Il tema dell’acqua ha accompagnato questa scrittura.
Ma cercavo anche altro. Cercavo un’immagine fossile. Qualcosa che si presentasse, nell’immaginario che stavo formando, come una cariatide. Una figura scientificamente plausibile che mi facesse risalire il tempo. Cercavo un’attraversatrice del tempo.
Volevo una guerriera fossile che mi permettesse di ricostruire e poi di vivificare il passato, di procedere all’indietro. Cercavo una protagonista silente, priva di voce propria, un femminile senza pelle, puro esoscheletro. Una madre oltre la madre. Cercavo uno spettro, in verità e ho trovato le diatomee.
Alghe unicellulari. Guerriere scheletriche. Amazzoni ubiquitarie che attraversano i punti estremi del pianeta.
“Il terreno della foresta amazzonica è così fertile perché ogni anno viene rigenerato dalle tonnellate di sabbia che si spostano dai deserti africani. La sabbia della Dancalia, tra le zone più aride del pianeta, nutre con gli scheletri delle diatomee la foresta pluviale più ricca di possibilità di vita. Le diatomee, queste minuscolissime amazzoni che trasportano fosforo, azoto e potassio, arrivano morte stecchite sul suolo della foresta fluviale ma sanno che di questa loro morte la loro specie vivrà. Le diatomee vivono e muoiono con la Foresta Amazzonica e con la Dancalia, ma i loro scheletri devono percorrere ancora molti chilometri prima di ricongiungersi ai corpi delle loro sorelle vive. In questo ciclo, vive o morte che siano, le diatomee garantiscono la rigenerazione della vita sul pianeta, arrivando a produrre dal 20% all’85% dell’ossigeno”.1
La diatomea è un’amazzone, una piccola guerriera che lotta per la sopravvivenza del pianeta. E allora è fatta. Un ambiente marino. Eccolo. Acqua. Alghe, movimento e riproduzione. La garanzia della vita. E poi il ricordo. Eccolo.
Ma c’è qualcosa in questa eroina che non vedremo mai, c’è qualcosa in lei che vivifica, che riesce a perpetuare. La verità è che l’unico sacrificio possibile è un non-sacrificio.
Insomma: vi garantisco soltanto che avrete il mio scheletro. Nient’altro.
(Elvira Buonocore)
Anno di stesura: 2022
Numero pagine: 50
Numero personaggi: 4 viventi, 2 non viventi
Testo già rappresentato: SI
SINOSSI
Le case sono vive. Sono luoghi metamorfici soggetti al divenire. Posti mutevoli in cui l’infanzia semina con euforia. Le case sono piantagioni furibonde, incipit architettonici di un racconto esistenziale che non potendo mai finire, si sfilaccia in una dolorosa intermittenza. I tre fratelli, Palma, Alfio e Rosario, si ritrovano presso lo studio di un notaio per la discussione di un atto di compravendita. La loro casa natale, costruita sul versante costiero di una regione imprecisata, viene di fatto svenduta dopo anni di indugi. È la procedura notarile che, autorizzata dalla legge all’invadenza, ricostruisce l’evento. Il ricordo immobile, il macigno che la casa ha conservato e che i suoi abitanti hanno voluto rimuovere. È un assedio di domande, un violento attacco personale: il rogito diventa a poco a poco un processo. Un atto di accusa. Una laica inquisizione. Attraverso quella costante, premeditata intermittenza, il passato penetra nel racconto, lo segmenta, lo travolge. Lo spacca in due.
L’incidenza del passato nelle nostre vite, il modo in cui esso influenza e continua a condizionare le nostre scelte, le nostre future decisioni, è l’argomento più urgente di questo tempo presente. È la questione più spinosa. È il tema della contemporaneità.
Provando, allora, a intercettare istanze comuni, provando a capire dov’è che il nostro nodo cruciale, la nostra questione privata si interseca con le ragioni degli altri, siamo giunti a questo: un racconto privato che testimoni una lotta pubblica. La voglia di farla finita. Farla finita col passato, con ciò che le precedenti generazioni hanno seminato. Farla finita col sacrificio, con l’eterno loop familiare che soffoca le ambizioni e impedisce i mutamenti. Farla finita con la famiglia, con ciò che è immobile, stabile, inerte.
È la notaia la vera eroina di questa storia. È lei a rappresentare quelle ragioni comuni che abbiamo raccolto e condiviso intimamente. È lei, giovane, troppo giovane, circondata e appesantita da un lascito, dai ricordi, dagli errori di qualcun altro.
È un sentire quello che si vuol rappresentare. È una vendetta, forse, è una rivalsa, di sicuro.
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