Articolo a cura di Sara Raia
Infamous Offspring è un universo altro tessuto da Wim Vandekeybus che incanta il Teatro Bellini di Napoli sin dai primi silenziosi istanti, rotti da una figura minuta che si dimena con movimenti animaleschi e acrobatici. Efesto presenta sé stesso dirigendosi verso la tela che attende il compimento dei suoi disegni. Mentre agisce indisturbato dando vita alla propria opera, gli altri personaggi appaiono sulla scena. Come ghepardi, i performer si muovono velocemente, formando spirali corporee con rotoli, slanci, salti e giri. I corpi sono accovacciati a terra, poi si spostano tramite ruote, verticali, incessanti corse dalle traiettorie concentriche. La frenesia dei corpi si placa d’improvviso: la tela brucia.
La platea è pervasa dall’odore della carta incenerita, mentre sulla scena si delinea un quadro dinamico che unisce passato e presente mediante il sapiente lavoro compiuto dalla compagnia Ultima Vez.
I diversi pannelli presenti in palcoscenico divengono manifestazione del teatro nel teatro. Quello più grande, posto in basso, proietta Tiresia intenta a governare gli dèi, l’altra proiezione, come in un film 3D, rende visibili Zeus ed Era, che discutono sulla sorte dei figli. Emerge, dunque, un laborioso andamento caratterizzato dall’alternanza di media artistici. Il senso è già tutto qui: una spettacolarità in evoluzione costante dà prova di un’opera d’arte totale. Un dialogo interculturale e transmediale: un cast di artisti di diversa origine e provenienza mette in scena un messaggio secolare in una chiave nuova e interdisciplinare.
Il regista e coreografo sceglie di prelevare dalla classicità quindici personaggi mitologici, cuciti ad hoc su ciascun interprete per conferire loro una forma nuova e originale. Ares, Afrodite, Apollo, Artemide, Callisto, Ebe, Psiche, Amore, Ermes, Dionisio, Atena, oltre ai già citati Tiresia, Efesto, Era e Zeus, ognuno raccontato attraverso il disegno, la danza, la recitazione.
Si susseguono momenti violenti, erotici, passionali, energici: l’ira degli dèi di cui scrivono in primis i nostri autori classici, è rappresentata da un vorticoso ensemble di performer. Si assiste alla lotta tra gli dèi, alla volontà di supremazia, al dolore, al desiderio di vendetta e all’amore più disperato. Sono molti i momenti che colpiscono ma, più di tutto, ciò che ipnotizza è il corpus del progetto. Con un ottimo groove, ognuno alterna il floorwork ai momenti di contact e ai soli, rompendo la quarta parete e richiamando l’attenzione degli spettatori. Al grido di “all change” e “a revolution”, i personaggi rendono manifesta la furia dell’Olimpo con enveloppés, grand battements e movimenti sempre più decisi. I performer manifestano un’energia singolare e ogni figura danza al ritmo del non abbiamo più speranza, quando il cerchio visibile sulla proiezione si restringe sempre di più per aprirsi sulla scena tramite il gruppo che si espande esplodendo in movimenti nervosi, scattosi, scomposti. Le scelte musicali sono colonne portanti dell’intera performance, quando le mani battono al suolo il corpo diviene strumento emotivo e conoscitivo. La si potrebbe definire una sfida, quella di mettere in scena la mitologia greca in uno spettacolo multidisciplinare di 110 minuti: e se così fosse, vale la pena notare l’esito positivo rappresentato da Infamous Offspring. Il lavoro di Ultima Vez dà prova di una minuziosa conoscenza della tradizione classica e della capacità di non fermarsi a una semplice rappresentazione ma di mettere in scena uno sforzo ermeneutico congiunto per sviluppare una pièce intermediale.
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