Superando le logiche ministeriali, fuoriuscendo da criteri e valutazioni, tabelle e punteggi, cosa rende un festival meritevole di attenzione e di sostegno?
Forse il radicamento territoriale, l’elezione a riferimento esclusivo in luoghi le cui politiche culturali prevedono un’offerta di taglio mainstream, la capacità di riservare agli artisti e alle artiste condizioni di lavoro che non ne ledano la dignità, o ancora il consolidamento comunitario.
Ebbene, se la funzione sociale del teatro e della cultura può essere considerata un obiettivo perseguibile e non solo una chimera che si forgia della propria irraggiungibilità per deresponsabilizzare, realtà come Strabismi Festival andrebbero elette a strumento d’analisi per indagare l’incidenza di una manifestazione artistica sul funzionamento e, insieme, il ripensamento delle strutture sociali su cui riverbera.
A Cannara, piccolo borgo in provincia di Perugia che conta 4.180 abitanti, la determinazione del collettivo che opera in seno a Strabismi, in collaborazione con l’amministrazione locale, ha contribuito alla rivitalizzazione di spazi cittadini in disuso: un ostello con una capacità ospitale di circa 100 posti; un museo abbandonato a se stesso, oggi divenuto spazio dedicato a performance, presentazioni di libri e all’allestimento di mostre d’arte contemporanea (la prima Athazagorafobia dell’artista Mattia Ammirati visitabile fino alla fine del 2022); la ristrutturazione, in corso, del Teatro Ettore Thesorieri.
Azioni concrete, diffuse, simultanee che convergono in un’opera di rigenerazione capace di interessare i luoghi della cultura cittadina, oltre che la cittadinanza stessa, ben al di fuori dei confini temporali di un festival.
In un processo di crescita costante, Strabismi sta dimostrando di essere una realtà che si assume la responsabilità di definirsi identitariamente con una pratica di lavoro e una linea artistica che tengono insieme il piano quotidiano del vivere nel proprio tempo e nei propri luoghi, e quello extra quotidiano dell’arte.
Il 2022 segna l’ottavo anno di vita di Strabismi. Episodio VII – Una nuova speranza è il titolo dell’edizione che si è svolta dal 17 al 24 settembre e che sancisce l’avvio di una trilogia ispirata alle saghe cinematografiche.
Con Strabismi Festival una nuova speranza sembra davvero possibile, soprattutto se si guarda a due dati particolarmente interessanti che hanno a che fare con le scelte di direzione artistica: una preminenza di artisti e artiste giovani in cartellone e la moltiplicazione del punto di vista femminile. Non un manifesto programmatico ostentato, non una traccia tematica dichiarata, la sola dimostrazione che le soluzioni ai problemi di rappresentanza, e rappresentazione, esistono e sono facilmente attuabili.
I curatori di Strabismi Festival Alessandro Sesti e Silvio Impegnoso – coadiuvati da un ampio staff di professionisti e professioniste under 35 – hanno saputo tradurre di nuovo su un piano concreto l’esperienza maturata nella frequentazione, in qualità di artisti, del settore teatrale. Con ciò a dire che Strabismi è un festival pensato da artisti per artisti, che non tratta l’emergenza artistica come un tassello del mosaico qualitativo della propria offerta, ma come il centro catalizzatore di una proposta. L’idea è valorizzare quelle esperienze che, oltrepassando l’anagrafica, siano già in grado di mostrare una visione e una direzione scenica e politica degne di nota.
Di fatto, ogni anno il festival dedica parte delle proprie attività al lavoro di un artista o di una compagnia. È il caso di Silvia Torri e Rita Giacobazzi, fondatrici della compagnia Créature Ingrate, che hanno tenuto il laboratorio “(Non) Siamo oggetti” e portato in scena lo spettacolo Flirt.
La compagnia, operante tra Italia e Francia, conduce una ricerca sulla narrazione e sulla concezione del femminile nella società contemporanea, scegliendo come mezzo d’elezione il teatro d’oggetti. In Flirt, l’attrice e manipolatrice Silvia Torri anima oggetti d’uso comune che diventano i personaggi di fugaci storie d’amore, sorte e dissolte tra i meccanismi da fast food sentimentale delle app d’incontro. La protagonista, un femidom, si lancia in una giostra di frenetici speed date che mostrano l’ossatura e il disagio di meccanismi relazionali diffusi. Silvia Torri costruisce un percorso narrativo che interseca in maniera agile e intelligente diversi registri, insistendo sulla libertà sessuale femminile e la sua relativa demonizzazione, fil rouge tematico dell’esplorazione teatrale di Créature Ingrate.
Con un lavoro di scouting che vede impegnati spettatori e spettatrici della direzione artistica partecipata under 25, per ciascuna edizione vengono selezionati e presentati gli studi di compagnie cui viene riservata una possibilità di residenza e circuitazione presso i partner del territorio. Di anno in anno, la composizione di Exotropia, sezione del festival dedicata al teatro emergente, diventa una cartina tornasole per individuare le tendenze e le direzioni del teatro under 35 italiano.
