Notturni radiofonici, alla riscoperta del radiodramma

Feb 26, 2023

Inizia con Danger di Richard Hughes, trasmessa dalla Bbc nel 1924, la breve e intensa avventura del radiodramma, alla quale la Stagione dei Teatri di Ravenna ha dedicato una serata di ascolto con Notturni radiofonici, condotta dal critico e studioso Rodolfo Sacchettini, anche fondatore della rivista Altre Velocità e co-direttore de La Falena.
Un’arte cieca, quella della radio, volta a bilanciare quella muta del cinema anni ’20, che inizia a commissionare a registi e autori vere e proprie opere in grado di sfruttare le recenti tecnologie per valorizzare l’apparato sonoro e trasportare il radioascoltatore notturno nell’atmosfera noir delle narrazioni.

Danger, opera di battesimo di questo nuovo genere di intrattenimento, è ambientata in una miniera del Galles, luogo dell’oscurità per eccellenza, scelto proprio per enfatizzare la sensazione di paura che vivono gli stessi protagonisti, una coppia di fidanzati in visita turistica che vi si trova intrappolata da un’improvvisa inondazione insieme ai minatori.
Si punta quindi ad esaltare gli effetti acustici e a scrivere una trama avvincente per affascinare il radioascoltatore e tenerlo sintonizzato fino alla fine. La durata, che si aggira sui 45 minuti, è severamente proibita ai più piccoli, come spesso compare sulle diciture che precedono l’ascolto. Ed è soprattutto nei paesi anglosassoni e negli Usa, spiega Sacchettini, che si accentua la componente thriller, grazie a scrittrici come Lucille Fletcher, autrice, nel 1943, per la Cbs, dell’inquietante Scusi, ha sbagliato numero.

Le regole del radiodramma sono subito chiare: storie realistiche e in grado di suscitare sensazioni forti. Ed è proprio il talento della Fletcher ad ispirare il film del 1948 Il terrore corre sul filo, diretto da Anatole Litvak, mentre il regista Orson Welles, sempre per la Cbs, la notte di Halloween del 1938, raccontando l’invasione degli alieni ispirata al romanzo di fantascienza di Herbert George Wells, sotto forma di radiogiornale, riesce a scatenare una vera e propria psicosi collettiva.
Anni prima, nel 1924, era successo qualcosa di simile in Francia, con Maremoto, di Gabriel Germinet e Pierre Cusy, dove la simulazione del disastroso evento ambientale era riuscita talmente bene da essere percepita come reale e spaventare il pubblico a casa. Presto, quindi,  si apre una discussione sulle capacità di manipolazione della realtà degli strumenti di comunicazione di massa che continua tuttora, dopo l’avvento di televisione e universo web.

radiodramma
Danger di Richard Hughes

Ma il radiodramma è stato anche poesia e introspezione, capacità di indagine psicologica ed esercizio di stile sul piano della sperimentazione e della musicalità del linguaggio, impegnato costantemente a cercare una riuscita sintesi tra parola e apparato sonoro di sottofondo, che deve essere sempre funzionale a costruire l’atmosfera.
Basti pensare al canto dei grilli in Incontro in una stazione di provincia di Paolo Levi, del 1958, che evoca l’orario notturno in un luogo di provincia. Ma anche la sfida raccolta da Dylan Thomas di scrivere un radiodramma in forma poetica, quando nel 1954, sempre per la Bbc, trasmette Sotto il bosco di latte, in cui, racconta Sacchettini, “l’autore cerca di entrare nel mondo dei sogni degli abitanti di una strana cittadina del Galles, abitata da personaggi folli ed una casa con 66 orologi, ciascuno con un orario diverso”.

Così, anche oggi, nell’ambito di un teatro sempre più multidisciplinare e aperto alle suggestioni della multimedialità, riascoltando il radiodramma si comprende quanta strada è stata percorsa ma anche quante potenzialità possiede ancora questa modalità di fruizione del testo.
Sia per un teatro di ricerca volto a valorizzare la vocalità come parte del corpo, invisibile ma potente, sia come strumento in grado di favorire il teatro come arte inclusiva, sia come forma espressiva in sé, legata indissolubilmente a un preciso momento storico.

In Italia, se è vero che la radio è diventata presto un efficace mezzo di propaganda in epoca fascista, nel dopoguerra ha attraversato un periodo molto produttivo grazie alla concomitanza dei centri di produzione Rai e di studiosi del linguaggio radiofonico quali Jacopo Treves e Cesare Vico Liberovici, è tra gli anni ’60 e ’70 che la sperimentazione raggiunge gli apici con Giorgio Bandini. È il primo, infatti, a proporre il documentario radiofonico, che intreccia riprese audio dal vivo e fiction, con attori che recitano personaggi, a volte veri altre volte di fantasia. Nel 1968 Bandini vince il Premio Italia con Nostra casa disumana, lo seguono nel 1969 Carlo Quartucci con Pranzo di famiglia e nel 1970 Giorgio Pressburger con Giochi di fanciulli. Vengono pubblicati manifesti, nasce il teatro radiofonico d’autore, gli sceneggiati trasmessi per radio a puntate. Fino a quando negli anni ’80 prende piede la radio commerciale e il parlato in radio comincia ad essere considerato pesante. A mantenere in auge la produzione di radiodrammi rimane soprattutto Rai Radio 3.

Prima di concludere, non si può non citare il radiodramma in Germania, che vanta un’eccellenza della drammaturgia come Bertolt Brecht, che si dedica agli studi sul linguaggio della radio fin dagli anni ’30 e del quale ricordiamo uno dei suoi lavori più conosciuti, Il  processo di Giovanna d’Arco a Rouen, 1431 di Anna Seghers, adattato per il teatro, scritto insieme a Benno Besson e presentato al pubblico nel 1952.

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