Debutta al Teatro Franco Parenti di Milano Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo, lo spettacolo, scritto da Gianni Forte e diretto da Fausto Cabra, che affonda le radici nel caso giudiziario Billy Milligan. Nella seconda metà degli anni Settanta un ragazzo appena ventiduenne venne accusato di aver rapinato e violentato tre studentesse della Ohio State University. La condanna a suo carico, all’apparenza inevitabile, non fu però mai emessa perché Billy venne giudicato non colpevole a causa di infermità mentale. Si trattò del primo caso di personalità multiple riconosciuto dalla giustizia americana: nel corso dei mesi che seguirono l’arresto, a fronte del lavoro di un team psichiatrico, emersero ben ventiquattro personalità distinte presenti in Milligan, ciascuna con uno specifico modo d’essere, d’agire, di relazionarsi.
Nell’uso biografico che della materia fanno Forte e Cabra, scrittura, scene e suono entrano ed escono in continuazione dal piano narrativo principale del caso giudiziario per indagare le ragioni profonde di quello che altrimenti si configura come un semplice fatto storico. La sfida dello spettacolo, posta l’infermità per disturbo di personalità multiple dell’accusato, è di cogliere il rapporto tra unità e frammentazione e il modo migliore di restituirlo in scena. Ne risulta un uso spezzato, discontinuo degli strumenti scenici, come a voler riprodurre la struttura episodica di una mente incapace di coerenza. La macchina teatrale eleva la segmentazione della psiche da elemento distintivo dell’episodio di cronaca a dispositivo narrativo.
Lasciamo così, almeno per qualche tempo, la ricostruzione del caso per entrare tra le pieghe dei ricordi e delle pulsioni di Billy Milligan. Seguendo l’andamento di questa narrazione singhiozzata, il pubblico viene messo a tu per tu con le varie personalità che dimorano dentro il corpo del ragazzo: emergono quelle fragili, quelle manipolatrici, quelle disposte a collaborare e quelle affamate di caos, tutte interpretate con uno sforzo attoriale di alto livello da Raffaele Esposito. Anna Gualdo ed Elena Gigliotti si alternano nei ruoli di madre, psicologa, agente di polizia, studentessa.

Gli oggetti presenti in scena e il tappeto di suoni proposti rendono percepibile a livello sensoriale la frammentazione dell’identità del protagonista, insistendo sul confine labile tra realtà e immaginazione pura: elementi come un tavolo o una televisione possono all’occorrenza, in base al Billy che abbiamo di fronte, mutarsi in altro o richiamare una delle tante schegge di memoria del protagonista. La funzione della materia come occasione di ricordo assume un ruolo ancora più rilevante sul finire della pièce, quando il contatto con la terra riporterà alla luce il passato di traumi subiti da Billy: il suicidio del padre, gli abusi sessuali e le violenze da parte del nuovo patrigno su di sé e sulla madre.
In questa continua oscillazione tra ciò che esiste per lo spettatore e ciò che invece è reale solo per una delle tante personalità, il testo di Forte si ritrova a trattare temi universali a teatro e nella vita umana: il confine tra realtà e auto-menzogna si presenta come la pietra angolare dell’intero spettacolo, impedendo al pubblico di propendere verso uno dei due opposti e riproponendo la domanda millenaria di Pilato: “cos’è verità?”. La questione qui può non essere risolta e rimangono perciò intatti molti dubbi: come giudicare i crimini di un soggetto alla luce di un simile quadro clinico? Che tipo di coinvolgimento empatico suscita un profilo del genere? È possibile tracciare una linea di demarcazione tra verità e illusione? Mentre usciamo da teatro, sospesi e sballottati da queste domande, capisco che siamo già intenti a farci i conti.

Nato a Siracusa nell’ormai lontano1997. Si laurea in filosofia a Bologna per proseguire gli studi tra Milano e Parigi. La passione per scrivere e raccontare storie apre a collaborazioni con le testate giornalistiche online Frammenti Rivista, Palomar e Theatron 2.0. L’interesse per il teatro e il mondo classico lo deve interamente al meraviglioso teatro greco della sua città.