Come resistere e rimanere in movimento, quando il contesto sociale e la classe dirigente di una Repubblica sembrano inglobare tutto come una nube tossica e velenosa; quando l’odio e la sopraffazione sembrano dividere e cancellare la libertà, i diritti, la democrazia? Rielaborando la recente esperienza del suo Paese, il Brasile, con il radicale passaggio a destra, il coreografo Bruno Beltrão riflette su cosa si verifica quando una scena politica genera disunione, orienta la vita e le persone, restringendo la solidarietà e l’uguaglianza tra i cittadini.
L’arte e le sue diverse comunità possono diffondere crepuscoli di resistenza creativa, cavalcando il rinnovamento. Nell’ambito della programmazione della trentasettesima edizione di Romaeuropa Festival 2022, presso la Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”, lo scorso 19 novembre è andato in scena New Creation, il nuovo lavoro di Bruno Beltrão con la sua compagnia Grupo de Rua de Niterói.
Niterói si trova all’estremità sud-orientale di Rio de Janeiro e proprio da quei quartieri periferici arriva New Creation, portando con sé il tentativo, l’analisi e la comprensione di un mondo con il carico della sua violenza, quasi una risposta alle pratiche repressive dell’amministrazione Bolsonaro. Nuova Creazione, quasi un non titolo, decisamente eloquente, ma del resto, uno spettacolo ha necessariamente bisogno di un titolo? In fondo, ciò che oggi viene definito “nuovo”, con la prossima creazione non lo sarà più.
Bruno Beltrão, nato nel 1979, è un coreografo che utilizza stili di danza urbana, incluso l’hip hop, mescolandoli nel contesto del teatro concettuale, con la poetica e l’estetica della danza contemporanea, delineando paesaggi coreografici astratti. La sua carriera inizia da adolescente, a 12 anni, si racconta in una discoteca dove suonavano la musica di MC Hammer e Sir Mix-a-Lot. Lui e Rodrigo Bernardi si sono catapultati nell’hip hop e hanno iniziato a dare lezioni ai ragazzi della loro età
A 16 anni, nel 1996, Beltrão ha fondato il Grupo de Rua de Niterói con il suo amico Rodrigo Bernardi. Con questa compagnia ha girato teatri e festival in tutto il mondo, anche quando Bernardi ha lasciato il progetto. Nel 2000, ha iniziato a studiare Danza presso il Centro Universitário da Cidade e Storia dell’Arte e Filosofia presso l’Università Federale di Rio de Janeiro. L’anno successivo, ha fatto il suo debutto ufficiale, nell’ambito di un festival locale di Copacabana, con From Popping to Pop che ha segnato il suo percorso fino ad oggi.
Bruno Beltrão è stato riconosciuto vincitore per ben due volte al premio “The Bessies – New York Dance and Performance Awards”, prima nel 2010 con il suo pezzo H3 e più recentemente, nel 2020, con uno dei suoi ultimi lavori Inoah. Le sue coreografie si muovono tra estremi opposti: meditazione e furiosa improvvisazione, morbidezza e ruvidezza, virtuosismo e imperfezione.
Riconosciuto a livello internazionale come un innovatore della scena hip hop, descritto come il William Forsythe del suo genere, Beltrão presta ascolto alla trepidazione della politica per convertirla in energia corporea. Quello che colpisce nelle forme che assume la sua opera è la sua trascinante singolarità. Da H2, presentato al Festival d’Automne nel 2005, ogni sua creazione mette in relazione la velocità con la precisione nella danza.
Mantenendo un fascino grezzo e urbano, l’approccio con il corpo avviene con un metodo razionale e rigoroso che coniuga la musica, lo spazio, l’illuminazione. Qualcosa che va oltre il concetto di forma.
New Creation, oltre a restituire una maturità artistica e autoriale, si mantiene in equilibrio tra politica ed estetica. Alcune costanti della cifra stilistica di Beltrão sono rimaste inalterate nel corso del tempo: lavorare in uno spazio chiaro e nitido, mantenendosi a debita distanza dai cliché tipicamente brasiliani. Ha rinunciato alle sonorità hip hop, a favore di suggestivi suoni elettronici; ha continuato a mantenere la ricerca dell’eleganza in un contesto di rigore. L’illuminazione, progettata da Renato Machado, resta un elemento chiave della sua proposta espressiva.
Per la prima volta, e questo rappresenta una novità, ha ampliato il suo tradizionale ensemble esclusivamente maschile, includendo, per questa creazione, due ballerine contro il mondo maschile rappresentato da otto breaker, i quali sono naturalmente programmati per una danza che si sviluppa sull’asfalto, legata a niente altro che al suolo. E lì vi ritorna Beltrão, con New Creation. Per terra, dove l’atterraggio è maggiormente duro perché forzato. Grande è l’uso delle arti marziali e delle mani che sembrano tremare sotto l’influenza di una volontà esterna. Le ginocchia piegate e i corpi morfologicamente simili determinano uno stato di sospensione. Privati della leggerezza, lottano per rimanere in piedi. New Creation è un pezzo a pezzi, in divenire o in frantumi, schiacciato dalla realtà, ma al tempo stesso è proprio questo a darci una speranza per il suo sequel, adesso che Bolsonaro non è più presidente. E se leggessimo diversamente quel titolo, Nuova Creazione, che sembra rifiutarsi di esserlo? Se al suo interno fosse contenuto un appello, un SOS lanciato agli uomini, anche a Dio, per l’ideazione, la realizzazione di un nuovo pianeta o di un’umanità ben disposta, con un peso più leggero da portare sulle spalle?
Redattore editoriale presso diverse testate giornalistiche. Dal 2018 scrive per Theatron 2.0 realizzando articoli, interviste e speciali su teatro e danza contemporanea. Formazione continua e costante nell’ambito della scrittura autoriale ed esperienze di drammaturgia teatrale. Partecipazione a laboratori, corsi, workshop, eventi. Lunga esperienza come docente di scuola Primaria nell’ambito linguistico espressivo con realizzazione di laboratori creativi e teatrali.