L’arte deve essere sempre autentica. Il “presidio culturale territoriale” del Teatro dei Colori

Mag 18, 2022

Nel descrivere l’attività che Teatro dei Colori svolge ad Avezzano, dove ha sede la compagnia, e nei comuni limitrofi, l’attrice, regista e drammaturga Valentina Ciaccia parla di “presidio culturale territoriale”. In qualità di Impresa di Produzione di Teatro di Innovazione, Infanzia e Gioventù riconosciuta nel dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali ma anche di Onlus, il valore sociale del lavoro è una delle priorità del percorso professionale di Teatro dei Colori.

L’avvio di primavera porta con sé il turnover delle attività invernali, che si contano numerose tra le iniziative della compagnia, nonostante le difficoltà che il periodo pandemico ha violentemente gettato sul già fragile settore dello spettacolo dal vivo. Per chi poi, come buona parte del Teatro di Figura e del Teatro Ragazzi, vede nei giovanissimi una fascia di pubblico rilevante, i mesi di gennaio e febbraio hanno rappresentato un momento estremamente delicato, visto il caotico rientro a scuola e le norme anti-covid allora vigenti che hanno quasi del tutto annullato le possibilità di incontro con ragazzi e ragazze. In merito a tale situazione e ai cambiamenti da essa prodotti, commenta Valentina Ciaccia:

«Il periodo pandemico è stato un momento di grande confronto tra operatori. Travolti non dal movimento frenetico che contraddistingue il nostro lavoro, ma da un insolito immobilismo, abbiamo avuto il tempo per confrontarci, in modo lucido, su aspetti e criticità del fare teatro oggi con i ragazzi. I molti strumenti che abbiamo scoperto in quel periodo (tra cui il digitale, non da utilizzare solo come canale pubblicitario, ma soprattutto per continuare a erogare un servizio culturale e stare accanto a famiglie e scuole) ci hanno dato uno straordinario insight su ciò che sta accadendo: una trasformazione sistemica della modalità di fruizione dell’intrattenimento».

L’utilizzo del digitale, tra le prime risposte allo spettacolo blindato in tempo di pandemia, nasconde però delle insidie: sia per il possibile abbassamento della qualità di certe operazioni artistiche, sia per la specificità del teatro tutto e di un genere, come quello del Teatro Ragazzi che non può rinunciare alla compresenza, alla fruizione attiva, alla condivisione hic et nunc di un’opera e di uno spazio che, solo se abitato da molteplici corpi contestualmente, può aspirare alla creazione di una comunità.

L’AGIS – Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, che per i vari settori dello spettacolo rappresenta uno strumento di dialogo con le istituzioni e di promozione delle istanze di categoria – Teatro dei Colori è socio ANCRIT e ATF in seno ad AGIS – ha condotto un rilevamento a partire dai dati forniti da operatori e operatrici che hanno contribuito a fare la conta dei danni circa le condizioni in cui versa il Teatro Ragazzi post-pandemico. 

Ne racconta gli esiti Valentina Ciaccia, sottolineando la sordità dimostrata dalle istituzioni nei confronti di questa “geografia del dopo”:

«Alla ripresa il Teatro di prosa ha avuto una spinta maggiore, il Teatro Ragazzi no, perché è il teatro di un nucleo sociale, non di un singolo adulto. E questo nucleo, spesso la famiglia, deve organizzarsi, le mamme e papà che si danno il cambio, i nonni che passano tempo di qualità con i nipotini e fruiscono di un momento di gioia e socialità. Diciamolo, è un teatro fatto di vita e di realtà, e questo spesso lo fa guardare con sussiego da chi si trincera nelle roccaforti della cultura alta o della ricerca.  Poi è arrivato nel post pandemia il down economico, la crisi economica non aiuta nelle prospettive di una progettazione coerente.
Il teatro di base si costruisce con il dialogo costante tra operatori culturali ed enti locali, amministrazioni e sindaci, e molti fondi sono stati dirottati su altri capitoli. 

