Gli anni Ottanta raccontati in danza | Ballade di Mauro Bigonzetti

Nov 20, 2024

Articolo a cura di Sara Raia

La performance è appena iniziata e una spettatrice esclama sottovoce: «È proprio il linguaggio del corpo». Nell’affermazione si coglie l’efficacia della MM Contemporary Dance Company. Ecco che, a poco a poco, un turbine di linguaggi si interfaccia con il pubblico progressivamente sempre più coinvolto da un’energia e sensazioni autentiche.

Intonando i CCCP, i danzatori iniziano a muoversi con passi alternati e ripetuti in sequenze con intensità sempre maggiore. Successivamente, un lungo laccio diviene il protagonista della scena: disorientando, intrappola e ingarbuglia sentieri ancora da tracciare. I corpi dei performer sono a terra, a pancia in giù, seguono un’onda ritmica e sollevano dal suolo solo busto e gambe, tenendo le braccia ferme lungo il corpo. Un movimento impattante che tiene lo spettatore attento mentre osserva dieci corpi quasi schierati, come fossero uniti in una preghiera collettiva invitando l’audience, indirettamente e silenziosamente, a prendervi parte.

© Tiziano Ghidorsi

Il laccio acquisisce un ruolo attivo sulla scena, è tenuto fortemente dalla bocca, quasi come a rappresentare un’enorme lingua biforcuta. Emergono importanti momenti in cui le figure occupano lo spazio in diagonale, in perfetta sincronia sia tra di loro che con la musica. Spesso i corpi sono sospesi a mezz’aria, mostrando eccellente fluidità attraverso slanci sia coreici che tonali. L’atmosfera muta eppure ogni pièce è sapientemente legata all’altra, per gli occhi di chi assiste allo spettacolo vi è un continuum di stupore.
I movimenti della MMCDC sono eterei, dinamici e vengono restituiti identici nelle sequenze ripetute. La scena cambia spesso, insieme alle entrée e ai costumi dei performer, sempre differenti e costantemente carichi della vitalità che sono chiamati a rappresentare. I pas de deux, attraverso un maestoso virtuosismo tecnico, mettono  in risalto l’espressione dell’anima.

© Tiziano Ghidorsi

«I’ve tried in my way to be free», la musica parla e il corpo narra istanze di un io collettivo. Un omaggio agli anni ottanta, alle aspirazioni di una pagina di storia identitaria di una società in continua evoluzione. La chiave musicale della performance – con i già citati CCCP, insieme Frank Zappa e al noto brano Red right hand di Nick Cave – induce l’osservazione di un chiaro ritratto di un decennio la cui storia Mauro Bigonzetti non dimentica di attraversare. Emerge anche la eco dei lavori letterari di Pier Vittorio Tondelli, come sicuramente Altri libertini, un inno alla vitalità di quegli anni. Non manca la rappresentazione di un cambiamento che ammutolisce, facendo acquisire forza tramite la condivisione.

Ciò che colpisce è una gestualità semplice quanto profonda che riesce a manifestarsi chiaramente per trattare tematiche delicate: due performer uomini danzano in coppia ma vengono separati. La scena dà poi spazio ad un quadro collettivo emblematico. La chioma di due danzatrici diviene passaggio e sentiero per scavare e scoprire identità: ogni performer fuoriesce da questa parete apparente creata dalla vicinanza tra due danzatrici che, con i propri capelli, generano un sottile sipario per il teatro dell’io. Luogo in cui ogni performer presenta il proprio personaggio con coraggio, riuscendo a coinvolgere ed emozionare. Ballade presenta un excursus di emozioni forti: amore, passione, dolore, abbandono e solitudine, insieme alla gioia della condivisione e della possibilità di rinascita.

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