Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, ciechi che, pur vedendo, non vedono.
J. Saramago
Cecità è la nuova produzione di Virgilio Sieni che ha debuttato nella sua prima assoluta, con sei repliche, nell’omonima stagione 2023/24 del TPE, presso il Teatro Astra (Torino). Lo spettacolo rimanda liberamente al romanzo premio Nobel di Josè Saramago in un invito alla ricerca di una nuova vista, di rinnovate lenti con cui vivere il mondo.
Quando l’intera umanità viene improvvisamente colpita da un virus che rende tutti ciechi è necessaria una rieducazione alla vista, a un nuovo modo di sentire.
Le luci della platea si spengono e dietro ad un telo bianco del proscenio si manifestano una prolungata serie di macchie cromatiche e illusioni ottiche dai colori rosso, giallo e blu, riproducendo quell’effetto di fotofobia per l’occhio di chi osserva.
Accanto a questi giochi di luce, fanno la loro comparsa differenti ombre tra cui è possibile individuare figure umane ed oggetti (delle forbici, una valigia, un banco per una citazione del romanzo di Saramago). In questo puntuale disegno luci di Andrea Narese si susseguono ombre e figure incomplete, sempre in movimento.
Quando il telo si alza, dietro se ne svela un altro interamente velato, che sfoca e confonde l’intera visione. Così, appaiono i sei corpi degli interpreti (Jari Boldrini, Claudia Caldarano, Maurizio Giunti, Andrea Palumbo, Emanuel Santos, Lisa Mariani) in uno spazio chiuso da larghi tendaggi, ancora bianchi.
La scena che si presenta restituisce un paesaggio apocalittico, con vestigia di corpi sparsi a terra, accovacciati, arresi. Le prime movenze del corpo proposte tentano di restituire l’incapacità dell’essere umano di esistere, di stare in piedi, in una danza franta e tendente sempre al suolo, accompagnata da lamenti. In questa seconda parte dello spettacolo, viene restituita tutta l’inquietudine di chi si è perso, buttando un occhio a quel cannibalismo indotto nel romanzo di Saramago.
La terza porzione che chiude Cecità introduce sulla scena la figura di un Arlecchino completamente bianco e senza volto: una lunga asta in mano che termina con un microfono che, risuonando nello spazio circostante, raccoglie senza precisione rumori fastidiosi di un mondo che non ci è possibile vedere.
Immediatamente, la figura carnevalesca viene circondata da animali, di cui è possibile intuire la vittoria sulla specie umana attraverso la persistenza del personaggio sulla scena con cui cala il buio. Le tre sezioni di Cecità si presentano divise e autonome, prive di continuità narrativa, come tre capitoli di uno stesso poema ma a cui mancano fondanti connessioni drammaturgiche.
In questa danza di Virgilio Sieni il corpo e le sue parti divengono il punto di ripartenza per un percorso di iniziazione al gesto: si procede con un lento camminare e strisciare, per poi usare le mani libere per toccare, per vivere, per interagire con l’altro. A cosa serve dunque vedere? Cecità cerca di dare forma a questa domanda in uno spettacolo dove i corpi cercano gesti nuovi, toccano lo spazio e ne sono toccati, ascoltano tracce e onde sonore che vagano nell’aria. In quel mare di latte nel quale sono costretti, gli esseri umani riscoprono la propria natura e comprendono di essere ancora vivi. In che modo? aprendo semplicemente gli occhi tutte le volte che vorranno vedere di nuovo.
Federica Siani è nata nel 1996 in provincia di Torino. Ha una laurea Triennale in Lettere Moderne e una Magistrale in CAM (Cinema Arti Performative Musica e Media) e nel frattempo ha proseguito la formazione da danzatrice contemporanea. Nel 2021 ha partecipato al Biennale College-Scrivere in Residenza presso la Biennale di Venezia e ha lavorato come moderatrice delle conversazioni ancora per la Biennale Danza 2022. Ad oggi, continua a cercare un sempre rinnovato incontro tra le sue due passioni: le parole e il linguaggio del corpo.