Ci sarebbe piaciuto un PNRR diverso, in cui invece di impegnare milioni di euro sulla costruzione di pochi luoghi, si fosse immaginato un capitolo anche per il funzionamento, per il capitale umano, per l’investimento su ciò che crea davvero l’economia della cultura. Sarebbe molto bello se, oltre a occuparsi di digitalizzazione e sostenibilità ambientale (due temi che ci stanno davvero molto a cuore), i bandi tornassero a ospitare termini desueti come “spettacolo dal vivo”, “comunità educante”, “formazione continua dei docenti”. Insomma, che la cultura, l’arte tutta, e il teatro in particolare, smetta di essere solo un “mezzo per” ma torni a essere un obiettivo strategico».

Nelle attività di Teatro dei Colori, la diffusione capillare e inclusiva del teatro e della cultura non è un auspicio ma una mission perseguita ormai da tre decenni. Le iniziative dedicate ai territori di riferimento, rinsaldano quel ruolo di “presidio culturale territoriale” che le compagnie operanti in luoghi dislocati, estranei ai circuiti urbani, ufficiali, conducono energicamente. Il fine, di per sé degno di nota, è nobilitato, nel caso di Teatro dei Colori, dalla moltiplicazione (se non da una vera e propria capacità generatrice) di possibilità di circuitazione offerte a creazioni artistiche di rilievo. 

Ciò ha consentito al pubblico locale di interagire con compagnie di chiara fama come Tam TeatroMusica, La Fontemaggiore, Fratelli di Taglia, Le Giravolte, Granteatrino, I Pupi di Stac, Gli Sbuffi, Tieffeu, Lagrù Teatro, Compagnia Settimocielo, NATA, Teatro del Drago, Teatro Del Cerchio, La Contrada, Teatro Potlach, Teatro Bertold Brecht, I Teatrini, Eidos, Teatro Invito, Effimero Meraviglioso.

Tra le occasioni di incontro le numerose rassegne organizzate dalla compagnia, tornate finalmente ad attraversare le comunità marsicane: la rassegna domenicale al Teatro dei Marsi di Avezzano che, dopo due anni di stop, ha festeggiato la sua 9° edizione; Itinerari dell’Arcobaleno, la più longeva rassegna sul territorio dedicata ai ragazzi e alle ragazze dei primi cicli scolastici, che si svolge dal 1987 e che programma in 18 diversi teatri, sale, aule magne, auditorium di tutto il territorio abruzzese, e presso il Castello Orsini Colonna di Avezzano; dagli anni ’90 è invece attiva Tagliacozzo scena dei ragazzi presso il Teatro Talia di Tagliacozzo che oltre a un cartellone consistente di spettacoli organizza laboratori scolastici e corsi di aggiornamento; allo stesso periodo risale Passi sulla scena progetto di laboratori e spettacoli al Teatro dei Marsi di Avezzano per i ragazzi delle superiori; nato in piena pandemia è il Progetto scena aperta che si tiene a Celano e che prevede uno spin off estivo presso il Castello Piccolomini; il Teatro San Francesco di Pescina, è invece luogo d’elezione della collaborazione tra il Teatro dei Colori e il Centro Studi Internazionale Ignazio Silone che, oltre alla realizzazione di percorsi laboratoriali e di aggiornamento per docenti, ha visto la produzione dello spettacolo Il Segreto di Luca, monologo di Gabriele Ciaccia e Francesco Manetti, e la creazione del nuovo lavoro Uscita di Sicurezza, sempre sugli scritti di Ignazio Silone. 

Ma la comunità come ha accolto il ritorno sul territorio degli eventi culturali? Risponde nuovamente Valentina Ciaccia, con una importante riflessione sul sistema di finanziamento ministeriale e sulla funzione del teatro nelle comunità:

«Quest’anno non abbiamo fatto abbonamenti e abbiamo ricominciato a prendere le prenotazioni con un appunto scritto su un foglio. Ecco credo basterebbe questo a spiegare quanto sia stata difficile questa stagione. In una replica abbiamo avuto, a 15 min dall’inizio dello spettacolo, ben 50 disdette, causa contagi Covid. Le comunità si sono mosse in modo imprevedibile, la psicologia del post trauma è stata complicata da prevedere e da gestire. Gli animi si sono dimostrati molto variegati, chiaramente essendo prima di tutto una compagnia di giro, abbiamo potuto confrontare i pubblici incontrati nelle varie regioni italiane con quello del nostro territorio. Il problema sorge però quando, su questi dati di totale imprevedibilità, si innestano a livello istituzionale dei criteri di valutazione nazionale con la pretesa che siano oggettivi.

