Concentrica Open School, a scuola di relazione 

Nov 15, 2024

Attivare culturalmente un territorio utilizzando la scuola come presidio, coinvolgere studentesse e studenti in un percorso di promozione attiva delle arti è quanto determina l’intera fisionomia del progetto Concentrica Open School.
Ideato dal Teatro della Caduta di Torino, organizzato con Torino Open Lab e diversi partner nazionali, Concentrica Open School mette in connessione il mondo del teatro con quello della scuola, in una prospettiva di arricchimento trasversale per tutte le parti in gioco. 

Se da un lato i ragazzi e le ragazze si mettono alla prova con una proposta formativa dinamica e interattiva attraverso gli strumenti dello storytelling, del videomaking e del digitale; dall’altro, incontrando il teatro, scoprono loro stessi, si predispongono al dialogo. Docenti e genitori imparano a conoscere i propri allievi e figli, innescando un processo virtuoso di educazione relazionale. 
La scuola, campo base dell’esperienza creativa degli studenti per due settimane, apre le sue porte al pubblico ospitando gli spettacoli di giovani compagnie pluripremiate.  A beneficiare dell’intervento di Concentrica Open School è la comunità tutta, sia essa del centro città o della periferia.

Ne abbiamo parlato con Massimo Betti Merlin e Lorena Senestro, fondatori di Concentrica e direttori artistici di Teatro della Caduta. 

Come nasce Concentrica, quali sono gli obiettivi principali del progetto?

Massimo Betti Merlin: Concentrica è nato dalla necessità di fare un lavoro di rete. Nel 2011, dopo un decennio di lavoro a testa bassa sul nostro progetto, abbiamo sentito il bisogno di entrare in relazione con l’esterno, anche oltre i confini della città di Torino, per cui abbiamo creato il network piemontese che poi si è esteso anche alla Liguria e alla Valle d’Aosta. Prima abbiamo dialogato con tanti partner teatrali, poi abbiamo verificato che un lavoro di partnership inter-settore risultasse ancora più efficace.
Concentrica ha fatto da ponte per l’introduzione e il rafforzamento in Piemonte di una serie di sistemi di rete, tra cui In-Box, Smart che abbiamo importato dal Belgio, C.r.e.S.c.o., Risonanze. Ci siamo posti come dei connettori tra l’offerta culturale del territorio e quella nazionale.

Con Concentrica Open School avete realizzato un’importante azione di intervento artistico e culturale in ambito scolastico. Durante quest’esperienza, gli studenti hanno la possibilità di scoprire i mestieri dello spettacolo e di proiettarsi nel mondo del lavoro, come è strutturata la proposta formativa?

M.B.M: Oggi più che in ogni altra epoca, il gap generazionale è fortissimo. Open School ha risposto innanzitutto a una nostra necessità: interfacciarci con il nuovo pubblico e metterlo in rapporto con le nuove generazioni di artisti che promuoviamo. Il teatro è una folgorazione solo se hai l’opportunità di incontrarlo. Noi portiamo il teatro nelle scuole e stiamo a vedere cosa accade, non solo dal punto di vista degli spettatori ma anche degli artisti. I ragazzi e le ragazze che coinvolgiamo sono un termometro fondamentale per misurare la risposta del pubblico alle proposte artistiche contemporanee. Alcune cose che per noi adulti sono straordinarie non smuovono affatto i giovani e viceversa altre cose che per noi sono acerbe possono attivare in loro urgenze, istanze. Ecco, il teatro che risulta capace in questo va sostenuto, è una responsabilità anche di noi programmatori. Si tratta di formazione per noi, una formazione contemporanea. 

A proposito del piano formativo, abbiamo scelto di non mettere più al centro soltanto il teatro ma gli strumenti del fare artistico in senso ampio: Francesco Giorda, impronta la conduzione dei suoi percorsi formativi sulla pratica artistica, tu metti in connessione i ragazzi con il mondo della comunicazione culturale e del giornalismo. Quello di usare gli smartphone e i social per coinvolgerli è un trucco, ma è molto efficace perché emancipa i social dalla narrazione di strumenti diabolici e ne fornisce un uso consapevole. Il tema dell’orientamento è emerso in corso d’opera. Ci siamo resi conto che stavamo operando per legittimare le figure professionali del nostro settore. Il progetto Make-A-Fest di Tool – Torino Open Lab vuole di fatto formare i nuovi professionisti. Portiamo la cultura al centro sul territorio nazionale dove non hanno ancora capito che è la nostra salvezza. Quindi è bene cominciare da piccoli.

