Dopo tre anni di aperture mozartiane, per i prossimi tre a inaugurare il Festival di Spoleto sarà un’opera lirica appositamente commissionata a un nuovo compositore: comincia quest’anno il 29 giugno Silvia Colasanti con “Minotauro”, tre cantanti-interpreti più un coro diretti da Jonathan Webb, in dieci quadri con regia e scene di Giorgio Ferrara, ispirati al racconto omonimo di Friedrich Durrenmatt, che indagano l’umanità e la solitudine del mostro chiuso nel suo labirinto, che sarà di specchi, davanti ai quali si guarda e si interroga. Novità anche per la chiusura il 15 luglio di questa 61/ma edizione del Festival, non più come da sempre con un concerto sinfonico, ma col vivace e colorito lavoro teatral-musicale di metà settecento ”The beggar’s opera” di John Gay, che ispirò Brecht per la sua ”Opera da tre soldi”, con regia di Robert Carsen e un numerosissimo cast coi musicisti de Les arts florissants, specializzati nella musica barocca.
Lo ha annunciato a Roma, nell’auditorium del museo Maxxi, il direttore artistico da 10 anni Giorgio Ferrara, che ha sottolineato i due cardini del suo operare: da una parte ”l’attenzione ai giovani per un auspicabile e necessario ricambio generazionale, spesso affidati alla guida di grandi maestri, in collaborazione con Accademie e Conservatori italiani”; dall’altra, il ”far vivere un’officina creativa per grandi e originali produzioni che, spesso, hanno girato a lungo anche all’estero, con un bel ritorno d’immagine, ma soprattutto economico”, sempre all’insegna del Festival come ”luogo di inclusione e d’incontro tra personalità e culture diverse”.
Tra gli appuntamenti più attesi quelli con la danza, aperti da un omaggio alla sua carriera dalla sua compagnia a Lucinda Childs; poi l’Hamburg Ballet di John Neumeier con ”Old Friends”; ”May ladies rock” con la compagnia di Jean-Claude Gallottà su una colonna sonora di signore storiche del rock; infine ”They” di Marianna Kavallieratos sul tema dell’identità sesuale nel mondo d’oggi, nato nel laboratori d’arte parigino di Robert Wilson, quest’anno non presente in prima persona. Il teatro vede invece il ritorno di Romeo Castellucci con ”Giudizio, possibilità, essere”, esercizi di ginnastica su ‘La morte di Empedocle’ di Holderlin da eseguire in una palestra, che sarà a San Giovanni di Baiano, dove per oltre dieci repliche saranno ammessi 60 spettatori a volta; per il resto si va da Alessandro Baricco alle prese per la prima volta personalmente col suo ”Novecento” già divenuto film e portato in scena negli anni da tanti attori; una realizzazione multimediale ”Decameron 2.0” da Boccaccio con drammaturgia di Theodora Delavault e realizzazione di Letizia Renzini per il Metastasio di Prato; ”Ramona” scritto e diretto da Rezo Gabriadze, teatrante e marionettista georgiano che racconta una tragica storia d’amore tra due locomotive; Franco Branciaroli in ”Lettere a Nour” di un padre che scrive alla figlia legata alla Jihad, di Rachide Benzine; poi novità di Lucia Calamaro, un Bergman con Pagliai e la Kustermann; Victoria Chaplin, oltre a un film di Marco Tullio Giordana sulla poesia di Carlo Porta e, dal vivo, la finale traduzione dal milanese di Adriana Asti.
Con Massimo Popolizio, assieme a Corrado Augias e lo storico Emilio Gentile ‘Mussolini: io mi difendo” sugli scritti e appunti del Duce in vista di un ipotetico processo davanti a un eventuale tribunale Alleato. Il programma 2018 prevede quindi gli appuntamenti tradizionali a cominciare dai Concerti di Mezzogiorno e quelli della Sera; la rassegna di lavori dalle Accademie drammatiche di tutta Europa a cura della Silvio D’Amico; le Prediche molto amate dal pubblico (tema questa volta: le Virtù cristiane); gli Incontri a cura e con Paolo Mieli; le varie mostre curate da Luca Marziali (compresa quella del fotografo Fabrizio Ferri, autore delll’immagine del manifesto); due installazioni a tema scientifico della Fondazione Carla Fendi; una rassegna su cinema e psicanalisi; i vari Premi assegnati durante il festival. Una tappa della tournee di Francesco de Gregori è la serata pop di questa edizione.
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