Non è colpa dell’incapacità degli operatori, o della loro pigrizia, se non hanno raggiunto i famosi numeri richiesti dalle Regioni o dalla normativa Fus. Ci voleva sicuramente più attenzione, ci voleva sicuramente lasciarci sbrogliare la matassa ancora per un’altra stagione, e poi reintrodurre dei criteri (magari modificandoli per sottolineare altre capacità di resilienza) che si potessero definire validi per tutti.
Il Teatro Ragazzi è un teatro di comunità, fatto normalmente di molto pubblico e tanti numeri. Il sostegno finanziario degli enti del teatro di base, di Figura e Ragazzi, non è in linea con quello degli altri settori. Questa stortura istituzionale, che diventa ghetto culturale, deve finire.

Il nostro teatro ha funzione educativa e pedagogica, risponde ai bisogni delle comunità e dei territori, porta l’arte e la cultura in luoghi e spazi in cui mai una grande istituzione andrebbe, recupera le tradizioni culturali che stanno svanendo, rivitalizza i luoghi della natura e dell’arte. Il teatro di base è un Presidio Culturale Territoriale che si frappone tra il nostro pubblico, ovvero la nostra comunità culturale, e l’imbarbarimento della provincia o dei quartieri periferici delle grandi città, l’omogeneizzazione televisiva, l’abbandono scolastico, l’isolamento delle comunità migranti, il recupero di chi esce dal carcere. 

Il Teatro Ragazzi è fatto soprattutto da enti non profit, che immettono totalmente nella comunità il sostegno economico che giunge dalle istituzioni, allo stesso tempo ergendosi come un’oasi felice in cui i lavoratori dello spettacolo vengono trattati nel rispetto dei CCNL. Tutto questo lo facciamo per passione e per necessità culturale ed artistica, perché noi tutti costruiamo e ricerchiamo forme teatrali e spettacolari altissime. Siamo abituati a scommettere con pochissime certezze economiche, figuriamoci se non siamo i primi a sperimentare e a scommettere coraggiosamente anche nella nostra arte. E questo la nostra comunità lo riconosce e lo sostiene». 

Nel solco di tali ragionamenti, si ridesta e si autoalimenta il pensiero che tali “presidi culturali territoriali”, come il Teatro dei Colori, siano costruttori silenti di una strada maestra che si rivolge al futuro e di cui beneficia l’intero tessuto sociale, non solo la comunità artistica che ne compone un tassello di puzzle: diffondere la cultura del teatro significa compiere un’azione di rigenerazione comunitaria sul breve ma soprattutto sul lungo termine. 

Ne è convinta Valentina Ciaccia che a proposito chiosa: 

«Lavorare per i ragazzi è come giocare d’azzardo. Fai una scommessa di cui, nella migliore delle ipotesi, non vedrai il risultato positivo nel lungo termine, ma sai che ci sarà, e continui a rilanciare mettendoci tutte le risorse che hai. Fare Teatro Ragazzi è come piantare un seme: un giorno potrebbe nascere un bosco maestoso per arginare la frana dell’incultura.
Il teatro ragazzi è quella cosa magica che ti insegna che ci sono altri modi dello stare assieme, appena oltre la scuola e la famiglia. Che il mondo “esterno” per un bambino può essere meraviglioso, pieno di sfide e di scoperte. Il teatro ragazzi educa alla bellezza, contribuisce a mantenere vivo e vitale quell’organo della curiosità che tutti i bambini posseggono, e che quando si è grandi fa essere liberi.

Mi piacerebbe concludere con un’idea: ciò che di vero e importante abbiamo scoperto dopo questa pandemia, è tornare a fare qualcosa di antichissimo e di rivoluzionario, metterci al servizio del nostro pubblico e non viceversa. A dir la verità tutti noi lo sapevamo da un pezzo, ma fa piacere vedere che altri lo stanno ricordando, con un unico monito: l’arte deve essere sempre autentica, i bimbi se si annoiano non fanno il compromesso di applaudirti, magari lo facessimo sempre anche noi adulti».

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