Nell’anno 2017 la Consulta dello Spettacolo, organo predisposto alla definizione e alla ripartizione degli stanziamenti economici previsti nel Fondo Unico dello Spettacolo (FUS) si è riunita due volte. Il 23 gennaio è stato ripartito un fondo unico dello spettacolo di 333.716.855,99 euro. In quella riunione fu annunciato che era in corso un tentativo di reperire risorse aggiuntive poi andato a buon fine in febbraio, con il decreto milleproroghe.
Furono quindi trovati ulteriori 12 milioni di cui 4 milioni per attività di spettacolo nelle zone colpite dal sisma e 8 milioni per il FUS. Questo contributo è stato ottenuto cancellando lo stanziamento di 4 degli 8 milioni al Teatro Eliseo passato non più nel decreto Milleproroghe (modificabile) ma nella manovra correttiva (blindata dalla fiducia) e in Gazzetta Ufficiale, all’articolo 22 comma 8, leggiamo che “In favore del teatro di rilevante interesse culturale Teatro Eliseo, per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività in occasione del centenario della sua fondazione è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2017”. Al fine di ripartire queste risorse aggiuntive, la Consulta fu convocata una seconda volta il 10 marzo e in quell’occasione si precisò che si trattava di risorse straordinarie, una tantum, e non di un aumento permanente.
Arrivando ad oggi, nel 2018 è stato firmato dall’ex ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, il decreto ministeriale che stabilisce il riparto delle aliquote del Fondo Unico per lo spettacolo 2018. Il bilancio complessivo del FUS per l’anno in corso è pari a 333.941.798 euro, in lieve calo rispetto al 2017 quando si era attestato a 341.716.856 (-2,8 per cento).
Dal decreto di riparto del Fondo Unico per lo Spettacolo 2018:
“Ci si trova, dunque, oggi a presentare un importo di 333.941.79 euro pressoché identico allo scorso anno, prima dell’integrazione ottenuta con il mille proroghe. Analogamente nel campo della lirica, lo scorso anno è stato introdotto un nuovo fondo extra FUS che prevedeva 10 milioni per il 2017 e altrettanti per il 2018. Nel 2017, in via del tutto eccezionale, tali risorse furono integrate – come detto in precedenza – grazie al decreto milleproroghe, con ulteriori 10 milioni. Quest’anno la dotazione ordinari di 10 milioni è stata portata in legge di bilancio a 15 milioni e dunque possiamo asserire che nel 2018 abbiamo un aumento di 5 milioni a favore delle Fondazioni lirico sinfoniche, nonostante il gioco delle aspettative porti qualcuno a percepire una riduzione rispetto allo stanziamento dello scorso anno.
Il presidente della Consulta, in alternativa all’ipotesi di taglio lineare nella misura del 2,28%, ha presentato una seconda ipotesi elaborata con il direttore generale spettacolo: in questa seconda ipotesi si propone di finanziare le “Residenza” e le “Azioni di sistema” con un capitolo di bilancio extra FUS che verrà individuato, il che consente di liberare 2 milioni, mentre alla voce “Progetti speciali” si opera una riduzione significativa riportando l’importo che ora ammonta a €7.938.098,56 esattamente alla cifra del riparto 2017 pre-aumento di €5.845.86,14, andando così ad incidere sull’unica voce in una certa misura discrezionale che sono i progetti speciali.
In tal modo si recupererebbero complessivamente 4 milioni che consentono di riportare le attività musicali, teatrali, di danza, di circo e spettacolo viaggiante, agli stessi importi ripartiti lo scorso anno dopo l’aumento degli 8 milioni; inoltre tale recupero consente di portare a 178.854.000,00 euro lo stanziamento per le Fondazioni lirico sinfoniche, le uniche che arriverebbero dunque a presentare una riduzione sul valore assoluto, con un taglio percentuale dell’1,87%. Tale ipotesi tiene ovviamente conto che le fondazioni lirico sinfoniche possono comunque contare su 5 milioni di aumento del sopra chiamato fondo extra FUS loro dedicato.”
Entrando nel dettaglio, il 53,56 per cento delle risorse, pari a 178.854.000 euro, andrà alle Fondazioni lirico-sinfoniche (in lieve flessione rispetto ai 182.272.058,30 euro del 2017); il 18,04 per cento, pari a 60.239.724,76 euro, andrà alle attività musicali (identico rispetto al 2017); il 21,25 per cento, pari a 70.963.492,53 euro, alle attività teatrali; il 3,50 per cento, pari a 11.699.574,39, andrà alla danza; lo 0,26 per cento, pari a 869.234 euro, andrà alle residenze e under 35, in calo rispetto ai circa 3 milioni di euro dell’anno prima); l’1,75 per cento – 5,845 milioni – a progetti multidisciplinari, progetti speciali e azioni di sistema (anche in questo caso si registra una flessione rispetto agli 8,1 mln dei dodici mesi precedenti); l’1,48 per cento – 5 milioni di euro – alle attività circensi e allo spettacolo viaggiante; i rimanenti 500mila euro se li divideranno l’osservatorio dello spettacolo (488mila euro) e i Comitati e commissioni (24mila euro).
