Don Chisciotte, il fuoco e la bambina senza nome

Lug 10, 2024

Con la brace ardente, accesa tra il palazzo in rovina, metafora della memoria che non si spegne sulla tragedia della bambina senza nome e di tutte le tragedie della storia di ieri e di oggi, si conclude la seconda anta dell’opera in fieri Don Chisciotte ad Ardere di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari.

Itinerante e divisa in tre parti, la coproduzione Teatro delle Albe/Ravenna Teatro, Ravenna Festival e Teatro Alighieri, ha accompagnato dal 26 al 30 giugno e dal 2 al 7 luglio i partecipanti alla chiamata pubblica, alla (ri)scoperta del cavaliere visionario e folle di Cervantes.

Dopo la fuga degli erranti dal rogo dei libri, con cui si era conclusa l’edizione 2023, si ritorna davanti  al balcone di Palazzo Malagola ad ascoltare il prologo della maga Hermanita che con la tecnica dei versi dalla testa rotta inventati dal poeta di Siviglia Alvarez de Soria, vissuto tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo, introduce al luogo in cui “si cuciono, si disegnano e si cantano i sogni”. Guidati dal mago Marcus si varca subito dopo  il portone di legno, asse del mondo, per esplorare un universo personale, intimo e onirico. Una dimensione raccontata e scritta dalle persone che siedono operose nell’antro del palazzo, dalle immagini di Stefano Ricci, nell’inconfondibile stile già conosciuto in Madre, dal canto di Serena Abrami e dal silenzioso peregrinare del pubblico da una stanza all’altra. I rimandi al mondo contadino ricordati nelle Minature Campianesi di Ermanna Montanari sembrano rivivere nel pavimento di fieno e nel maiale sacrificato ed esposto prima di uscire nel giardino del palazzo dove il viaggio degli erranti entra nella seconda fase.

È qui che la maga Hermanita evoca i tre fantasmi che escono dalla Trash Room: sono i protagonisti dell’opera di Cervantes: Roberto del Castillo, alias Don Chisciotte, Laura Ross de la Briansa è Dulcine e Sancio Panza, infine, è Aleandro Argnàn de Puerto Foras

Personaggi stralunati e comici, abitati da attori che entrano ed escono dalla loro parte, protestano, litigano tra loro e rischiano più volte di essere tramortiti dalla folla inferocita che si scaglia contro le utopistiche pretese dell’hidalgo. Che sia il coro degli adolescenti impazienti delle Marcelle e dei Marcelli e che tuttavia maga Hermanita riesce a coinvolgere in una fragorosa e divertente glossolalia, o il gruppo dei carcerati che dopo essere stati liberati pensa solo ad andarsene e non si fa scrupoli ad aggredire Don Chisciotte che pure li ha aiutati. O ancora il rogo dei libri della biblioteca di Don Chisciotte messo in atto dai suoi amici, il curato e il barbiere, in cui ancora una volta è la folla manipolata e irruenta a gettare alle fiamme i testi di Italo Calvino, Luis Sepulveda, Fëdor Dostoevskij, Stephan Hessel, Voltaire e Gabriel Garcìa Marquez. Ancora fuoco, che questa volta consuma e distrugge. Il rituale di macabra purificazione prosegue lanciando libri dalla finestra della locanda. Ci sono anche Dante Alighieri, Miguel de Cervantes, Greta Thumberg, Bertolt Brecht, Antonin Artaud, Primo Levi, Alfred Jarry e Cristina Campo.Hermanita, viso da maga e mani di bambina, medium e teatrante, interviene ancora una volta: Cosa ci fate lì imbambolà? Non le vedete le fià?Le fiamme che si alzano in ciè. Che incendiano il mondo! Si comincia sempre così. Si comincia con quattro libretti. Zitti zitti. Un fiammiferino. Uno zolfanello. La carta non fa rumore. Brusar dieci libri. Che vuoi mai che sia? Un rogo. Un rogo sulla pubblica piazza (…) Si comincia col bruciare la carta. Si finisce per bruciare la carne! Si comincia con un rogo di libri. Si finisce con un rogo di donne, uomini, bambini! Scapì! Scapì!

Don Chisciotte
Ph Marco Caselli Nirmal

Ci si prepara alla parte finale dell’opera, allontanandosi dal rogo e guidati ancora una volta da Marcus che conduce gli erranti lungo le strade. Prima ad osservare il fare e disfarsi continuo di uccelli notturni che Stefano Ricci disegna su una pala appesa al muro di una casa. Poi di nuovo sotto il balcone di Palazzo Malagola dove un’Hermanita ieratica e lunare, ricompare e si chiede: Dov’è finito il mio parlar felice?. Catacumbaro? Oggi che il cielo è di fangaccio. E di cemento il gorgo del mar. Dov’è finito il mio cantar deliro? Ma voi. Erranti. Seguite il Marcus che va.

Si arriva così a Palazzo Teodorico, dove gli erranti assistono ad un acceso litigio tra gli attori e volano parole grosse come strazio di fronte alla prospettiva di far recitare Aleandro in spagnolo senza auricolari. Appunto! Appunto caro Don Chisciotte, lo Strazio del mondo, il Dolore insensato dell’intera Umanità, di cui voi, qui, siete lo specchio luminoso e zoppicante. dice Marcus. Il teatro non racconta perfezioni, non dà risposte, ma domande, parti di verità, condivisione. Ci si prepara allora all’atto finale, in cui Hermanita introduce la figura della bambina senza nome, ispirata alla Schiava di Algeri dell’opera di Cervantes, che giace morta in fondo al lago con la sua bimba. Porta il nome di tutte! Viene dall’India, dal Nepal, che importa. Da un villaggio sperduto dell’Africa. Viene dalla Grande Moldavia, dal Kosovo. Dall’immensità sterminata della terra. Cammina come uno spettro. Sulle vie che portano a Roma. La Salaria, l’Appia, la Tuscolana. È uno straccetto. Afferrato e poi buttato via. Nella desolazione di questo Mondo!. Ad interpretarla la giovanissima Giulia Albonetti, adolescente cresciuta nella non scuola e proprio recentemente intervistata dalla giornalista belga Laurence Van Goethem che sarà pubblicata a breve in francese sul sito online La Pointe in cui parla in modo molto intenso di questa sua interpretazione.

La bambina senza nome, riprende Hermanita, può essere vicino a noi, ma non la vediamo. Il fuoco nel braciere allora viene riattizzato ancora di più, perché la fiamma della memoria non si spenga, perché il teatro sia ancora e sempre gioco e dionisiaco piacere, ma anche ricerca della verità.Un allestimento dell’opera-mondo di Cervantes che riprende teatro di massa e sacra rappresentazione. Trasforma, incanta e diverte. Un itinere, un insieme di persone che sono piega, curva, linea retta, metamorfosi inarrestabile, proiezione verso l’infinito.

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