Una città nella città, il Cimitero Monumentale di Ravenna, in cui ha debuttato il 7 ottobre Nephesh-proteggere l’ombra, ideato e diretto da Alessandro Renda, evento conclusivo del prologo alla Stagione dei Teatri 2024-2025. Uno spazio arcano e una soglia da oltrepassare come individui e come comunità. Guidati, attraverso gli auricolari che gli spettatori sono invitati a indossare, dalle parole del testo che Renda ha scritto a quattro mani insieme a Tahar Lamri. Sono infatti Renda e Lamri, insieme a Gemma Hansson Carbone, a dar voce alle domande sul significato della morte, sul modo in cui si elabora un lutto, soprattutto quello di una persona scomparsa prematuramente, su come la morte influenzi il nostro linguaggio. Ma anche su temi molto più concreti e prosaici dell’impatto ambientale che lascerà il nostro corpo, una volta morto, a seconda della scelta tra sepoltura, cremazione o compostaggio umano.
Un dialogo tra l’uomo e la sua ombra, che passa attraverso un complesso e raffinato apparato sonoro, creato da Francesco Tedde, che spazia dalle disturbanti cacofonie ai suoni limpidi e cristallini dell’acqua che sgorga, dalla malinconica Passacaglia della vita al rumore delle ruspe fino al suono nero avvertito all’avvicinarsi di un terremoto. Una sonorità vivida, metallica o sinuosa a seconda del momento, perfettamente incastonata nella narrazione e al tempo stesso autosufficiente in ogni suo singolo segmento.
Questa singolare esperienza sensoriale col quale ogni sera, dal 7 al 20 ottobre, a partire dalle 17, Renda-Lamri accompagnano un pubblico ristretto di 20 persone per volta, sembra volerci trasmettere l’idea che il Cimitero abbia un suo legame vitale, a più livelli, con le persone, la città e il territorio. Molto infatti concorre a percepire il cimitero come rappresentazione, “teatro immobile in cui i defunti sono gli attori che vengono agiti”. Visitati, gratificati con doni floreali, ricordati, pianti, interrogati. La loro vita, sembra dirci Renda, non è cessata, ma passata su un piano diverso da quello sensibile, non per questo meno autentico.
Il cimitero, costruito nel 1817 sulle rive del canale Candiano ed edificato, nella parte monumentale sullo stile delle certose lombarde nel 1878, dall’ingegnere Romolo Conti, è disposto su vari piani. Con i monumenti funebri, le ricercate decorazioni e i raffinati addobbi floreali della parte superiore dove si trovano i personaggi celebri che vi sono sepolti: Corrado Ricci, Luigi Rasi, Filippo Mordani, Francesco Negri. Mentre gli oscuri anfratti delle tombe sotterranee, che vengono visitate nella seconda parte della passeggiata, in una sorta di pellegrinaggio onirico, procedendo lentamente e illuminati dalla luce fioca dei fiammiferi, riportano al tema della morte legato all’oscurità, alla stagnazione, all’oblio.
Tra l’uno e l’altro, però, il lungo e articolato tragitto nel bios del cimitero oggi: la sovrapposizione stratigrafica del terreno, gli stili architettonici, le incisioni, le foto, le sculture, i materiali usati, i diversi tipi di sepoltura, i terreni ancora incolti, le tombe dei caduti in guerra, il paesaggio austero attraversato da mausolei e imponenti tombe di famiglia.
Quando, attraverso una scalinata, il pubblico raggiunge lo spazio dell’ossario, agli spettatori viene chiesto di prelevare ciascuno un biglietto da un contenitore. Ogni foglietto arrotolato contiene la breve biografia di un defunto e una sua immagine: ad esempio, un soldato francese caduto durante la prima guerra mondiale, uno scienziato squilibrato alla ricerca dell’elisir dell’eterna giovinezza, deceduto dopo essersi iniettato il sangue di un giovane malato di tubercolosi; un illusionista, Tommy Cooper, morto di collasso durante un suo spettacolo, solo che lo spettacolo era talmente comico che il pubblico non si è accorto che era morto sul serio. Queste e tante altre piccole perle biografiche, alcune tragiche, altre umoristiche coi quali il pubblico spezza la tensione e sorride.
Diversi anche i momenti tattili-olfattivi durante il percorso: toccare la pietra, aprire il tappo di una bottiglietta da cui si sprigiona odore di sapone e lavanda, prendere un fiore dalle mani del regista e scegliere a chi donarlo tra il pubblico. Non sono mancati i momenti di commozione ed empatia, ascoltando le parole sulla morte Elisabetta, la figlia quattordicenne di Renda e il senso di rabbia e di ingiustizia che lo ha accompagnato per tanto tempo. Ǎgape e Thanatos. Nephesh-Proteggere l’ombra è una co-produzione Teatro delle Albe-Ravenna Teatro, patrocinato dal Comune di Ravenna e in collaborazione con Marco Turchetti e Azimut-Servizi Cimiteriali, che ha commissionato l’opera per sensibilizzare le persone sulla possibilità di vivere il luogo del cimitero non solo come deputato alla memoria ma anche come luogo di arte, cultura e identità collettiva.
Insegnante di italiano come seconda lingua, formatasi all’Università per Stranieri di Siena, giornalista pubblicista iscritta all’Ordine laureata in Filosofia e Beni culturali all’Università degli Studi di Bologna, una grande passione per il teatro. Pirandello, De Filippo, Pasolini e le avanguardie del Novecento i preferiti di sempre.