Dal documento riepilogativo dell’incontro “DALLA LEGGE DELLO SPETTACOLO DAL VIVO AI DECRETI ATTUATIVI –QUALE FUTURO PER LO SPETTACOLO IN ITALIA ?” organizzato da C.RE.S.CO – coordinamento delle realtà della scena contemporanea – si possono evincere alcune considerazioni:
“Questa è una legge di principi che al momento si presenta con una copertura insufficiente. Constatiamo che, a differenza di quanto espresso nella Legge all’Art. 4, ad oggi non è ancora disponibile l’incremento del FUS pari a 9.500.000 euro previsto per gli anni 2018 e 2019. Inoltre la disponibilità effettiva del FUS risulta ad oggi inferiore a quella disponibile nel 2017, pari a 342 milioni di euro. A questo conteggio, che non promette nulla di buono, dobbiamo aggiungere i 4 milioni di euro destinati ad personam a Barbareschi (sappiamo per certo che “il 20 dicembre scorso, nel corso della Commissione Bilancio alla Camera presieduta da Francesco Boccia (PDd), viene nuovamente approvato un emendamento presentato da Stefania Prestigiacomo (FI), destinato ad assegnare al Teatro Eliseo gli ormai celebri 4 milioni valenti per l’annualità 2018, tolti lo scorso 29 giugno”, fonte TeC, Sergio Lo Gatto).”
Citiamo l’intervento, presente nel documento, di Alessandro Pontremoli, Professore di storia della Danza Università di Torino e presidente della commissione danza:
“La prima e più importante questione è capire se si sta guardando la luna o il dito. Perché credo che oggi l’attenzione sia stata rivolta al dito, che è la legge e i suoi DM, e che non abbiamo affrontato il vero grosso problema, il FUS. E’ necessario lavorare per far si che il FUS non sia un arbitrio, le voci del FUS cambiano a seconda degli anni e si inseriscono, tolgono e aggiungono a seconda di quello che serve, provocando inevitabilmente che i fondi destinati allo spettacolo dal vivo siano residuali rispetto alle idee di un ministro e alle lobby.
Io non sto valutando l’operato dell’attuale ministro, ma sto parlando di un meccanismo. I fondi vengono ovviamente regolamentati da decreti attuativi, ma il FUS è il reale decreto attuativo di questa legge. Cerchiamo perciò di fare attenzione al fus , a come verrà regolamentato e se è il caso di regolamentarlo. Passando alla questione importante della legge, possiamo affermare che questa legge ha una visione, che non è neutra e ha dei tratti politici, ma ha una visione anche se la possiamo definire contaminata.
Per quale motivo dobbiamo portarci dietro il carrozzone dello spettacolo viaggiante? I carnevali e le rievocazioni non mi spaventano, perché le ritrovo nella visione, fanno parte del tessuto della teatralità e sono una realtà storica di questo paese. Sono molto contento anche che la Legge riconosca i non professionisti, ma il problema sono le risorse del FUS. Quante risorse vogliamo dare a queste categorie? La legge in se non è malvagia, frutto di compromessi ma ha una visione abbastanza ampia e radicata sulla realtà del nostro Paese. Ora voglio affrontare il quesito che mi è stato posto:
Quale ruolo può avere una commissione di qualità in questo contesto? Dal punto di vista storico la commissione di qualità ha vissuto un’esperienza di frustrazione, legata al fatto che, tranne il primo anno in cui la commissione ha avuto un certo margine di discrezionalità qualitativa, dal secondo anno in poi non è stato possibile. Eravamo obbligati a seguire i numeri e le sole possibili variazioni erano nella linea del 7%, dall’altra parte, il mantenimento del 70% dell’assegnazione dell’anno precedente, non ha un reale potere d’incidere.
Nel primo anno è stato comunque frustrante perché la commissione non conosceva il meccanismo e ha svolto anche un ruolo di consulenza, si pensi al ruolo dell’algoritmo e al peso che detiene nelle assegnazioni. Al momento l’algoritmo è un modello di riferimento ma sul futuro si vedrà cosa potrà accadere, ma questa è la mia impressione. Ci sarà comunque molto da lavorare perché questa legge abbia dei decreti attuativi che rispettino il più possibile tutte le questioni.
Un altro fattore è l’esperienza, il secondo DM è maggiormente partecipativo nei confronti delle commissioni, siamo intervenuti sulla qualità indicizzata, perché non inficiasse la qualità pura. C’è stato un certo conservatorismo sul 30% da parte delle associazioni di categoria, questo vanifica e rende inutili le recriminazioni del settore sul mancato aumento del peso della qualità nel DM.
Ultima cosa sulla base della visione quantitativa, dovrebbe essere non preventiva, ma calcolata sul passato. Occorre valutare se l’obiettivo qualitativo è stato raggiunto, più che se si sia realizzato uno spettacolo o meno. Non diciamo che la valutazione quantitativa è obsoleta! Non si può essere oggettivi e farsi comprendere se non si accetta il linguaggio della quantità, che poi si traduce necessariamente anche in valutazione qualitativa. Come per i progetti europei serve prevedere OUTPUT qualitativi che devono essere oggettivi e numeri che devono incrementare.”
Redattore