Il teatro di Vsevold Mejerchol’d tra stilizzazione e politica

Gen 14, 2019

Censura e rivoluzione sono le due costanti della vita artistica e personale di Vsevold Emilevič Mejerchol’d. Indiscusso genio teatrale del ‘900, Mejerchol’d è stato un uomo controverso, di inaudita onestà nel perseguire i propri intenti politici e teatrali, in una Russia, quella degli anni Venti, rivoluzionaria e opprimente.

La carriera teatrale di Mejerchol’d iniziò presso alcune compagnie dilettantistiche e proseguì a Mosca nella scuola d’arte drammatica della Società Filarmonica con Vladimir Nemirovič-Dančenko. Diplomatosi, entrò a far parte della compagnia del Teatro d’Arte di Mosca guidata da Kostantin Stanislavskij, prendendo parte a Lo zar Fëdor Ioannovič di Tolstoj, spettacolo inaugurale del nuovo teatro, interpretando il ruolo del Principe Suiskij.

 K. Stanislavskij, Lo zar Fëdor Ioannovič di Aleksej Tolstoj, Teatro d’Arte di Mosca, 1898

K. Stanislavskij, Lo zar Fëdor Ioannovič di Aleksej Tolstoj, Teatro d’Arte di Mosca, 1898

Trascorsi quattro anni dall’avvio dell’esperienza moscovita con il firmatario del Metodo più famoso della storia del teatro, Mejerchol’d decise di abbandonare la compagnia in seguito alle continue dispute che lo vedevano contrapporsi al suo maestro. Nel 1902 lasciò la città per recarsi a Cherson, una piccola cittadina di provincia, dove costituì la Compagnia del nuovo dramma e iniziò a lavorare ad alcuni allestimenti già ascrivibili alla fase simbolista della sua produzione teatrale.

A causare i primi livori tra maestro e allievo fu il disinteresse di Mejerchol’d per la messinscena naturalista tanto cara a Stanislavskij: l’avventura del Teatro d’Arte fu sospinta dall’urgenza, sostenuta sia da Stanislavskij sia da Nemirovič-Dančenko, di riformare quel teatro russo in cui lo spettacolo era ancora concepito come evento commerciale e sociale piuttosto che artistico. Il progetto riformatore fu mirato innanzitutto all’ottenimento di una recitazione naturale, dal fare spontaneo, con rimandi alla gestualità in uso nella vita quotidiana. Gli attori dovevano avere, sulla scena e fuori di essa, un atteggiamento che perseguisse una moralità tale da dirigere la compagnia verso un’appropriata etica del lavoro.

Il pubblico, dal canto suo, fu educato attraverso piccole ma rivoluzionare accortezze al rispetto per il momento della messinscena: durante lo spettacolo, fruito a luci spente, doveva regnare il silenzio assoluto. La scenografia del Teatro d’Arte, affidata allo scenografo naturalista Viktor Simov, fu concepita come sostegno imprescindibile all’azione drammatica, costruendo ambienti praticabili e prevedendo la presenza sul palcoscenico di arredi e oggetti di scena, talvolta sistemati in modo tale da alludere alla presenza della quarta parete. L’incontro con l’opera di Čechov fu evento fortunato perché capace di condurre il prodotto spettacolare verso una deriva intimista, con un prepotente scavo psicologico delle vicende vissute dai personaggi, evitando così di scadere nella mera estetizzazione delle situazioni rappresentate.

Mejerchol'd

Interni del Teatro d’Arte di Mosca, 1902-1903

Attratto dall’antinaturalismo che dai primi anni del Novecento si diffuse nel resto della Russia e spinto dal personale interesse per il movimento simbolista, Mejerchol’d cominciò a delineare gli elementi caratterizzanti dei suoi successivi spettacoli, con un riguardo particolare verso l’opera del drammaturgo belga Maurice Maeterlinck.
Inaspettatamente, fu lo stesso Stanislavkij a offrire a Mejerchol’d la possibilità di far germinare la sua nuova ricerca artistica. Resosi conto della forza seduttiva del simbolismo, nel 1905, il maestro russo affidò al suo ex allievo il Teatro Studio di Mosca, occupandosi di provvedere ai fondi necessari e all’ingaggio degli attori, affiancandogli gli scenografi Sapunov e Sudejkin, il musicista Il’ja Sac e il poeta Valerij Brjusov.

In questo luogo di sperimentazione l’illusione di realtà dovette lasciar spazio alla stilizzazione e all’artificialità. Nessun rimando a situazioni realistiche e ai loro risvolti psicologici: le realizzazioni scenografiche, la recitazione degli attori, le musiche, l’intero disegno registico, ebbero il solo scopo di sprigionare la vera essenza del testo rappresentato. Allo spettatore, il delicato compito di comprendere lo spettacolo attraverso una decodifica immaginifica dei simboli stilizzati a esso predestinati.

Il primo testo che Mejerchol’d sottopose all’attenzione della compagnia del Teatro Studio fu La morte di Tintagiles di Maeterlinck la cui stilizzazione prese il nome di «uslovnyi teatr», «teatro convenzionale». Il progetto di tale allestimento è il manifesto del teatro simbolista mejercholdiano: fondali bidimensionali decorati dalla recitazione rigida e antinaturalistica degli attori, i cui movimenti altro non dovevano essere che la traduzione in gesto della struttura ritmica di una partitura musicale originale, pensata ad hoc per lo spettacolo.

