Il labirinto del bugiardo. L’avversario di Carrère al Teatro della Cooperativa

Mag 22, 2025

Nella cornice del Teatro della Cooperativa di Milano, impegnato dal 2001 nella riqualificazione culturale del quartiere Niguarda, è andato in scena dal 6 all’11 maggio un reading fra teatro e musica dal vivo su L’avversario di Emmanuel Carrère. A dare voce al romanzo dello scrittore francese, Arianna Scommegna e Mattia Fabris, accompagnati dalla chitarra di Massimo Betti e prodotti da A.T.I.R.

Come si conviene ad un reading teatrale, ad emergere dalle voci degli interpreti non può che essere il testo di Carrère. La trama de L’avversario ruota attorno un fatto realmente accaduto che forse non potrebbe essere annoverato con facilità neanche nella categoria di cronaca nera, tanto singolare e sconvolgente è la storia che racchiude.

Nel 1993 tale Jean Claude Romand – con cui Carrère entrò realmente in contatto dopo la cattura, seguendone il processo – uccise sua moglie, i due figli, i suoi genitori e la sua amante Corinne. Il movente, che gli procurò l’ergastolo, era l’impossibilità di portare oltre una menzogna che teneva insieme i pezzi della sua vita da quasi vent’anni.

Un percorso universitario presso la facoltà di medicina di Lione, interrotto dopo appena due anni, diede il via alla creazione di una realtà parallela in cui far confluire ogni sforzo affinché fosse creduta vera. La laurea, la conseguente assunzione come ricercatore all’OMS, i continui viaggi di lavoro, un linfoma insopportabile, fecero da impalcatura alla seconda vita di Romand, trascorsa in realtà nascosto tra i parcheggi degli autogrill e i boschi della Giura. Naturalmente niente di tutto ciò era vero, tranne gli onerosissimi prestiti che per ragioni di lavoro, o più semplicemente per curarsi, andava accumulando.

Scommegna e Fabris, incalzati da Betti, restituiscono con grande precisione l’intelaiatura fittissima delle pagine di Carrère, cercando di districare i bandoli della matassa di una mente che eleva la menzogna a tal punto da renderla una ragion d’essere, una condizione di sopravvivenza. Non a caso, l’architetto Romand progetta e dirige bene i lavori finché non realizza l’impossibilità di insistere nel falso: tutti avrebbero scoperto i suoi enormi debiti e questo avrebbe significato sostenere il peso della verità che viene a galla.

Ed è proprio davanti a quest’incombenza che Romand persegue disperatamente sé stesso: si nega, negando la vita dei suoi cari e tentando di arrischiare la propria. Attraverso le voci degli interpreti, che cambiando registro si alternano con mestiere nel dare corpo ai personaggi, seguiamo da vicino il paradosso della menzogna che non si libera di sé stessa.

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