Donna, vita, libertà e poesia. UNA RINASCITA appunti su Forough Farrokhzad 

Gen 3, 2025

Articolo a cura di Cecilia Cerasaro

Tutti gli esseri umani sono esiliati, profughi in un mondo di violenza in cui non possono ritrovare nulla di familiare: così Tamara Bartolini introduce lo spettacolo, ancora in fase di studio, di cui è regista insieme a Michele Baronio. Nella pièce convivono in simbiosi istanze diversissime, personaggi che nulla sembrerebbero avere in comune se non la distanza fisica, psicologica o temporale che li separa da casa loro.  

La coppia artistica Bartolini/Baronio presenta al Teatro India, nell’ambito del festival Oscillazioni Teatri di Vetro, una composizione di cinque appunti, cinque spezzoni che, a partire dal racconto della vita e dalla riscoperta dell’opera della poetessa e regista iraniana Forugh Farrokhzad, restituiscono allo spettatore un’immagine non stereotipata del recente passato e del presente dell’Iran, delle donne di questo paese, dei rovesci di fortuna e delle lunghe battaglie per i diritti che hanno preceduto e ispirato il movimento “Donna, vita, libertà”.  

I mezzi espressivi esplorati nel corso dello spettacolo si diversificano e spaziano dal linguaggio audiovisivo del primo appunto – che raccoglie interviste, voci, materiale di repertorio, foto e testi, filmati girati dalla stessa Forugh Farrokhzad – fino al riutilizzo artistico degli esercizi preparatori dei laboratori teatrali amatoriali. Anche il ballo e la musica rivestono un ruolo importante, fungendo da punti di raccordo tra la storia dell’Iran e la cultura dei registi e del pubblico: i tre interpreti Sara Ghorbanian Matlub, Lisa Lippi Pagliai e Michele Baronio si muovono a ritmo di brani italiani noti in tutto il mondo, prima trascinati dalla tempesta di note dell’aria del Rigoletto La donna è mobile e poi scatenandosi con Rumore di Raffaella Carrà. Segno distintivo e caratteristico della pièce è però il valore assoluto attribuito alla parola poetica scritta e pronunciata, anche in lingue differenti, e al suo profondo, antico legame con il teatro, dovuto alla sua forza evocativa, capace di rendere visibili immagini anche senza l’aiuto della scenografia, del colore, della fotografia, ma anche di far vibrare le corde dell’anima dello spettatore attraverso la ricerca formale dell’armonia dei suoni

A introdurci alla storia del paese mediorientale utilizzando la propria voce e le proprie parole è Sara Ghorbanian Matlub, interprete iraniana che si fa mediatrice tra la sua terra d’origine e quella di arrivo, l’Italia. La narrazione della sua giovinezza in Iran si concentra sul suo incontro fortuito con la raccolta Una rinascita e sul suo rapporto con la poesia vitalistica, passionale e femminista di Forugh Farrokhzad. La poetessa, morta giovanissima in un tragico incidente, appartiene a un periodo storico precedente alla Rivoluzione islamica, un’era di maggiore libertà per le donne iraniane rispetto a quella in cui vive la Sara adolescente. Solo attraverso la lettura di Forugh Farrokhzad, il primo volto di autrice giovane visto sulla copertina di un libro, la ragazza dapprima scopre il corpo femminile e l’amore sensuale e poi, con l’età, arriva a concepire le infinite possibilità di vita finora a lei precluse.  

La riflessione di Sara Ghorbanian Matlub, però, ben presto si fa di più ampio respiro e tocca il tema della condizione femminile in prospettiva universale. Alla donna i diritti sono negati in ogni angolo del mondo dove domina il sistema patriarcale, Italia compresa. Nel nostro paese come in Iran è necessario combattere contro l’oppressione, per la libertà e per un’uguaglianza che non sia solo teorica ma praticata ogni giorno. La coesione e la solidarietà sono gli unici strumenti possibili di resistenza, perché lì dove regna la violenza maschile non c’è casa, si può essere solo stranieri.  

Al racconto della vita della donna iraniana si intreccia quello autobiografico della seconda attrice, la giovanissima romagnola fresca d’accademia Lisa Lippi Pagliai, seduta al tavolo con Sara Ghorbanian Matlub davanti a una ciotola di melograno. Sul rosso frutto invernale, aspro e dolce allo stesso tempo, convergono i significati simbolici dello spettacolo: è la rinascita del sole e della vita celebrata in Iran durante la Yalda, nella notte più lunga dell’anno, ma anche dell’Andalusia di Federico García Lorca e di La casa di Bernarda Alba, della sofferenza, della passione, del desiderio di fuga delle donne di tutta la Terra che ancora oggi non possono sentirsi al sicuro da nessuna parte.  Anche Lisa Lippi Pagliai sente di essere scappata dal suo paesello in cerca di un posto dove poter respirare e vivere come preferisce: con un bagaglio di soli ricordi di una casa che non esiste più si può forse augurare di trovare quel luogo oltre la finestra, una finestra che, come scrive Forugh Farrokhzad “giunga in fondo al cuore della terra./E si apra lungo questa continua grazia azzurra”.

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