Giovanni Testori, il teatro e la sfida della verità

Lug 3, 2023

“Di Testori ho un ricordo legato alla metà degli anni’80, quando partecipò ad un incontro a Milano. Non si fermò a lungo, ma rimasi impressionato dalla sua presenza, dalla sua aura che si percepiva con forza. Come artista mi ha sempre colpito molto la sua capacità di accettare le sfide che il nostro mestiere comporta. Quella col proprio corpo e con la propria psiche, ma soprattutto con la questione della verità”.

Sono le parole di Luigi Dadina, attore e regista, co-fondatore, insieme a Marco Martinelli, Ermanna Montanari e Marcella Nonni, della compagnia del Teatro delle Albe nel 1983. A Testori, nel centenario della nascita e a 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni, Ravenna Festival, col quale il Teatro delle Albe ha consolidato una proficua partnership, ha dedicato I Promessi Sposi alla prova, diretto e adattato da André Ruth Shammah, in scena il primo luglio scorso al Teatro Alighieri, con Giovanni Crippa e Federica Fracassi. La stessa Shammah che portò in scena lo spettacolo nel 1985 al Salone Pier Lombardo di Milano, con protagonista Franco Parenti e che ripropone oggi nella ricorrenza, come ha dichiarato lei stessa, sia per invitare il pubblico a riscoprire il romanzo di Manzoni, sia per ribadire, attraverso la riscrittura testoriana, quello che è l’essenza del teatro, un cammino verso l’affrancamento dalla fedeltà pedissequa al testo scritto e alla rievocazione storica per andare verso un teatro di parola viva, in cui i personaggi escono dai loro ruoli ed entrano nel nostro tempo.

Ma parlare di Testori, significa anche  parlare della questione sulla verità, come si scriveva sopra, che ha attraversato la sua ampia produzione artistica come scrittore, saggista, drammaturgo, pittore e giornalista. Che lo ha portato a vivere fino in fondo le contraddizioni del suo essere figlio della borghesia di formazione cattolica e ad avere la vocazione a raccontare con crudezza il mondo delle periferie e dei perdenti. Dal ciclo I misteri di Milano degli anni Cinquanta e Sessanta, uno  sguardo penetrante ma profondamente umano sulla classe operaia della metropoli con  Il ponte della Ghisolfa, La Gilda del Mac Mahon, La Maria BrascaL’Arialda, prima opera italiana vietata ai minori e sottoposta a censura per i presenti contenuti osceni, e Il Fabbricone, fino a In Exitu del 1988, che racconta, con rimando biblico all’esodo del popolo ebreo dalla schiavitù d’Egitto, le ultime ore di vita di un tossicodipendente omosessuale alla Stazione di Milano.

La sua linea drammaturgica, improntata fin dall’inizio alla sperimentazione linguistica e alla contaminazione tra dialetto lombardo, lingua latina, francese, spagnola e alla creazione di neologismi, che troviamo nella Trilogia degli Scarrozzanti,degli anni Settanta, è anch’essa una ricerca della verità attraverso la parola, che aderisca all’uomo completamente e visceralmente, come già in Pasolini, del quale prenderà il posto come giornalista al Corriere della Sera, dopo la sua morte.

Anche il suo giornalismo, del resto, è stato mordace e impavido, attirando antipatie e scontri, ma ancora attuale, tanto da ispirare con tre suoi articoli dedicati alla violenza sulle donne, scritti tra il 1979 e il 1980, la lettura scenica del Teatro delle Albe intitolata A te come te, nel 2013, su ideazione di Gabriele Allevi del Teatro degli Incamminati e del drammaturgo Luca Doninelli. Riproposta quest’anno, nella ricorrenza del centenario, certo, ma anche per rimarcare il monito di Testori, a rimanere sempre in allerta, a non spegnersi, “a non rassegnarsi al moloch dell’orribile indifferenza”.

Ne I Promessi Sposi alla prova, opera degli anni Ottanta, Testori ci parla invece del teatro in sé e della sua dinamicità e vitalità intrinseca perché legata all’uomo e al bios.Ecco allora tre ore di spettacolo con un solo breve intervallo in cui il romanzo viene raccontato attraverso un continuo processo di composizione e scomposizione di fatti e azioni, portando a riscoprire il testo manzoniano da una prospettiva inedita, ma sempre avvincente per le sue connessioni alla realtà del presente. 

Lo spazio scenico, sviluppato su più piani, accentua la sensazione di continuo movimento ed evoluzione dell’opera che si sta mettendo in scena attraverso le prove degli attori. I temi manzoniani, dalla prevaricazione dei forti sui più vulnerabili alla fede religiosa, sono sfrondati da ogni  paternalismo, attraversati dai pensieri e dalle emozioni degli attori, che entrano ed escono continuamente dai loro personaggi così come entrano ed escono di scena. Gertrude addirittura erompe fuori dal pavimento, come fuoriuscita temporaneamente dal suo inferno di amarezza e recriminazione nel quale è stata relegata ingiustamente dai suoi familiari. Humor e tragedia si rincorrono in continuazione donando allo spettacolo la verve necessaria a tenere alta l’attenzione, per un tempo così lungo, a riflettere e a sdrammatizzare.

I Promessi Sposi alla prova sono una produzione di Teatro Franco Parenti/Fondazione Teatro della Toscana/Fondazione Campania dei Festival con il sostegno dell’Associazione Giovanni Testori.

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