Visto che i miei genitali sono di dominio pubblico
ho reso private altre parti di me.
Nel mio silenzio io possiedo
bocca, laringe, cervello, in un solo
gesto.
(The Venus Hottentot – Elizabeth Alexander)
Elizabeth Alexander nel 1990 scrive The Venus Hottentot, in cui dà voce in forma poetica a Saraah Bartman, la Venere Ottentotta esposta e studiata dai naturalisti nel 1800.
Dissezionato e conservato ogni parte del corpo di Baartman, diventa il punto di partenza per corroborare la tesi dell’alterità del corpo nero, costruendo quello che Edward Said, definisce una famiglia di idee, in modo da rendere un fenomeno estraneo prevedibile e controllabile, creando un archivio istituzionale di idee.
Quale storia opporre a queste narrazioni precostituite?
Ne hanno parlato Annalisa Sacchi, Adil Mauro e Bridget Ohabuche in un incontro dal titolo Saidiya Hartman: Parentele oceaniche e fabulazione critica. Al centro del discorso i passaggi salienti di Perdi tua madre di Saidya Hartman (trad. it. di V. Gennari, Tamu 2021), in cui l’autrice ricostruisce quelle che Annalisa Sacchi definisce, citando Carlo Levi, microstorie.
Hartman ricompone vicende dimenticate attraverso l’utilizzo della fiction, che si sostituisce ad uno studio archivistico istituzionale e violento, in cui le vicende del middle passage hanno uno spazio parziale e lacunoso e l’assenza di notizie diventa filologica, rendendo la ricostruzione fittizia necessaria. «Ognuno mi raccontava una storia diversa su come gli schiavi avevano iniziato a dimenticare il loro passato, per spiegarlo si sussurravano parole come zombie, stregone, succubo e vampiro» racconta Saidyia Hartman. La narrazione diasporica si nutre così delle intercapedini, ricostruisce le giunture e gli spazi morti di una storia cancellata.
Eli Mathieu Bustos con Have a safe travel, scrive il suo capitolo di questa storia attraverso la sua versione espressionista di teatro documentario. Al centro dello spettacolo il racconto di un viaggio in treno in cui il performer viene fermato e perquisito dalla polizia. L’intreccio si dipana con la precisione della testimonianza e la convulsione della vittima, un discorso indiretto libero che espone in ordine e senza sconti ogni frammento di questa storia. Come il contenuto della borsa di Eli, l’accaduto è esposto su un tavolino del treno: le mutande, i documenti, un libro: una scomposizione forzata che porta a una nuova forma violata e traumatica. «Non vorrei che tu capissi, vorrei che tu sentissi» dice l’interprete nelle note di intenzione a questo lavoro, utilizzando la formula j’envie de, che ha in sé il campo semantico dell’invidia, della volontà, che in questo caso diventano incontrollabili, impulsive e centrifughe.
I movimenti in scena sono convulsi, illuminati e nascosti da un disegno luci cadenzato, attraverso cui ogni azione restituisce gesti evanescenti, talmente veloci da diventare sfumature di colore. Il racconto semplice e lineare, presenta una situazione ormai archetipica, un canovaccio di improvvisazione che esplode nelle mani del protagonista: la persona non bianca fermata e inquisita con violenza da un gruppo di poliziotti, senza un motivo apparente. Questa ispezione casuale si chiude con l’epigramma che dà il titolo allo spettacolo: have a safe travel, pronunciato in un’inglese approssimativo e sgrammaticato.
A veicolare la storia è il corpo di chi racconta. Un corpo nero, coperto solo da un pantaloncino sportivo che si scuote su un palco spoglio, ricostruendo il ritmo della storia con un andamento sinusoidale: l’eccitazione del viaggio, la presa di coscienza della perquisizione coatta, il terrore post traumatico dell’esperienza. Tutto procede con l’andamento delle rotaie del treno, lento e poi più veloce, di nuovo lento ancora, fino all’arresto totale. In questa performance di Eli Mathieu Bustos nulla è fisso o carpibile, se non le quattro parole che campeggiano sui sovratitoli sopra la sua testa. come un epitaffio su una lapide.
Link utili per approfondire:
https://www.poetryfoundation.org/poems/52111/the-venus-hottentot
https://theconversation.com/orientalism-edward-saids-groundbreaking-book-explained-197429
https://www.labalenabianca.com/2022/02/11/perdi-la-madre-saidiya-hartman-recensione/
Nata a Pescara nel 1995, diplomata al Liceo Classico G.D’Annunzio di Pescara nel 2014, consegue la doppia laurea in Filologia Moderna e Études Italiennes all’interno del progetto di codiploma fra l’Università la Sapienza di Roma e La Sorbonne Université di Parigi con una tesi dal titolo La Nuit des Rois di Thomas Ostermeier alla Comédie-Française: per una definizione di transnazionalità a teatro. , svolgendo inoltre ricerca archivistica presso la biblioteca della Comédie-Française. Scrive per diverse testate online di critica e approfondimento teatrale, occupandosi soprattutto di studiare gli intrecci fra i linguaggi e le estetiche dei vari teatri nazionali europei.