Won Kar Wai è un grandissimo regista, noto anche per il sapiente uso della danza, la coreografia ed il movimento umano, usato come canovaccio al servizio di una storia, di un discorso e di una filosofia. Nel film “Happy together” la scena di tango tra i due amanti in viaggio è un esempio dell’uso originale del tango nel cinema. In questa storia la danza non è di fatto protagonista ma serve da vettore, mezzo d’unione e di disunione tra i protagonisti.
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Tornando indietro nel tempo possiamo osservare già come Carry Grant, nel film “Briging up Baby” (Howard Hawks-1938), prendeva esempi dall’arte del ballerino di tango o da quello di un torero, così da avere delle movenze usate con l’intento di proteggere il «sedere» di Katharine Hepburn dallo sguardo indiscreto degli ospiti presenti nel ristorante. Questa scena ha tutti principi di una danza: la ristretta vicinanza tra i due, la capacità di movimento pur senza il lato pianificato e coreografato del tipo: «e ora balliamo!…» rimanendo, quindi, nel registro della commedia.
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Torniamo a Won Kar Wai e interessiamoci al suo film “The Grand Master” che rimane un’opera unica del regista, forse come ogni film che ha realizzato. La storia tratta liberamente del personagio di Ip Man, professore di arti marziali di stile Wing Shun, conosciuto soprattutto grazie ad uno dei suoi più famosi studenti: Bruce Lee. Un film di Kung Fu, certo, ma è qui che il maestro Won Kar Wai prende un posto particolare nella tradizione dei film di arti marziali di Hong Kong. Bruce Lee, a suo tempo, aveva già rispolverato il genere offrendo al cinema scene più realistiche di combattimento, rispetto per esempio, a «A touch of Zen» (King Hu-Taiwan/Hong-kong 1970-1971) , seppur eccellente. «The Grand Master» potrebbe essere visto come la storia del dottor Zivago con scene di combattimento alla «Matrix» in una Cina degli anni 30 sino ai 50. Secondo gli esperti, gli stili di Kung Fu usati sarebbero autentici, e rendono il film quasi un’introduzione alla storia delle arti marziali cinesi del XX secolo con una grandissima qualità della coreografia e del movimento. Il ruolo di Ip Man è interpretato dall’attore “fétiche” di Won Kar Wai, la sua musa, Tony Leung. Egli non aveva mai «praticato» prima del film ed ha imparato arti marziali all’età di 47 anni, avendo a che fare, anche, con il coreografo del film «Matrix», Yuen Wu Ping.
Quali sarebbero le ragioni per vedere, e possibilmente, rivedere questo film? Perché abbiamo l’impressione di vedere un dipinto ogni momento, grazie alla messa in scena incredibile, all’abbigliamento formale, alle invenzioni stilistiche, al lavoro di artigianato dantesco su l’accelerato e i rallentati, alle invenzioni cromatiche, ai colori sempre considerati, studiati ed elaborati con cura, il tutto su un lavoro sonoro e di musica sapientemente orchestrato.
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Per le riprese di questa scena ci sono voluti 2 mesi, d’altra parte Won Kar Wai affermò che la parola ‘Kung Fu’ significava letteralmente: «Il tempo che richiede/ necessario». Avrebbe potuto girarla in 3 giorni ma sarebbe stata una scena di combattimento qualunque. Qui, abbiamo a che fare con un film storico, in costumi d’epoca, negli ambienti della cerchia del Kung Fu, sulla rivalità tra scuole del Nord e del Sud. Quando Ip Man deve sfidare Gong Er la lotta si trasforma in una danza di seduzione, l’amore nascente si nasconde nei dettagli. Tony Leung e Zang Ziyi, così tanto telegenici, sono ingranditi grazie al lavoro di Won Kar Wai e al suo direttore della fotografia, il francese Philippe Le Sourd che ha ottenuto l’Oscar per la migliore fotografia nel 2014. Un’attrazione reciproca, niente finestre rotte né porte schiantate, è tutta precisione tra i due maestri. Il dettaglio dei piedi che scivolano sul pavimento sono come un invito a ballare, i suoni dei passi e degli appoggi nei diversi punti delle scale fanno si che la sensualità entri all’interno della lotta tra i due.
La scena di apertura del film sotto la pioggia usa effetti rallenty estremi combinati ad acceleramenti, movimenti surrealisti seguiti poi da movimenti molto concreti, semplici e diretti che contrastano con la scelta sul movimento ”surrealista” precedente, in modo tale che si metta in evidenza il potere del personaggio di Ip Man. La parte interessante di questa scena è dovuta anche alla possibilità di evidenziare i micromovimenti, facendo comprendere ancor meglio allo spettatore il combattimento. Il rallenty permette, inoltre, di far passare delle informazioni sui protagonisti con una maestria formale che trasforma la scena in un’esperienza estetica abbagliante. Si può vedere un’attenzione particolare ai piedi simile a quella che si potrebbe trovare nelle inquadrature di un film di tango. I movimenti dei vestiti e specialmente del capello di Ip Man sono parte del movimento generale del combattimento. Sono così belli a livello fotografico da fornire informazioni sulla dinamica del colpo successivo o sulla prossima sferrata. Sembrerebbero una pura delizia formale ma sono in realtà una chiave in più per comprendere la scena: traducono, infatti, l’onda causata dal movimento, come per esempio i vestiti appesantiti dall’acqua della pioggia che espelle questa carica in una seconda ondata di gocce regalate allo sguardo dello spettatore. Potenza, bellezza, maestria del regista-demiurgo che, grazie ai diversi piani di lettura e alla maestria con cui utilizza le arti marziali con l’eleganza del Wing Chun, fa in modo che si arrivi all’apice di un cinema sia popolare sia elitista.
E infine un video molto interessante di Rowena Santos Aquino sull’utilizzo che fa Won Kar Wai della danza attraverso le sue opere.
https://vimeo.com/151474494
Traduzione a cura di Adriano Popolo Rubbio