Tendenze e direzioni che, per essere discusse, necessitano di una seppur superficiale premessa: Peter Brook ci ha insegnato che per dare inizio a un atto teatrale occorre che qualcuno attraversi uno spazio vuoto mentre qualcun altro lo guarda. Una via negativa, un principio base che verte unicamente sulla relazione, in assoluta assenza di mezzi. Ma come si innesta questa essenzialità sul lavoro in costruzione di giovani artisti e artiste, operanti in un sistema cannibale che non investe sulla formazione, in un numerificio che continuamente sprona all’iperproduttività, che non favorisce la ricerca, che innesca la competizione, che incenerisce i percorsi artistici al grido di miracoli modaioli, che non considera la possibilità di fallimento?
Ecco che, se tale quesito diventa sottotesto della riflessione, le tre macro-derive del teatro emergente accostabili al teatro di narrazione, al performativo e alla commistione di linguaggi non sempre – o non ancora – sostenute da una consapevolezza tecnica, trovano una ragione economica e di sistema prima che artistica.
Ad aprire Exotropia, Molto dolore per nulla dell’attrice e autrice umbra Luisa Borini che, a partire dal dato autobiografico, racconta la dipendenza affettiva nel mondo femminile. In un monologare da stand-up comedy, Borini conduce il pubblico lungo un percorso che segue il moto ondoso delle relazioni tossiche: dall’eccitazione ingenua e gioiosa fino alla drammatica presa di coscienza delle microviolenze in atto o subite.
Ancora una storia di disagio psichico femminile è quella proposta dalla compagnia Pars Costruens di Parma. In Verderame, una nonna, una madre e una figlia, rappresentanti di tre stadi evolutivi, in termini sociali e biologici, si gettano nell’esplorazione della propria parte oscura solitamente rigettata. Come parassiti che divorano nell’invisibilità, le forze psichiche che lavorano in opposizione ai desideri si dipanano sulla scena. La collocazione onirica del racconto consente una disarticolazione della narrazione e una convivenza di differenti linguaggi in via di armonizzazione.
Memoria e identità sono i pilastri del delicato e potente racconto che Andrea Di Palma porta in scena con Mani di sarta. Il passaggio a un’economia industriale che ha interessato l’area ciociara dagli anni ’70 in poi, ha condotto a un disastro ambientale che ancora oggi miete vittime. Fuggendo i tecnicismi, Andrea di Palma traccia un commovente ritratto dell’artigianato preindustriale, a partire dal ricordo della nonna, una sarta che, mentre batte a macchina e cuce orli, intesse la trama delle vite inquinate degli abitanti della Valle del Sacco.
Cosa ci fa sentire donne oltre il dato biologico? Agata, la guerra è delle donne di Ilaria Weiss si origina da una ricerca sul campo, dall’incontro con donne, bambine, ragazze allo scopo di recuperare le radici archetipe della rivendicazione femminile. La drammaturgia, collazione delle istanze emerse dalle conversazioni con le donne incontrate, è il binario su cui corre un lavoro scenico essenziale che, sul finale, apre coraggiosamente a una presa di responsabilità corale.
Afferrare Marla! di Arti Fragili/Cartocci sonori racconta un suicidio. Quello di una ragazza schiacciata dal peso di una società che pone continuamente in confronto con desideri e risultati. Un tema-tabù, affrontato con una tecnica attoriale degna di nota, che si snoda in un andirivieni di stili e segni dall’alto valore simbolico. Afferrare Marla! è uno sforzo collettivo di esorcizzare la morte.
Stacanovismo ed efficienza, performatività e giudizio sono la materia di cui si compone la spada di Damocle che pende sul capo di chi entra a far parte del mondo del lavoro. Preferisco il rumore del mare di BALT si interroga sull’infelicità generata dal lavoro che assorbe la vita quotidiana. «È importante come ti mostri, più di quello che fai» ripetono in scena gli attori, in un dispositivo beckettiano che li porta ad attraversare lo spazio compulsivamente, per evitare di fermarsi, di contemplare il vuoto che gli si spande intorno, evitando il centro occupato da uno specchio riflettente la trappola di rabbia e sacrificio in cui si trovano invischiati.
L’autobiografia come sorgente creativa è comune a tutti gli studi di Exotropia 2022, segno di un’urgenza bruciante di mettere in discussione la propria condizione di artisti ed essere umani, di trovare vie d’uscita, di ampliare spazi d’ascolto ancora troppo claustrofobici.
Volgendo uno sguardo al futuro è confortante constatare l’energia e la dedizione con cui questi artisti e queste artiste si dedicano all’arte teatrale.
Come confortante è l’infaticabile azione svolta da Strabismi, un festival che sa difendere e far fiorire il teatro, capace di ribadire la necessità di fare arte nella comunità che ha saputo costruire in questi otto anni di attività.
Strabismi è realizzato con il sostegno di: Regione Umbria – Comune di Cannara Amandola Gelateria Foligno – Effetre Srl – Educazione e Addestramento cani Funny Dog – Cantina Di Filippo – Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno – Blue Sky Bar – Dylan Return – Music Service Calderini – Angelini & Co. srl – Prodotti e Soluzioni per Ufficio – Conad Cannara
Nasce a Napoli nel 1993. Nel 2017 consegue la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi in Antropologia Teatrale. Ha lavorato come redattrice per Biblioteca Teatrale – Rivista di Studi e Ricerche sullo Spettacolo edita da Bulzoni Editore. Nel 2019 prende parte al progetto di archiviazione di materiali museali presso SIAE – Società Italiana Autori Editori. Dal 2020 dirige la webzine di Theatron 2.0, portando avanti progetti di formazione e promozione della cultura teatrale, in collaborazione con numerose realtà italiane.