Due festival “gemelli”: OnStage! e In Scena! Usa e Italia a confronto

Feb 22, 2019

OnStage! e In Scena! – Festival di arti performative tra Usa e Italia

Cinquanta stelle che corrispondono agli stati federati e tredici strisce per ognuna delle colonie originarie. Il sogno del self made man, di chi può farcela partendo dal basso. L’East Coast, la West Coast e in mezzo la Route 66. Un immaginario che mette insieme Hollywood, il mito western, il patriottismo, la musica country, il blues e il primo uomo sulla luna.

La “terra dei liberi, la patria dei coraggiosi” recita il testo di The Star-Spangled Banner, composto nel 1814 da Francis Scott Key e adottato come inno nazionale nel 1931, con la firma del presidente Herbert Hoover. Cosa può essere l’America per una donna o per un uomo italiano e cosa può essere l’Italia per una cittadina o cittadino americano?

Onstage! e In Scena! sono due festival speculari in questo. “Sono due sorelle, sono due gemelle e sono diverse perché l’ambiente è diverso” dichiara Laura Caparrotti, una dei tre organizzatori delle due rassegne. “Il gemello grande in America nasce nel 2013: una settimana con tre spettacoli, alcune letture teatrali e una opening night celebrativa perché era l’anno della cultura italiana negli Stati Uniti. Nasce con l’idea di andare in tutti i cinque distretti di New York e di fare un festival totalmente gratuito, in modo da attirare varie etnie e tante persone. Il fatto che noi abbiamo deciso di andare in tutti i luoghi possibili ha creato un festival diverso e interessante. Un festival “diffuso” sicuramente con tutte le accezioni che viene dato al termine.

Siamo arrivati ad avere in cartellone, per l’edizione 2019, dodici compagnie per due settimane, tutti i giorni a volte con due spettacoli in due punti diversi e distanti della città. Dal 2014, è presente anche il premio Mario Fratti, il grande drammaturgo che ritorna spesso da noi per la premiazione del vincitore. Al settimo anno di programmazione è ancora una cosa bella far conoscere il teatro italiano in America poiché lo si conosce poco, a parte i Motus, il Teatro del Carretto e Il Piccolo di Milano che veniva ogni anno al Bam, dove arrivano tutte le compagnie straniere, quando Giorgio Strehler era vivo. L’idea è quella di far vedere cosa succede di bello, di importante in Italia”.

E c’era bisogno di far conoscere anche qui da noi quello che succede oltreoceano. L’America è di scena non è solo un sottotitolo, ma è anche il primo dato che è emerso dal programma fitto. Articolato in sette intensi giorni, dal 21 al 27 gennaio. Un festival che si è svolto prevalentemente negli spazi dell’Off/Off Theatre, del Teatro di Villa Torlonia e la Sala Squarzina del Teatro Argentina.

Il suo nome OnStage! è ben aderente con la realtà. In scena è andato l’American Life, con le sue luci e le ombre, la vita che entra negli spettacoli e nei testi, in modo forte e deciso. E questo è un ulteriore elemento, una traccia per il futuro. Il valore aggiunto che si trova nel libero scambio di persone, opere e idee. Nelle differenze umane, quell’ingrediente speciale che, quando è presente, può rendere il mondo un posto migliore, simile ad una casa da abitare.

Nato con il patrocinio di United States Embassy to Italy e Municipio Roma1 Centro, OnStage! è stato organizzato da Kit Italia che dal 1996 promuove la cultura italiana all’estero, The International Theatre, associazione culturale nata nel 1994 con l’obiettivo di portare in Italia il teatro internazionale, e Kairos Italy Theatre, compagnia di teatro italiano a New York City, punto di riferimento internazionale del Teatro Italiano.

Il nostro racconto a posteriori testimonia la soddisfazione, l’entusiasmo, la lungimiranza e un po’ di fatica fisica che trapela dalle voci degli organizzatori. Due di loro, Laura Caparrotti, la referente italiana che cura le relazioni Usa e Tomaso Thellung de Courtelary, il produttore esecutivo. Li abbiamo incontrati al termine di una domenica pomeriggio uggiosa. La direzione artistica è curata da Donatella Codonesu.

“Donatella è la terza componente nel gruppo – precisa Tomaso Thellung de Courtelary. È un po’ il tramite, il legame tra me e Laura ed è il referente italiano del festival americano così come Laura è il nostro referente americano per il festival italiano. Abbiamo creato OnStage Festival e Donatella mi ha coinvolto perché sono più radicato su Roma anche con attività internazionali.

È andata benissimo, oltre le aspettative, un programma molto fitto che abbiamo concepito proprio come un festival. C’era l’appuntamento serale, gli incontri pomeridiani, i dibattiti sui temi trattati e le scuole in mattinata. Ci sono state le letture di testi americani tradotti in italiano in collaborazione con il Teatro di Roma, i concerti e uno spettacolo di danza.

Abbiamo riempito le 24 ore con una presenza di OnStage! e sulla base di questa esperienza prepareremo la seconda edizione. C’è stata una media alta di presenze rispetto a quello che oggi può offrire il mercato italiano e Roma in particolare e la percezione, attraverso i complimenti delle persone e degli addetti ai lavori, che è stato un bel festival con un’organizzazione che ha funzionato”.

All’interno dell’Off/Off Theatre di via Giulia e nel suo bistrot elegante, brulicavano le emozioni dopo lo spettacolo di di Shawn Rawls, ballerino professionista, insegnante e coreografo di base a New York. EPT- A collection of works è il titolo di una collezione composta da alcuni estratti di tre diverse opere “Clinically Happy”, “Walk” e “The Heart”. Un percorso che partendo dalle radici della felicità esplora la fede e la spiritualità come esperienza personale fino al raggiungimento della destinazione finale, l’amore e la sua bellezza.

