Lisistrata e la duplice violenza del maschile

Giu 24, 2025

Per la 60° Stagione al Teatro Greco debutta a Siracusa con Lisistrata di Aristofane la regista Serena Sinigaglia,con Lella Costa nel ruolo di protagonista e un ricco cast composto da Marta Pizzigallo, Cristina Parku, Simone Pietro Causa, Marco Brinzi, Francesco Migliaccio, Stefano Orlandi, Pilar Perez Aspa, Giorgia Senesi, Irene Serini, Aldo Ottobrino, Salvatore Alfano, Didi Garbaccio Bogin, Beatrice Verzotti, Alessandro Lussiana, Stefano Carenza e le giovani attrici e i giovani attori dell’Accademia della Fondazione INDA.

La scena firmata da Maria Spazzi è dominata da un grande telaio i cui bandoli rossi si dipanano per tutto il palco suggerendo l’idea di una matassa incontrollabile. Lo spettatore intento a scoprire il significato di quell’immagine è presto accontentato dalle parole della stessa Lisistrata: si tratta dei fili del governo, della politica che persegue l’interesse del più forte e dimentica il bene e il giusto. L’esito della peggiore politica è noto, è la guerra. In questa trama lacera e intricata, con abiti altrettanto lisi si muove smarrito il personaggio della Pace – non presente da testo e voluto da Sinigaglia, interpretato dalla danzatrice Giulia Quacqueri.

Il testo e la regia pongono così fin da subito la questione: chi è che paga la scelta di pochissimi di andare in guerra? In questa gerarchia di sconfitti, emergono le donne; madri, mogli, sorelle di uomini mandati a morire da altri uomini che, incapaci di fare politica per la città finiscono per farla contro la città. Aristofane intercetta in questo senso una delle chiavi di lettura più feroci e squallide del maschile, vale a dire il bisogno di violenza declinato su due livelli: le relazioni pubbliche e quelle private. Per entrare nel vivo del concetto ne abbiamo parlato con la regista.

Nella costruzione di un nuovo spettacolo lei talvolta parte da “l’impulso informe”, vale a dire un’urgenza comunicativa primaria a partire da cui articolare il lavoro. Nella messa in scena di Lisistrata qual è stato l’impulso che ha seguito?

Serena Sinigaglia: Il mio impulso informe, – termine che ho rubato a un grande maestro del teatro del Novecento che è stato Peter Brook – leggendo e lasciando risuonare le parole di Aristofane, si muoveva su due piani. Il primo è stato: qui si parla di qualcosa di profondamente tragico, di profondamente serio, si ride ma si ride di qualcosa che è serissimo, cioè la guerra, e questo testo è un’operazione sana e feroce di satira contro i malgoverni che ci portano alla guerra. Aristofane da autore enorme quale era riesce a declinare un discorso politico, cioè il malgoverno genera la guerra e la guerra genera la fine della civiltà, anche nel rapporto tra i sessi, che è forse la parte più famosa del testo. Ma in realtà queste due parti a mio avviso sono parimenti importanti perché sono lo stesso concetto declinato uno su una visione pubblica e l’altro su una visione privata, cioè se le relazioni tra gli esseri umani si fondano sulla violenza e sul possesso non possono fare altro che creare distruzione; se le relazioni umane si rivolgono all’amore, alla cura, alla comprensione, all’ascolto, invece, creano.

Questa polarità tra due modi di costruire e decostruire i rapporti è enfatizzata in scena dall’opposizione donna-uomo. Lo spettacolo si articola in un susseguirsi di quadri, arricchiti dai movimenti di Alessio Maria Romano e dai canti della coppia Francesca Della Monica, Ernani Maletta, in cui la fedeltà al giuramento di castità prestata dalle donne – ora nei panni della cerchia politica di Lisistrata, ora nella terna delle vecchie o ancora nel coro delle giovani – ha la meglio sull’inconsistenza delle ragioni degli uomini. Lo scontro tra i due sessi apre a due visioni del mondo antitetiche, ben sintetizzate dallo strumento del telaio: da un lato la pazienza e la cura del femminile, dall’altro l’irruenza e l’irascibilità del maschile. Qual è in questo contesto la funzione dell’espediente centrale dello sciopero del sesso?

S.S.: Qui arriviamo al secondo forte impulso che ho sentito di dover seguire: il sesso è solo una metafora, un pretesto per parlare della qualità di relazione nei rapporti. È una metafora fortissima perché l’istinto sessuale è identico nella relazione tra due individui ma sta alla base anche dell’impulso di guerra, le armi stesse sembrano delle protuberanze simili a quel maschile che Aristofane irride. Sentivo il bisogno che in questo quadro ci fosse anche eleganza, grazia, che non ci fosse mai scontatezza, che non si cadesse mai nella parodia, che si tenesse sempre presente questa luce della disperata ricerca di pace senza l’illusione di trovarla ma con l’intenzione di non smettere di cercarla. E che quella rivoluzione è una rivoluzione anche nella qualità di relazione tra gli individui, questo è stato l’impulso che mi ha guidata alla messa in scena.

Questo bisogno di grazia, eleganza, fuggendo il rischio di cadere nella banalità così come nel registro comico-grottesco di Aristofane, è perfettamente rappresentato dalla figura di Lisistrata. Da un punto di vista registico cosa ottiene in questo modo il suo personaggio?

S.S.: In primo luogo, ottiene il fatto di essere super partes e questo aiuta il meccanismo comico, perché diventa così l’unica figura raziocinante in un mondo in preda agli istinti dionisiaci; questo suo essere assennata crea di per sé un contrasto comico che credo Aristofane avrebbe apprezzato. Francamente io penso che anche Aristofane la vedesse così perché questo aspetto sacerdotale, serio, le è proprio, anche se poi di fatti è semplice razionalità. Lisistrata è una persona intelligente che usa la sua intelligenza per cercare di portare buonsenso intorno a sé, ma se intorno a sé c’è il circo e il delirio, questo oltre a ricordarci come siamo ridicoli e pericolosi quando silenziamo la ragione, mi permetteva di potenziare anche la dinamica comica. In questo va poi sottolineata la bravura di Lella Costa, l’attrice perfetta per fare questo ruolo perché ha intelligenza, eleganza, grazia ed è dotata di un’ironia sottile e credo che poi all’atto pratico il pubblico abbia compreso e apprezzato questa scelta.

Nel corso delle repliche ho visto che ridono moltissimo, poi si commuovono e restano, giustamente turbati dalla serietà della materia. D’altronde il meccanismo di questa commedia è quasi perfetto, quasi tutta la commedia successiva ha imparato su Aristofane e Lisistrata è uno dei testi su cui più si impara, non mi serviva neanche capire come far ridere perché a questo ci aveva già pensato lui. Ho pensato che il mio dovere fosse far emergere tutta la profondità del discorso, tutta la rivoluzione politica, tutta la grazia e perfino la forma ironica di sguardo verso un’umanità che sembra proprio non essere all’altezza della situazione.

Segui Theatron 2.0

Pubblicità

Bandi  e opportunità

Ultimi articoli