Una platea può ridere di cuore assistendo alla messa in scena di Macbeth, senza che questa “notturna” tragedia del sangue cessi di inquietare gli animi e di insinuare il dubbio sull’ineluttabilità del destino. Succede nella grande sala del Teatro del Lido di Ostia, a due passi dal mare, in una bella serata estiva che nulla sembra avere a che fare con le cupe atmosfere di Dunsinane.
Lo spettacolo è la restituzione del percorso d’alta formazione teatrale La palestra dell’attore di Argot Studio, dedicato a giovani interpreti freschi d’accademia e a professionisti affermati che vogliano continuare a imparare dal confronto con grandi nomi della recitazione. Il regista Filippo Gili decide di preparare il pubblico a ciò che sta per andare in scena: questo Macbeth sarà la storia di un brav’uomo, un generale, un eroe trasformato in tiranno assassino dal fato o da un pantheon di fattucchiere crudeli. Adesso si può cominciare.
Spettatori e spettatrici si ritrovano ad assistere al ritrovo di cinque streghe che per noia decretano, utilizzando a tratti un grammelot incomprensibile che riunisce suoni di diverse provenienze geografiche, la caduta del conte scozzese. Queste creature non abbandoneranno mai la scena e, una alla volta, si sostituiranno a Lady Macbeth per istillare con la loro pungente ironia nella mente del protagonista prima l’idea del regicidio e poi la paranoia che lo porterà a compiere ciascuno degli altri delitti.
Lo spazio scenico è delimitato da una decina di sedie nere disposte a semicerchio sul fondo e sui lati del palco. Qui – fra risatine di scherno e versi animaleschi – trovano posto, alternandosi, queste streghe-attrici. Sono loro, infatti, che osservano, controllano, dominano lo spazio vitale di questo Macbeth, uomo nevrotico, solo e insicuro. Il conte è interpretato a sua volta da tre attori e un’attrice che si danno il cambio in scena per rendere evidente la frammentazione della psiche di un personaggio portato sull’orlo della schizofrenia da emozioni – ambizione, paura, odio, rancore, paranoia – che si avvicendano a un ritmo pericoloso.
La rappresentazione del femminile in questo spettacolo si direbbe seguire la tradizionale lettura misogina del classico shakespeariano. La tentazione assume sembianze di donna e sfrutta le movenze sensuali e provocanti delle cinque attrici che danno un volto alle fattucchiere. È però vero che non solo, come nella tragedia originale, femminile è anche la risoluzione ad agire, il lato più sincero e meno pusillanime di Macbeth – che compie infatti il delitto a lungo meditato nel momento in cui è interpretato da una donna – ma anche che la consorte del nuovo re risulta del tutto scagionata, ignara del complotto, vittima infine non dei sensi di colpa ma del suo stesso marito. Anche la supposta ferocia di Lady Macbeth ritorna in questo modo a essere espressione dell’uomo e della sua empietà.
È così che il palco del Teatro del Lido di Ostia si trasfigura davanti ai nostri occhi, prendendo la forma della mente di uno dei più famosi personaggi shakespeariani. Qui la volontà del protagonista si trova ostaggio di impulsi contrastanti, come un burattino strattonato dai fili di un marionettista impazzito. Se Filippo Gili non avesse fatto quella premessa verrebbe da dubitare dell’integerrima moralità di Macbeth, spezzata solo dal divino intervento del fato: sembra piuttosto che la sete di potere e il delitto si siano sempre annidati nel suo cervello, che qui siano nate e sempre vissute le strigi che lo perderanno.
Crediti
A cura di Filippo Gili e Massimiliano Benvenuto
Con Agata Fortis, Alice Azzariti, Carolina Patino, Federico Giovannoli, Giacomo Galeone, Gianpiero Cavalluzzi, Ida Maurano, Valentina Maffei, Valentina Oteri

Nata a Roma nel 1998, si laurea in Lettere all’Università di Tor Vergata e Filologia Moderna alla Sapienza, occupandosi di letterature comparate e viaggiando per studio e lavoro in Europa. Frequenta il master in Critica Giornalistica dell’Accademia Nazionale Silvio d’Amico. Appassionata di poesia e di parole, scrive per diverse testate e blog di argomento teatrale e culturale, accordando un interesse speciale alla drammaturgia contemporanea e agli studi di genere.