Flavio Albanese affronta il grande racconto del Tempo affrescato dall’autore Francesco Niccolini con grande maestria attoriale mettendo in scena un’esplorazione scientifico-performativa all’interno del vitale filone di ricerca del teatro per bambini – un atto di estrema importanza e rilevanza culturale nell’ottica di “coltivazione” del pubblico del domani. L’Universo è un materasso è un racconto diviso in quattro capitoli dove, a partire dall’origine del tutto attraverso il mito – in particolare la teogonia di Esiodo – si analizzano le intuizioni filosofiche di Aristotele e Tolomeo messe in discussione e confutate poi dalla rivoluzione copernicana. Albanese, nell’ultimo capitolo del racconto, giunge fino al Novecento, nell’epoca di Einstein e dei Quanti, in cui l’uomo ha cominciato a comprendere che non solo le cose non sono come sembrano, ma probabilmente tutto – come in teatro – è solo illusione. Il sapere scientifico contenuto nel testo di Niccolini declinato attraverso le diverse intuizioni registiche di Albanese trova una perfetta sintesi in una rappresentazione in grado di donare un’altra goccia di mistero e di splendore all’Universo (teatrale) in continua espansione.

Flavio Albanese in L’universo è un materasso ph. Virginia Bettoja
Dalla teogonia di Esiodo ad Aristotele e Tolomeo, per arrivare alla rivoluzione copernicana e poi ad Einstein e ai Quanti. Una maratona scientifica che tra domande esistenziali, metafore ardite, riflessioni malinconiche e grande ironia riesce a rendere accessibili a tutti anche i concetti più complessi, senza svilire l’incanto della complessità. Quali sono le domande fondamentali da porsi durante la costruzione di uno spettacolo rivolto (anche) ai bambini?
Nell’Eneide di Virgilio, la Sibilla chiede ad Enea se ha una domanda: altrimenti, non può portarlo nel regno delle ombre. Quando un essere umano inizia a farsi domande, vuol dire che una parte di lui è in movimento… verso la parte immortale di sé. Questo atteggiamento interiore permette che tutto diventi possibile, perché la domanda è l’accesso all’infinito, è la chiave per il processo della Creazione.
Ultimamente ho notato che si fanno molte domande specialmente sui “social”, ma stranamente, se fai attenzione, queste domande sono già preconfezionate, le vendono dappertutto e addirittura le regalano. Ma quando le regalano va a finire che le paghi molto più care… È facile osservare che, per un meccanismo molto umano, strettamente connesso al generale bisogno compulsivo di gratificazione, le opinioni si confondono con la conoscenza e quindi le domande diventano risposte preconfezionate, dunque domande puramente retoriche. È una trappola in cui tutti rischiamo di cadere, sempre.
Questo vale anche per una comunità o una società, quindi nella sua espressione massima per il Teatro.
Un maestro che continua ad ispirarmi è Socrate: il suo riferimento erano i bambini, o meglio l’atteggiamento che hanno i bambini, quella estrema voglia di conoscere, l’amore per la conoscenza, una sorta di possessione del Dio Eros che ti fa amare tutto… Il processo mentale dei più grandi scienziati e filosofi è semplice e senza pregiudizi o preconcetti, come quello di un bambino. Per questo, per paradosso, le teorie della relatività, dei Quanti o la Metempsicosi sono più accessibili alla mentalità di un bambino.
La domanda che mi faccio sempre è: cosa sto mettendo in scena? Le mie nevrosi? Sto facendo uno spettacolo “solo per adulti?” O sto cercando di fare uno spettacolo per tutti?
Per sviluppare una mente completa studia la scienza dell’arte, studia l’arte della scienza. Sviluppa i tuoi sensi, impara soprattutto a vedere. Comprendi che tutto è connesso”, scrive Leonardo Da Vinci, artista e scienziato che ti è caro e al quale hai dedicato lo spettacolo Il codice del volo.
“L’amore per le cose nasce dalla conoscenza che hai di esse”, scrive Leonardo. Un mio caro amico che è un Sufi – e quindi un grande conoscitore di temi spirituali – mi ha fatto notare che quando Amore e Conoscenza viaggiano insieme generano la Bellezza e quando la Bellezza si manifesta l’Anima respira. Grazie Attilio. Aggiungerei una frase di un discorso di un altro mio vecchio amico: “Le scienze e le arti che muovono per piacere gli animi umani alla verità sono più utili delle leggi che forzano senza persuadere”. Bernardo Tanucci, 1668-1783. Ecco tutto.

Flavio Albanese in L’universo è un materasso ph. Virginia Bettoja
Stai portando avanti un progetto di Teatro-Scienza, collaborando con il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Milano. Come è nata la collaborazione con il prof. Marco Giliberti?
Diversi anni fa il Piccolo Teatro di Milano lavorava su progetti di Teatro e Scienza, erano progetti ideati da Giovanni Soresi, che è stato uno dei miei maestri di Teatro e di Vita. Questi progetti coinvolgevano scuole, professori, studenti, scienziati, imprenditori in attività che proseguivano per un anno intero ed alla fine dell’anno si organizzava un festival di Teatro Scienza, bellissimo! Giovanni mi ha fatto coordinare diversi eventi e fra questi c’erano anche degli spettacoli realizzati da tre divertentissimi professori della facoltà di fisica della Statale di Milano. Marco Giliberti, Marina Carpineti e Nicola Ludwig.