Cinque sono state invece le proposte teatrali presentate; ha inaugurato la rassegna Cry Havoc. Scritto da Stephan Wolfert con materiali di William Shakespeare, è un racconto/incontro tra il teatro, il reintegro nella società e la vita di un veterano. Parla di guerra, ma soprattutto dei suoi effetti. Shooter, di Sam Graber ha affrontato il problema delle armi e delle sparatorie nelle scuole superiori. Viene analizzato il mito americano di “essere e vivere extra-large”. Cosa può dare un’arma ad una persona? Rimane un mistero l’interrogativo “Chi siamo?”.

Se per vivere occorre, nell’ordine, guadagnare, mettere su casa, disciplina e coerenza. Assemblare i pezzi, insomma, o lasciare andare. Dirty Paki Lingerie di e con Aizzah Fatima, unica interprete per sei tipologie di donna. Una combinazione pachistana-americana-musulmana di mondi differenti che declina religione, cultura e genere, sesso e politica. Hedy! The life & inventions of Hedy Lamarr è stato scritto e interpretato da Heather Massie.

Una star di Hollywood degli anni ’30 e ’50, non convenzionale per il fatto di aver dato un contributo notevole alla scienza con le sue invenzioni nel campo della tecnologia e della comunicazione. Lured, infine, è uno spaccato di cruda realtà, basato su fatti di cronaca, sulle violenze e sulle torture estreme subite dai ragazzi gay in Russia con la complice indifferenza delle autorità. Un testo politico, brutale nella sua onestà. Non contiene risposte, ma spinge a trovarle, erodendo le poche certezze.

“Sono dei testi con forti tematiche e messaggi dove, almeno nel modo di vedere queste compagnie, gli attori si sono presentati puntando di più sul contenuto che sull’esibizione dell’artista – dichiara Tomaso Thellung de Courtelary. Le produzioni italiane sono molto più finalizzate a mettere in risalto le persone, l’operazione, piuttosto che portare delle tematiche su cui poi si può dibattere. Una cosa bella che non avviene quasi mai a teatro in Italia è che non si dibatte mai sullo spettacolo. Non c’è mai un uscire dallo schema di entrare in teatro, stare lì dentro ed essere pian piano accompagnati ad uscire ragionando, in tutte le fasi del processo. Questo lo trovo bellissimo e fa parte dello spettacolo”.

OnStage! è stato presentato come il primo festival di teatro americano in Italia, ma c’erano dentro anche diverse identità, culture ed espressioni dell’America, a 360 gradi. Le tematiche forti e importanti, portate nel festival, non hanno svolto soltanto la funzione di mera promozione di un concetto, di un’ideale, ma di vera e propria autocritica, avvicinando le persone.

Laura Caparrotti sostiene che: “L’idea è proprio quella del dialogo di diventare a far parte di una famiglia e lo dico perché in questi giorni di OnStage! abbiamo avuto artisti italiani che che sono venuti da Napoli, da Milano, da Reggio Emilia. Sono venuti quelli che parteciperanno a Maggio a In Scena! a New York e quelli degli anni precedenti. Ci hanno fatto la sorpresa e sono venuti per sostenerci. Questo avviene probabilmente perché ci mettiamo tanta passione, ci piace il fatto di poter fare incontrare le persone, far conoscere il teatro, vedere e capire cosa succede non è soltanto il mettere a disposizione uno spazio, aprire le porte e basta”.

E a nessuno tantomeno viene in mente di chiuderle, per rimanere nella metafora, anzi Tomaso Thellung de Courtelary anticipa che: “Siamo nati da poco, ma abbiamo già un’appendice con le letture che verranno messe in scena al teatro Palladium, quindi ci sarà una costola del festival tra qualche mese, a maggio. Considerato il forte interesse da parte delle istituzioni pachistane, stiamo pensando inoltre di invitare nuovamente l’artista e lo spettacolo Dirty Paky Lingerie”.

Dirty Paky Lingerie - OnStage!

Dirty Paky Lingerie

Sul fronte americano Laura Caparrotti informa che: “Inizieremo il 29 aprile alla Casa Italiana con una opening night di In Scena! dedicata ai 50 anni dello Stonewall, dei disordini da cui sono nate tutte le grandi battaglie per i diritti Lgbtq. Proseguiremo fino al 13 maggio e alla premiazione del premio Mario Fratti. In più ci sarà una terza coda a luglio quando ritornerà qui a OnStage! lo spettacolo Cry havoc.

Un’altra cosa importantissima è che sia sul versante americano che su quello italiano ci saranno le pubblicazioni. The Girlfriend, che ha vinto l’OnStage Award è stato pubblicato dalla casa editrice La Mongolfiera, nella sua versione italiana. I vincitori del premio Mario Fratti vengono pubblicati dalla compagnia Kairos, solo in inglese per l’America. Posso anche dire in anteprima che per alcuni testi degli spettacoli che passano o che sono passati da In scena, ci sarà una prossima collaborazione con La Mongolfiera, per cui andremo a lasciare una traccia fisica e cartacea”.

È a questo punto che Tomaso Thellung de Courtelary ricorda il film Fahrenheit 451 di François Truffaut, con la famosa scena del rogo dei libri. Proprio in quella sceneggiatura c’era la battuta di forte impatto del ribelle Granger: “E quando ti chiederanno che cosa facciamo, tu gli risponderai: Noi ricordiamo”.

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