Accade che le vite di quelli che abitano la stessa casa, si ripetano ciclicamente, riproponendo, con puntuale crudeltà, il medesimo schema di fallimenti e dolori da cui sembra impossibile emanciparsi. Accade che i genitori traccino, vivendo, una linea di sofferenza e accade che all’interno vi precipitino i figli e i figli di quei figli.

La comune accidentale racconta questo ciclo, il movimento del negativo, allo scopo di mostrare l’inceppo nascosto nel modello familiare. Inoltre, questo testo pone un quesito:

fino a dove può spingersi la misericordia? E cosa intendiamo quando parliamo di ospitalità? Termini che sfiorano e talvolta ingombrano il dibattito pubblico. Parole che il nostro mondo usa di continuo e precipitosamente, senza riconoscerne il senso; parole che mettono soggezione e che potrebbero suggerire l’ipotesi di un altro mondo. Di altre forme di vita. Magari migliori. La comune accidentale prova a spingere al limite il significato di questi vocaboli, radicalizzandone il senso, portando alle estreme conseguenze ciò a cui essi velatamente alludono. Solo in questo modo, ovvero radicalmente, si può conoscere ciò che fingiamo di poter gestire, rimandare o centellinare: la misericordia.

Poniamo allora domande del diavolo: cosa accadrebbe se qualcuno si mostrasse realmente misericordioso? Quanto è possibile esserlo?

C’è in Caterina, la madre, il radicalismo di una scelta involontaria e potente, che la spinge ad accogliere il prossimo in una sorta di grande comune, facendosi carico degli altri. Amici intimi, fortuiti, parenti, acquisiti. E nella stanza accanto, i figli assistono a questa logorante processione. A questo enorme, radicale, mortale atto d’amore.

Quanto è giusto? Quanto è sano? Quanto è necessario? Altre domande del diavolo!

Si è scelta la figura di una madre per rappresentare questa possibilità. Madre è, del resto, nel nostro mondo, metafora del dare. E se le nostre vite, come i nomi, sono puri accidenti, alla madre di questo testo accade di agire per il bene di tutti in maniera quasi involontaria. Accidentale, appunto. La sua casa è la messa in scena di un’utopia, di un atto politico naturale, istintivo e assoluto. E dunque plausibile. La comune esiste nell’agire quotidiano e nella possibilità di un tessuto umano i cui fili si leghino con la stessa implicazione del DNA. Anzi, con una forza di gran lunga maggiore.

Questa madre genera parentele, più che figli.

Un’ultima domanda cruciale: la misericordia, la si può fare?

Anno di stesura: 2020

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Numero pagine: 45

Numero personaggi: 7 e poi ombre, spettri di altri passanti

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Testo già rappresentato: NO

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