Occidente è un testo ambientato in un futuro che è dietro l’angolo, in cui la fine del nostro mondo è un lento dissanguamento. Parla di colpe individuali e collettive, dell’inutilità della poesia, della tirannia del talento e delle ultime parole possibili da lasciare in testamento.

Ai tempi della prima stesura, presentata in lettura scenica per la finale del Bando Autori della Biennale College 2019, qualcuno parlò di distopia. Un genere che di lì a poco sarebbe diventato mainstream. Io non l’ho mai considerato un testo distopico: al massimo iperrealistico, come può esserlo la fantascienza di Forster Wallace. Oggi – dopo la pandemia, l’avanzata delle destre estreme, fronti di guerra aperti in Europa e in Medio Oriente, l’accelerazione vertiginosa nello sviluppo delle IA, l’accettazione pacifica della minaccia atomica e del concetto di genocidio nelle nostre vite precarie, privilegiate, di cittadini della provincia democratico-liberale – ecco, oggi rischia di suonare didascalico.

Occidente parte da un registro iperrealistico, dal linguaggio cinematografico-seriale, e ne tenta una possibile decostruzione. Da Jābarsā, la città delle figure chiuse e ottenebrate, a Jābalqā, la città delle forme non ancora compiute. È uno scandaglio nel cuore raggelato di due personaggi neri, che hanno attraversato la vita facendosi terra bruciata attorno. Un conflitto tra due nichilismi complementari. Ma è anche la storia di una famiglia sui generis, e un paradossale racconto di formazione. Per qualcuno c’è ancora un futuro. “C’è molta speranza, ma nessuna per noi”. È il migliore lieto fine che mi sia uscito finora.

(Dario Postiglione)

Anno di stesura: 2019

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Numero pagine: 47

Numero personaggi: 5 (per 4 interpreti, da testo 2 personaggi sono interpretati dallo stesso attore)

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Testo già rappresentato: Sì, messo in scena da Collettivo BEstand, prodotto da Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, ha debuttato presso il Ridotto del Mercadante il 10 novembre 2021

Finalista Bando Autori under 40 di Biennale College Teatro 2018-2020, presentato in lettura scenica a Biennale Teatro 2019.

Premio di produzione Leo de Berardinis 2021, prodotto da Teatro di Napoli – Teatro Nazionale.

Finalista Premio Pim Off 2021.

SINOSSI

Futuro prossimo. Il cielo è coperto di cenere, il sole come noi lo conosciamo è solo un ricordo. La vita procede come sempre, si produce e si consuma a ritmi serrati, in un mondo grigio, febbrile, iperconnesso.

Vittorio a vent’anni è stato un poeta riconosciuto, oggi scrive per la pubblicità e le serie tv e s’imbottisce di antidepressivi. Per lui la luce del sole è un’ossessione, il segno di una perdita. Per Simone, un giovane rapper che suona in streaming le frequenze sismiche, è figura di qualcosa che non ha mai avuto. Nel loft che i due condividono, la voce dell’IA Dira alterna spot, notifiche, versi di un poeta persiano dell’XI secolo, mentre monitora i suoi inquilini. Intanto dalla Germania una donna invia videomessaggi enigmatici a cui nessuno risponde: visioni apocalittiche, stazioni radio fantasma, fotogrammi di un’Europa che si fa sempre più nera.

Tra speranze terminali e barlumi di violenza, l’umanità del vecchio Occidente tenta di abitare a suo modo un’ipermodernità snervata, in cui le azioni sono atti mancati e la verità una nota a margine dell’artificio.

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