Oltre a un’offerta formativa diversificata, il progetto prevede la programmazione di spettacoli presso gli istituti e i teatri del territorio, aperti non solo agli studenti ma a tutta la comunità. In questo senso, il progetto ha un’incidenza più ampia che travalica il mondo scuola. Qual è stata la risposta delle comunità in cui avete operato?

Lorena Senestro: C’è parecchia curiosità, le persone si sentono coinvolte, sono contente di parlare con ragazzi giovani, stanno al gioco: si prestano a fare le interviste, li ascoltano durante le visite, si divertono durante gli sketch. Quella degli adolescenti è una fascia generazionale con cui è difficile avere contatti e vedere questi ragazzi che si aprono è attrattivo. Scoprire cosa c’è nella testa dei giovani ha un effetto teatrale, come quando andiamo a teatro e scopriamo tutto quello che l’altro generosamente ci offre. I genitori scoprono delle cose dei figli. Credo che questo sia uno degli impatti più belli e inaspettati del progetto.
Open School ci consente di attraversare le comunità e realizzare un coinvolgimento attivo del pubblico tout-court, dall’infanzia fino alle persone più adulte.

M.B.M: Pur nella sua efficacia è un progetto che ha alcune criticità: la burocrazia non ci consente di realizzare tutte le attività che abbiamo in mente e la scuola non mostra sempre totale apertura e disponibilità. Per i professori è un aggiornamento pazzesco, conoscerebbero molto meglio i loro ragazzi, ne guadagnerebbero nel loro ruolo di docenti. Un lavoro formativo per i docenti ed educativo alla relazione per il territorio. Abbiamo tentato di coinvolgere le istituzioni per un intervento collettivo di sviluppo territoriale, con l’idea di incontrare altri professionisti con cui amplificare l’effetto che produciamo. 

Ci piacerebbe tentare la via di un’esperienza residenziale a scuola in cui invitare artisti e compagnie per dei laboratori permanenti per gli studenti, allo scopo non solo di offrire una formazione teatrale ma anche di alimentare il processo creativo degli artisti stessi.
Volendo dare una prospettiva sul futuro di Open School, stiamo immaginando di modificare il format, aprirci di più alla rigenerazione urbana, a delle azioni che abbiamo notato che servono nelle scuole. Sarebbe interessante dare ai ragazzi la possibilità di essere parte attiva nel ripensamento degli spazi della scuola.

In qualità di artisti e curatori, che valore ha per voi fare da tramite per le nuove generazioni nella scoperta del teatro?

L.S: Nel nostro lavoro, io e Massimo ci siamo sempre occupati di ciò che stavamo vivendo anche nel privato. Forse, dunque, Open School nasce anche dall’esigenza di affrontare nella quotidianità del lavoro il rapporto con i nostri figli. Adesso che sono adolescenti, ci siamo dedicati a questa fascia d’età anche per capire che senso avesse ciò che stavamo facendo per loro. 

M.B.M: Ci siamo discostati dalla fascinazione giovanile dell’arte per l’arte e abbiamo deciso di lavorare su un piano pratico, investendo in qualcosa che potesse riverberare nella vita delle persone. Crediamo nella potenza del teatro non fine a se stessa, riusciamo ancora a percepirne l’effetto che riscuote anche sui giovani che lo incontrano per la prima volta. Sul piano artistico, però, ciò che ci ha guidati è stata la volontà di non restare incastrati nei confini, nei limiti, nelle etichette. Abbiamo sempre tentato di creare dei contesti, delle condizioni favorevoli e anche Open School va in questa direzione. 

Il progetto è realizzato in collaborazione con Theatron 2.0, Cubo teatro e Giobbe Onlus, sostenuto dal Comune di Torino, Fondazione Compagnia di San Paolo, Regione Piemonte, Ministero della Cultura, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

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