Loro non fanno degli spettacoli ortodossi, sono sgangherati, ma hanno una tale carica e un tale entusiasmo per quello che insegnano che riescono ad attirare e divertire qualunque tipo di pubblico, dai bambini agli adulti. Con gli anni mi hanno travolto nel loro mondo e nei loro progetti e abbiamo collaborato in moltissime occasioni. Loro insegnano per vocazione e quando parlano di scienza, di esperimenti e di misteri dell’universo li rendono comprensibili anche ad un ragioniere come me (io sono diplomato in ragioneria). Da allora, quando preparo i miei lavori, faccio sempre lunghe chiacchierate con loro: su Leonardo, su Platone…
Per l’ultimo, “L’universo è un materasso”, scritto da Francesco Niccolini, Marco ci ha fatto una consulenza scientifica e molte battute comiche le ho rubate proprio a lui! Per non parlare del titolo, che era il suo modo per spiegarci che l’universo non è vuoto ma pieno e lo spazio si curva anche quando passa la luce…
Quali domande e commenti dei bambini ti hanno colpito di più?
Una volta, durante Il codice del volo, uno spettacolo su Leonardo Da Vinci, un bambino continuava ad intervenire sulle mie battute. Dopo pochi scambi improvvisati, ho capito che su Leonardo era preparatissimo e che nessuno lo aveva accompagnato a teatro, era da solo…. Un ragazzino! L’ho fatto salire sul palco con me e ho continuato lo spettacolo insieme a lui. Lui mi ha seguito con rigore e ironia e lo spettacolo è andato benissimo, è durato un po’ di più, ma tutti erano increduli e convinti che fosse una cosa preparata. Il teatro è prima di tutto comunità. Alla fine dello spettacolo, quel bambino si è presentato: “Mi chiamo Leonardo”.
Ecco, quello strano caso di omonimia mi ha commosso. Leonardo da piccolo fu allontanato dalla mamma e il papà non lo considerava molto, passava molto tempo da solo e con lo zio… devo aggiungere altro? Un’altra volta ho chiesto al pubblico: “Sapete qual è il centro dell’universo?”
Un bambino in giacca, cravatta e gilet, con occhiali e riga al centro ha alzato la mano e mi ha detto, con un erre moscia alla Giovanni Agnelli: “Mio padre mi ha detto che al centro dell’universo c’è una Banca!”
Questa battuta l’ho messa in molti miei spettacoli e da allora pago una percentuale sugli incassi al padre del ragazzo…
L’Universo è un materasso è dedicato “a chi crede e non smette mai di crederci”. Tu in cosa credi?
“Credo che sia la fede a fare il miracolo e non il miracolo a fare la fede”.
Questo me lo ha insegnato la mia compagna di vita e di scena Marinella Anaclerio e a lei credo lo abbia insegnato un suo caro amico: Fedor Dostoevskij. Lei ha messo in scena i Fratelli Karamazov, ha lavorato 10 anni per scrivere e realizzare una edizione teatrale e alla fine ha messo in scena uno degli spettacoli più belli in cui io abbia mai recitato. Io avevo il ruolo di Ivan ed è stata un’esperienza che mi ha formato anche come uomo.
Recitare Dostoevskij o Shakespeare o autori così profondi è una fortuna, basta semplicemente seguire le loro parole, il loro pensiero e con umiltà imparare da loro le profondità dell’essere umano. Tutto va da sé quando reciti questi grandi. Il nostro lavoro è proprio cercare di rispettare il più possibile il testo e così tutto diventa più bello e meno faticoso, anche “vivere”.
Ultimamente assisto a ingenui tentativi di cambiare i testi classici, di stravolgerli, di riscriverli o di “violentarli”. Dico ingenui perché lo ritengo uno sforzo inutile, che spesso ha come risultato la perdita della poesia: ci si arrovella con pippe private, si mostrano i muscoli nel tentativo di un volo… ma il volo, poi? Per recitare bene quei testi basta solo “recitare il testo”, senza cambiare nulla. Si fatica di meno, si impara di più, ci si diverte tanto e si fa divertire anche il pubblico, “rendendo accessibili a tutti anche i concetti più complessi, senza svilire l’incanto della complessità”, per riallacciarmi alla tua prima domanda.
La frase che guida La Compagnia del Sole è “la semplcità è complessità risolta”.
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L’universo è un materasso
Diretto e interpretato da Flavio Albanese
Scritto da Francesco Niccolini
Collaborazione artistica e Luci Marinella Anaclerio
Scena da un idea di Marco Rossi e Paolo Di Benedetto
Assistente alla regia Vincenzo Lesci
Foto e Video DIANE Ilaria Scarpa Luca Telleschi
Consulenza scientifica Prof. Marco Giliberti
Consulenza musicale Roberto Salah-addin ReDavid