Umano o poco umano. Forse per nulla. Post Scriptum_Gaia_log000 è un racconto che appare davanti al pubblico un po’ perché scritto e letto su un testo in parte generato dal drammaturgo, un po’ seguendo l’ombra del cursore di ChatGpt. E siccome al pubblico il racconto arriva di spalle alla narratrice, Gaia, appunto, la fonte si confonde e si co-fonde, impossibile, quindi, separare nuovamente le parole imparate da un cervello e quelle apprese dall’intelligenza artificiale. Post Scriptum_Gaia_log000 ha debuttato martedì 16 maggio a Torino in apertura del Torino Fringe Festival e sarà in scena fino al 19 al Cubo Teatro di via Pallavicino. L’opera, prodotta da Cubo Teatro in collaborazione con Grey Ladder Productions, Club Silencio, GreenMe, si ispira alla serie TV Post Scriptum: Uno sguardo ottimista dalla fine del mondo, coprodotta da Infinity+ nell’ambito dell’iniziativa Infinity Lab.
Uno degli elementi più interessanti di Post Scriptum_Gaia_log000 è il processo creativo, mostrato apertamente. La regia in diretta di Girolamo Lucania permette di seguire da vicino lo sviluppo delle idee e delle azioni, mentre le musiche e i suoni di Ivan Bert e Max Magaldi vengono composti e suonati sul momento, senza filtri. Il confronto tra intelligenza artificiale e naturale è uno degli aspetti più intriganti dell’opera.
E poi c’è Letizia Russo, che dà un corpo a Gaia, gambe, mani e spalle, mentre il viso si restituisc al pubblico attraverso il riflesso filtrato di una web cam.
E fin qui è solo descrizione. Quel che accade. Punto. Dentro il perimetro delle musiche, i testi e un allestimento ancora da prova d’orchestra, tutto a scena aperta, si nasconde l’inquietudine della sostituibilità e perfetta complementarietà di parole e musiche prodotte da esperienza umana e da apprendimento artificiale. I personaggi si confrontano con le potenzialità e i limiti delle intelligenze artificiali, cercando di comprendere se queste possano realmente sostituire l’essere umano nella sua complessità e unicità.
Si tratta di forma, certo, che raccoglie un racconto avvolto intorno alla prospettiva dell’estinzione e alle derive della parola intelligenza.
L’accumulo di apprendimento dell’IA è davvero la chiave per svelare l’apprensione verso un mondo popolato da scarafaggi? Può essere. Il punto, però, da non sottovalutare è come uno dei picchi più alti dello spettacolo sia l’eco di una nenia appresa e ripetuta con i mezzi per la riproducibilità tecnica. Ma il portato di quelle note è in realtà la memoria emotiva non appresa, ma sedimentata dalle generazioni, dagli antenati di tutti coloro che sono passati prima di noi. E forse, l’inquietudine più grande resta perdere quelle tracce, al di là di chi e che cosa camminerà dopo.
Per questo Post Scriptum_Gaia_log000 è da vedere e sicuramente questa prima forma di studio o prova aperta è un materiale da approfondire e valorizzare.
Piccola parentesi: anche questa recensione è stata in parte scritta dall’autore e in parte prodotta da intelligenza artificiale.
Impossibile (credo) anche in questo caso definire l’origine delle parole. Tuttavia, per chi gestisce il trucco, c’è un elemento che emerge. La cosa che manca nella cronaca automatica prodotta, è proprio la presenza di Letizia Russo. Perché non appresa da testi già presenti nell’internet. Insomma chiedere a ChatGPT di raccontare Gaia, vuol dire farsi scrivere una storia senza Gaia. E’ una nemesi? Forse. E’ la speranza per ritardare la conquista degli scarafaggi? Altrettanto forse.
Di fatto all’intelligenza artificiale manca il ruolo di testimonianza, quello che segna lo spettatore, quello che tiene traccia del teatro in chi lo fa e in chi lo vede.
Scrivo un po’ per dare notizie e un po’ per raccontare storie. Insegno al master in giornalismo dell’Università di Torino, ho imparato alla scuola civica Paolo Grassi.