Il 12 ed il 13 maggio 2018, la Compagnia Controtempo Theatre porterà in scena “Otello” capolavoro di Shakespeare nelle incantevoli stanze di Palazzo Ferrajoli in Roma (Piazza Colonna, 355) – evento.
Tra combattimenti, disperazione e momenti di passione, il dramma del Moro rivivrà in una versione completamente innovativa e coinvolgente. Lo spettacolo, infatti, sarà “itinerante”: in questo senso il pubblico avrà l’opportunità di assistere alla rappresentazione immergendosi nella bellezza dei diversi ambienti della location e sentendosi parte integrante dell’opera.
La regia di Lilith Petillo e Pasquale Candela, tende a mettere in rilievo il punto di vista di Iago, la sua ardita opera di disfacimento e la crudeltà dell’animo umano.
Il cast è formato da giovani attori professionisti. Otello, alle prese con la sua irrefrenabile gelosia, sarà Dario Carbone. Iago, probabilmente uno dei personaggi più complessi degli scritti shakespeariani, astuto, malvagio e inverosimilmente folle, sarà interpretato da Venanzio Amoroso. A vestire i panni della bella e giovane Desdemona, invece, sarà l’attrice Paola Fiore Burgos. Cassio, fedele luogotenente del Moro, sarà Danilo Franti. Roderigo, follemente innamorato di Desdemona sarà interpretato invece da Marco Guglielmi; nel ruolo di Emilia, moglie di Iago, troveremo Lilith Petillo, mentre Montano, amico di Otello, sarà Massimiliano Cutrera.
Parliamo di “Otello” con Lilith Petillo, Danilo Franti e Venanzio Amoroso, fondatori della compagnia Controtempo Theatre, che descrivono il processo di ideazione e di sviluppo dell’opera analizzando le dinamiche artistiche e le implicazioni relazionali fra gli attori e il pubblico, attraverso la riscrittura scenica di un classico teatrale in versione itinerante.
Il rapporto di Controtempo Theatre con il repertorio classico
Non è un caso che abbiamo scelto Shakespeare come autore d’esordio per la compagnia. Non scopriamo l’acqua calda ma Shakespeare è estremamente attuale rileggendo le opere del Bardo ti rendi conto di quanto sia sempre attinente alla realtà grazie a un linguaggio che, pur essendo diverso dal nostro, esprime concetti disarmanti mediante la voce di alcune figure femminili, interessanti casi di studio. In Otello ci sono sia Desdemona sia Emilia, quest’ultima è una donna forte portatrice di un femminismo che difende strenuamente – in questo senso è paradossale notare come all’epoca del Bardo, nel teatro Elisabettiano, i ruoli femminili fossero interpretati dagli uomini. Quindi com’è possibile che un personaggio come Emilia sia definito con caratteristiche così forti? Questo è uno dei motivi che ci ha spinto a scegliere di mettere in scena l’opera Shakespeare.
In Otello i rapporti tra i personaggi sono molto più lineari e attuali rispetto ad altre opere come Giulietta e Romeo dove vengono narrate situazioni e problematiche legate al contesto storico, ad esempio le diatribe fra le famiglie dei Montecchi e dei Capuleti. In Otello si parla di un esercito che possiamo trovare oggigiorno in qualsiasi situazione bellica. Si prenda la gelosia, l’invidia e nel caso di Iago anche la malvagità che porta una persona a ingannare gli altri per il suo profitto personale: questi sono gli aspetti emotivi e le caratteristiche psicologiche dei vari personaggi su cui lavoriamo. In questo senso la nostra visione dei fatti in Otello viene rappresentata artisticamente attraverso la prospettiva di Iago, personaggio invidioso e malvagio, del quale cerchiamo di mettere in risalto la condizione esistenziale universalizzando la sua umanità.
Quando abbiamo pensato di mettere in scena Otello, l’abbiamo collegato alla possibilità di portarlo in scena in castelli, in borghi e in altri luoghi di grande interesse storico-culturale. Quindi questo ci ha vincolato nella scelta della sua resa scenica. È certamente una riscrittura: abbiamo scelto di vedere tutta l’opera attraverso gli occhi di Iago che è un manipolatore, questa decisione deriva dalle location in cui mettiamo in scena lo spettacolo che ci permettono di restare fedeli all’Otello sia nei costumi sia nelle scelte stilistiche. Oggi nei vari settori della società civile di manipolatori è pieno, riscontriamo nella quotidianità tantissimi Iago che incontriamo durante la nostra vita. Questo è quello che viene apprezzato dal nostro pubblico pur non avendo noi marcato questo aspetto. Ecco perché Shakespeare, anche quando lo si porta in forma classica, è vincente. Noi andiamo a sviscerare, seppur in maniera leggera, l’opera permettendo allo spettatore di comprenderla. Questo è il miracolo di Shakespeare.
L’esigenza di adottare testi classici nasce nel momento in cui abbiamo capito che questi sono dei calderoni di meccanismi umani, di emozioni e di sentimenti che hanno un valore universale. Scegliere Otello e averlo reso scenicamente più fruibile ci ha consentito di negare il tabù della pesantezza del teatro classico anche per dimostrare che il teatro classico, e Shakespeare in particolare, possono essere compresi da tutti. La nostra riduzione cerca di mantenere l’opera originale facendo dei tagli legati alla fluidità e alla comprensione del testo per mantenere i rapporti e le emozioni presenti nell’opera. Non abbiamo la presunzione di pensare che alcune delle parti che ha scritto Shakespeare non servano, però abbiamo dovuto operare una riduzione senza però intaccare il significato dell’opera.
