimenti si rischia di andare un po’ a casaccio.
Pur nella possibilità di apportare migliorie alla legge finanziaria approvata, è ormai trascorso il primo trimestre dell’anno e il danno è già in parte stato fatto. Continuate comunque ad avere fiducia nel futuro e quali azioni pensate di intraprendere nel caso non arrivasse un riscontro positivo?
Per il futuro continueremo a insistere, a chiedere sempre con più fermezza. I finanziamenti purtroppo sono noti solitamente verso l’estate (a volte anche dopo) ed è sempre come andare alla cieca; poi, quando si ha contezza dei contributi assegnati, è comunque tardi per una sana programmazione e bisogna organizzarsi in fretta, finendo magari per spendere male i fondi che arrivano. La programmazione anticipata è infatti essenziale per poter fare un lavoro di qualità e ben distribuito nel tempo e nel territorio, così come avviene normalmente fuori dall’Italia, dove le stagioni si preparano l’anno precedente, mentre qui andiamo all’impronta e non facciamo che moltiplicare gli sprechi. E purtroppo questo vale per tutti i settori dell’economia.
Comunque, nonostante questo quadro un po’ apocalittico, siamo sempre fiduciosi perché, se si riesce a instaurare un dialogo proficuo con i politici, è possibile in effetti trovare soluzioni adeguate e le attività possono riprendere a fiorire, grazie agli autori e agli artisti bravissimi che abbiamo in Sicilia.
Il problema è quando sono costretti migrare, in cerca di un “ecosistema” più adatto alla loro creatività.
Siciliana che non riesce davvero a mettere radici altrove. Si laurea a Roma e Messina in Comunicazione, poi in Scienze dello spettacolo, e fa un master in Imprenditoria dello spettacolo a Bologna. Le piace scrivere in prosa e poesia (ha pubblicato la raccolta “Preludio” con Ensemble Edizioni) e di teatro. Si sta addentrando nell’insegnamento delle discipline audiovisive, ma sotto sotto vorrebbe imparare a recitare.