GIURAMENTI, nuova produzione di Teatro Valdoca, è diretto da Cesare Ronconi e scritto da Mariangela Gualtieri per dodici giovani interpreti d’eccellenza. Frutto di tre mesi ininterrotti di lavoro, tra prove e vita in comune, a L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, è un grande affresco che coraggiosamente tenta un modo radicale, plenario e arcaico di fare teatro, e torna al cuore del lavoro trentennale della compagnia.
Nasce con GIURAMENTI il corpo di corpi, il Coro, con la sua fluida empatia, la sua grande vitalità di movimento, fra danza e scatto atletico, e la sua voce fatta di voci che cantano, che gridano in faccia al mondo la propria inquietudine, l’amore, l’ardore, o sussurrano una sapienza enigmatica, in linea col Coro della tragedia arcaica. Dal Coro spiccano i singoli interpreti coi loro a solo intensi e teneri. I Giuramenti chiamano attori e spettatori a farsi insieme comunità teatrale, in un patto duraturo con la propria pienezza, “fedeli a se stessi e al mistero”, in questo tempo che spegne e separa.
Per il debutto romano di GIURAMENTI al Teatro Vascello di Roma dal 21 al 25 Marzo, intervistiamo l’autrice Mariangela Gualtieri, fondatrice del Teatro Valdoca insieme a Cesare Ronconi. Poeta e drammaturga, in ogni allestimento di Ronconi è presente e partecipe, pronta a captare il giro di forze della scena e a dare ad esso parola. Fin dall’inizio cura la consegna orale della poesia – con letture di versi in Italia e in vari paesi del mondo – dedicando piena attenzione all’apparato di amplificazione della voce e al sodalizio fra verso poetico e musica dal vivo. La sua attività pedagogica è ininterrotta, con laboratori di scrittura e, attualmente, di lettura di versi al microfono.
Mettiamo insieme una comunità provvisoria
e ritentiamo quel miracolo: il teatro.
Il grande teatro, quello in cui la scena si riempie
di forze che per contagio e straripamento e forza d’urto
arrivano a toccare il cuore dei presenti
Mariangela Gualtieri
GIURAMENTI, una polifonia corale. Qual è il prius logico da cui ha avuto origine l’opera? Come viene sviluppata l’indagine sulla realtà immanente a partire dalla tragedia classica?
Sì, è davvero una polifonia corale, quella di “Giuramenti”, ed è nata, come spesso i lavori di Cesare Ronconi, non da una precisa progettualità. È una sorta di germe luminoso, quello che da cui tutto prende avvio, e certo i corpi, le facce e le voci degli attori e delle attrici – cercati con tanta accuratezza – sono stati di per sé parte fondante della scrittura drammaturgica. La tragedia classica sta in noi ben riposta, ben digerita, dentro un’idea di origine che non riguarda il tempo cronologico e che teniamo viva ora, al presente. Ciò che si è amato resta, resta sempre e opera in noi. Qualcosa attraversa la storia e si mantiene vivo al di là delle mode: questo cerchiamo, quel punto dell’espressione che appartiene all’oggi, ma non del tutto, e ha in sé la densità per una tenuta che può dialogare con chi verrà poi.
L’uso del verso in Teatro. Come si pone scenicamente l’utilizzo della parola in questo spettacolo rispetto ai lavori precedenti?
Ci sono assilli della regia, quelli stessi che poi connotano ogni arte che sia tale, e qui si manifestano nella frontalità del dire, nel rifiuto di ogni seduzione, nel sostegno di tutti al dire di ognuno, nello schivare ogni strategia o astuzia scenica, o artificio. Rispetto ai lavori precedenti qui è certo maturata l’energia espressiva del coro, anche per via del modo particolare in cui si sono svolte le prove, in una esperienza di totale condivisione: la parola poetica entrava quasi in ogni momento del quotidiano, dalle incursioni nel bosco dove veniva ripetuta coralmente, fino alla manifestazione bolognese contro la violenza alle donne, nella quale attori e attrici si sono trovati quasi spontaneamente a gridarla insieme.