Genesi ed evoluzione dell’otello itinerante
La scelta di Otello nasce da qualche nottata di pensieri e di parole da parte di tutti e tre e arriva in un giorno caldissimo d’estate dopo esserci confrontati con Pasquale Candela che ha preso a cuore il progetto e firmato la regia con Lilith Petillo. Eravamo in un periodo critico della nostra vita artistica, sentivamo di essere invasi da una serie di sensazioni ed emozioni positive che però non riuscivamo a canalizzare non capendo quale fosse la direzione giusta da prendere. Dopo aver letto diversi testi drammatici, ci siamo trovati d’accordo su Otello perché il vissuto di ogni personaggio sembrava rispecchiare quello che stavamo vivendo in quel momento. Otello ci ha bloccati e ci ha fatto capire che forse dovevamo affrontarlo in modo più approfondito.
Rispetto allo sviluppo, avendo avuto l’opportunità di provare molto al Castello Lancellotti di Lauro, in questo spettacolo molte cose sono nate spontaneamente nel momento in cui abbiamo vissuto lo spazio. Tutto andava liscio, una volta entrati nel castello ci siamo resi conto che a destra c’era la casa di Brabanzio che è il padre di Desdemona; un grande arco con una porta dalla quale abbiamo immaginato Iago e Roderigo sbucare e nel giardino abbiamo riconosciuto il luogo dove far svolgere il matrimonio segreto fra Otello e Desdemona. Così il testo ha preso vita entrati nella location. Tutto ci diceva che lì si doveva mettere in scena Otello. Abbiamo fatto un sopralluogo a fine agosto 2016, a metà settembre abbiamo cominciato a lavorare con il cast e l’1 e il 2 Ottobre siamo andati in scena. Per questo primo appuntamento ci siamo serviti della professionalità di attori che hanno la nostra stessa forma mentis, infatti lavoravamo dalla mattina fino a tarda notte: una fucina di idee.
Da sempre sia stati abituati a svolgere diverse mansioni contemporaneamente: in quei giorni alcuni lavoravano su delle scene, altri montavano le luci o andavano a vedere i costumi. Di questo spettacolo in particolare ricordiamo un’atmosfera molto serena dove si respirava un’aria di creatività. Il lavoro con gli altri attori è stato molto interessante perché anche per noi era un primo esperimento di conduzione registica nonostante avessimo un po’ più di esperienza rispetto agli spettacoli itineranti grazie ai lavori precedenti che ci hanno visto protagonisti. Cercavamo di trasmettere agli attori quella che era la nostra idea, in un scambio artistico di dare e avere.
quali sono state le scelte stilistiche che caratterizzano lo spettacolo?
Abbiamo cercato di rappresentare un’opera itinerante dove gli attori sono sempre a stretto contatto con gli spettatori. Noi ci troviamo in sale o spazi all’aperto, con il pubblico in piedi a tre metri dall’attore. Un tale rapporto di vicinanza e di prossemica ci porta a dover recitare in maniera più naturalistica cercando di trasmettere tutti quei concetti che noi reputiamo importanti. Il personaggio di Iago, per scelte registiche, rompe la quarta parete in molti momenti, parla spesso col pubblico e lo trascina da un ambiente all’altro: l’esigenza di mobilitare gli spettatori deriva dalla volontà di introdurre pienamente il pubblico nello spettacolo.
In generale, l’elemento decisivo, al di là, della rottura della quarta parete, è che il pubblico si sente parte integrante della scena. Quando sei in teatro lo spettatore è seduto in poltrona mentre gli attori si esibiscono sul palcoscenico, ne consegue un distacco tangibile anche nel momento ipotetico in cui il performer si rivolge direttamente al pubblico. Nei nostri spettacoli non c’è mai questo distacco: addirittura succede che il pubblico passi accanto all’attore e lo tocchi. Ha l’esigenza di uno scambio comunicativo quindi di entrare in empatia con gli artisti. Siamo tutti sulla stessa barca, gli attori, i personaggi, l’autore e il pubblico: è come aprire un testo e immergervisi completamente. Anche il fatto di parlare al pubblico con le lacrime agli occhi oberati di tutto il tragico carico di Otello aumenta esponenzialmente la portata drammatica dell’opera.
Certamente la location è determinante in questo processo di immedesimazione ma anche la nostra attenzione al lavoro fisico all’interno attraverso le dinamiche di contatto fra combattimenti, schiaffi, baci, abbracci gioca un ruolo fondamentale in questa direzione. Una volta, al Castello di Torre Alfina, un posto molto bello dove siamo stati, giunti al momento del suicidio di Otello, dove è presente uno fra i monologhi più struggenti dell’opera, si creò talmente tanta empatia che una signora esclamò prima dell’atto finale: “No, Otello, non lo fare!”.
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Otello di William Shakespeare
Regia di Lilith Petillo e Pasquale Candela
Con sarà Dario Carbone, Venanzio Amoroso, Paola Fiore Burgos, Danilo Franti, Marco Guglielmi, Lilith Petillo, Massimiliano Cutrera.
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