I moti rivoluzionari del 1905, nonché l’avversità di Stanislavskij alla condotta artistica di Mejerchol’d, portarono all’annientamento dei progetti del Teatro Studio che non fu mai aperto al pubblico. La curiosità per l’ingegneria teatrale, la volontà di eliminazione della scatola panoramica, nonché la meccanizzazione della scena, derivano dal libro Die Schaubuhne der Zukunft (La scena dell’avvenire, 1905) di Fuchs, lettura decisiva per l’esperienza registica di Mejerchol’d.

L’anno successivo, Mejerchol’d ebbe finalmente l’occasione di vedere realizzate le sue messinscene simboliste gravide dei principi estetici elaborati nel periodo di sperimentazione presso il Teatro Studio: l’attrice Vera Fëdorovna Komissarževskaja propose al regista di assumere la direzione del nuovo Teatro Drammatico di Pietroburgo. La regia d’esordio dell’esperienza pietroburghese fu Hedda Gabler di Ibsen del 1906, primo vero esempio fattuale dei principi estetici del simbolismo mejercholdiano, con il monocromatismo della scenografia dipinta in bassorilievo e dei costumi, la restrizione del proscenio, la decorazione stilizzata in stile orientale e un movimento ritmico ascrivibile alla danzatrice Sada Yacco che suggeriva lo stato emotivo dei personaggi. Fin da questo spettacolo, la critica, ancora troppo legata alla concezione di un teatro d’attore, si scagliò furente contro l’operato del regista.

Due settimane dopo la messinscena di Hedda Gabler, fu rappresentata Suor Beatrice di Maeterlinck, uno spettacolo richiedente la partecipazione attiva del pubblico coinvolto in un rituale comunitario di matrice wagneriana. Qui, gli attori dovevano essere poco più che dei manichini con una dizione antipsicologica e una partitura gestuale ritmica, raggruppati in composizioni plastiche a creare dei tableaux vivants dal gusto preraffaellita. Quella stilizzazione voluta da Mejerchol’d affinché allo spettatore non rimanesse che un segno suggestivo di una spiritualità mai pienamente rappresentata, fu ancora una volta letta dai critici come un soffocamento eccessivo delle capacità attoriali dell’intera troupe e soprattutto della celeberrima e acclamatissima Komissarževskaja. L’attrice, lasciandosi convincere dalle osservazioni della critica, interruppe i rapporti col regista. Si chiuse così la fase simbolista di Mejerchol’d.

Mejerchol’d

V. Mejerchol’d, Suor Beatrice di M. Maeterlinck, Teatro Drammatico di Pietroburgo, 1906.

Nel 1908 il direttore dei Teatri Imperiali, V. Teljakovskij, scritturò Mejerchol’d come regista dell’Aleksandrinskii e del Mariinskij tra lo scalpore di quanti non ritenevano idonea una tale infusione di modernismo in un teatro ancora fortemente legato ai valori attorici ottocenteschi. In questo periodo, Mejerchol’d iniziò ad appassionarsi ai teatri giapponese e cinese, al Siglo de Oro spagnolo, al teatro francese seicentesco e alla Commedia dell’Arte. Sotto lo pseudonimo di Dottor Dappertutto, nel 1910 fondò il teatrino-studio Don Intermedij e vi diresse La sciarpa di Colombina, una cerimonia grottesca dai morbosi riferimenti alla Commedia dell’Arte.

Il credo teatrale di Mejerchol’d fu raccolto per la prima volta nel volume Sul teatro del 1913, qui il regista specificò che l’attore doveva possedere doti da ginnasta, ballerino, clown, per potersi muovere in uno spettacolo che anziché imitare la vita, avesse una vita propria ricolma di grottesco. Dopo la Rivoluzione d’ottobre, fu nominato direttore della sezione teatrale del TEO dal Commissario del popolo per l’istruzione. Accostatosi ai futuristi e in particolare a Majakovskij, nel 1918 mise in scena il Misterja-buf majakovskiano a Pietrogrado. Da allora, Mejerchol’d si convinse che il teatro dovesse diventare la tribuna politica del comunismo, annunciando l’Ottobre Teatrale.

L’impegno politico gli valse l’allontanamento dal TEO e l’attacco da parte dei funzionari ministeriali. Nel 1921, direttosi verso il costruttivismo, fondò la sua scuola che prese il nome di GVYRM nella quale i suoi allievi erano istruiti all’arte della Biomeccanica, estrema esaltazione delle possibilità plastiche e acrobatiche del corpo, risultato degli studi mejercholdiani sulle tecniche dei teatri orientali e della Commedia dell’Arte. Nel 1922 mise in scena lo spettacolo biomeccanico Le Cocu magnifique di Crommelynck, costruendo sul palcoscenico un’enorme impalcatura di scale e declivi da cui gli attori, in tuta da lavoro, eseguivano una sequenza sinfonica di esercizi e acrobazie immersi in una scena dalla tipica nudità costruttivista.

Mejerchol’d

Le Cocu magnifique di Mejerchol’d, 1922

Nel 1932 stava per concretizzarsi il progetto di un teatro-arena con soluzioni meccaniche d’avanguardia, un sogno che si interruppe per via dell’indebolimento del potere politico di Mejerchol’d che ciononostante continuò a detenere uno straordinario successo teatrale. Era il 1938, quando fu pubblicato il decreto con cui il Comitato per gli affari dell’Arte proibiva al regista, che stava tentando di mettere in scena testi sovietici, di proseguire la propria attività. Nel mentre, la stampa e gli organi politici russi continuarono a bersagliarlo con continui attacchi. La notte tra il 17 e il 18 giugno del 1939 fu arrestato.

Nulla più si seppe sulla sua fine. Misteriosa morte colse un genio coraggioso, esempio di virtù politica e di teatrale fervore: il rivoluzionario Vsevold Mejerchol’d.

 

 

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