La trasmissione del suono attraverso l’attore: in che modo il processo creativo di scrittura si è misurato con la molteplicità dei corpi e delle voci degli attori presenti sulla scena?
Io ho convissuto con loro nei tre mesi di prove ed ho scritto il testo in questo periodo di tempo. Ho cercato parole per ognuno, lavorando la notte e poi portando loro l’indomani quanto ero riuscita a comporre. Li ricordo come momenti di grandissima intensità e di condivisione profonda: loro sapevano che io mi stavo mettendo a nudo, portando una parola ancora non perfettamente decantata, non ripulita né ri-meditata. Erano davvero momenti ad alta intensità del sentire, fortemente stimolanti per me, anche se spesso annaspavo in una sorta di panico, in attesa che le parole arrivassero. Poi ascoltavo sempre con grande attenzione le loro reazioni, sia emotive che razionali.
Dagli albori passati agli allori del presente. Quali sono stati i momenti fondamentali del percorso umano, poetico e politico del Teatro Valdoca?
È sempre difficile per noi avventurarci dentro uno sguardo storico e fare un bilancio. La nostra adesione al presente ci fa sentire sempre esordienti e l’apice del percorso poetico, umano e politico è sempre adesso. Certo tutti i grandi affreschi, da “Ossicine” che fu il primo, a “Fuoco Centrale” o “Parsifal”, o “Paesaggio con fratello rotto”, fino a “Caino” e ora a questo “Giuramenti”, tutti i grandi affreschi restano tappe memorabili per noi e per chi vi ha partecipato, proprio perché l’umano, il poetico e il politico si sono tenuti insieme, potenziandosi a vicenda.
Letteratura e Teatro. L’incontro nel 1985 con Milo De Angelis e gli anni della Scuola di Poesia.
Ah, Milo! L’incontro con lui è stato talmente fatale per me, ma anche per l’arte di Cesare, che ancora lo ricordiamo come un dono gigantesco, anche per il momento ed il modo in cui è avvenuto. Dopo i primi tre spettacoli in assoluto silenzio cercavamo una parola in consonanza col nostro sentire e a quel punto è arrivato fisicamente Milo e quella parola ce la ha messa fra le mani. Da allora solo il verso ha potuto abitare la nostra scena. Poi ideammo la Scuola di Poesia che allora era credo una delle prime esperienze del genere, e anche l’incontro e la frequentazione dei maggiori poeti italiani di allora, contribuì alla mia maturazione poetica. Dopo qualche anno sono nata come poeta e la prima persona alla quale ho fatto leggere i miei primi versi è stato Milo, appunto, per me un lettore capace di un ascolto vertiginoso, un auscultatore sapiente e imparziale fino alla ferocia. Con lui poi feci “Antenata”.
GIURAMENTI
regia, scene e luci Cesare Ronconi
testo Mariangela Gualtieri
drammaturgia del corpo Lucia Palladino
con Arianna Aragno, Elena Bastogi, Silvia Curreli, Elena Griggio, Rossella Guidotti, Lucia Palladino, Alessandro Percuoco, Ondina Quadri, Piero Ramella, Marcus Richter, Gianfranco Scisci, Stefania Ventura
cura e ufficio stampa Lorella Barlaam
guida al canto Elena Griggio
costumi Cristiana Suriani
proiezioni Ana Shametaj
collaborazione luci Stefano Cortesi
service audio Andrea Zanella/ Michele Bertoni
costruzioni in legno Maurizio Bertoni
scultura in ferro Francesco Bocchini
produzione Teatro Valdoca
con la collaborazione di L’arboreto-Teatro Dimora di Mondaino,Teatro Petrella di Longiano
con il contributo di Regione Emilia-Romagna, Comune di Cesena, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna
Foto Maurizio Bertoni
Redattore