Il teatro emergente in scena a Strabismi. Tendenze, direzioni e ragioni di sistema

Il teatro emergente in scena a Strabismi. Tendenze, direzioni e ragioni di sistema

Superando le logiche ministeriali, fuoriuscendo da criteri e valutazioni, tabelle e punteggi, cosa rende un festival meritevole di attenzione e di sostegno?
Forse il radicamento territoriale, l’elezione a riferimento esclusivo in luoghi le cui politiche culturali prevedono un’offerta di taglio mainstream, la capacità di riservare agli artisti e alle artiste condizioni di lavoro che non ne ledano la dignità, o ancora il consolidamento comunitario.

Ebbene, se la funzione sociale del teatro e della cultura può essere considerata un obiettivo perseguibile e non solo una chimera che si forgia della propria irraggiungibilità per deresponsabilizzare, realtà come Strabismi Festival andrebbero elette a strumento d’analisi per indagare l’incidenza di una manifestazione artistica sul funzionamento e, insieme, il ripensamento delle strutture sociali su cui riverbera.

A Cannara, piccolo borgo in provincia di Perugia che conta 4.180 abitanti, la determinazione del collettivo che opera in seno a Strabismi, in collaborazione con l’amministrazione locale, ha contribuito alla rivitalizzazione di spazi cittadini in disuso: un ostello con una capacità ospitale di circa 100 posti; un museo abbandonato a se stesso, oggi divenuto spazio dedicato a performance, presentazioni di libri e all’allestimento di mostre d’arte contemporanea (la prima Athazagorafobia dell’artista Mattia Ammirati visitabile fino alla fine del 2022); la ristrutturazione, in corso, del Teatro Ettore Thesorieri.

Azioni concrete, diffuse, simultanee che convergono in un’opera di rigenerazione capace di interessare i luoghi della cultura cittadina, oltre che la cittadinanza stessa, ben al di fuori dei confini temporali di un festival.
In un processo di crescita costante, Strabismi sta dimostrando di essere una realtà che si assume la responsabilità di definirsi identitariamente con una pratica di lavoro e una linea artistica che tengono insieme il piano quotidiano del vivere nel proprio tempo e nei propri luoghi, e quello extra quotidiano dell’arte.

Il 2022 segna l’ottavo anno di vita di Strabismi. Episodio VII – Una nuova speranza è il titolo dell’edizione che si è svolta dal 17 al 24 settembre e che sancisce l’avvio di una trilogia ispirata alle saghe cinematografiche.

Con Strabismi Festival una nuova speranza sembra davvero possibile, soprattutto se si guarda a due dati particolarmente interessanti che hanno a che fare con le scelte di direzione artistica: una preminenza di artisti e artiste giovani in cartellone e la moltiplicazione del punto di vista femminile. Non un manifesto programmatico ostentato, non una traccia tematica dichiarata, la sola dimostrazione che le soluzioni ai problemi di rappresentanza, e rappresentazione, esistono e sono facilmente attuabili.

I curatori di Strabismi Festival Alessandro Sesti e Silvio Impegnoso – coadiuvati da un ampio staff di professionisti e professioniste under 35 – hanno saputo tradurre di nuovo su un piano concreto l’esperienza maturata nella frequentazione, in qualità di artisti, del settore teatrale. Con ciò a dire che Strabismi è un festival pensato da artisti per artisti, che non tratta l’emergenza artistica come un tassello del mosaico qualitativo della propria offerta, ma come il centro catalizzatore di una proposta. L’idea è valorizzare quelle esperienze che, oltrepassando l’anagrafica, siano già in grado di mostrare una visione e una direzione scenica e politica degne di nota.

Di fatto, ogni anno il festival dedica parte delle proprie attività al lavoro di un artista o di una compagnia. È il caso di Silvia Torri e Rita Giacobazzi, fondatrici della compagnia Créature Ingrate, che hanno tenuto il laboratorio “(Non) Siamo oggetti” e portato in scena lo spettacolo Flirt.

Flirt Créature Ingrate – Ph Luca Guido

La compagnia, operante tra Italia e Francia, conduce una ricerca sulla narrazione e sulla concezione del femminile nella società contemporanea, scegliendo come mezzo d’elezione il teatro d’oggetti. In Flirt, l’attrice e manipolatrice Silvia Torri anima oggetti d’uso comune che diventano i personaggi di fugaci storie d’amore, sorte e dissolte tra i meccanismi da fast food sentimentale delle app d’incontro. La protagonista, un femidom, si lancia in una giostra di frenetici speed date che mostrano l’ossatura e il disagio di meccanismi relazionali diffusi. Silvia Torri costruisce un percorso narrativo che interseca in maniera agile e intelligente diversi registri, insistendo sulla libertà sessuale femminile e la sua relativa demonizzazione, fil rouge tematico dell’esplorazione teatrale di Créature Ingrate.

Con un lavoro di scouting che vede impegnati spettatori e spettatrici della direzione artistica partecipata under 25, per ciascuna edizione vengono selezionati e presentati gli studi di compagnie cui viene riservata una possibilità di residenza e circuitazione presso i partner del territorio. Di anno in anno, la composizione di Exotropia, sezione del festival dedicata al teatro emergente, diventa una cartina tornasole per individuare le tendenze e le direzioni del teatro under 35 italiano.

Tendenze e direzioni che, per essere discusse, necessitano di una seppur superficiale premessa: Peter Brook ci ha insegnato che per dare inizio a un atto teatrale occorre che qualcuno attraversi uno spazio vuoto mentre qualcun altro lo guarda. Una via negativa, un principio base che verte unicamente sulla relazione, in assoluta assenza di mezzi. Ma come si innesta questa essenzialità sul lavoro in costruzione di giovani artisti e artiste, operanti in un sistema cannibale che non investe sulla formazione, in un numerificio che continuamente sprona all’iperproduttività, che non favorisce la ricerca, che innesca la competizione, che incenerisce i percorsi artistici al grido di miracoli modaioli, che non considera la possibilità di fallimento?

Ecco che, se tale quesito diventa sottotesto della riflessione, le tre macro-derive del teatro emergente accostabili al teatro di narrazione, al performativo e alla commistione di linguaggi non sempre – o non ancora – sostenute da una consapevolezza tecnica, trovano una ragione economica e di sistema prima che artistica.

Ad aprire Exotropia, Molto dolore per nulla dell’attrice e autrice umbra Luisa Borini che, a partire dal dato autobiografico, racconta la dipendenza affettiva nel mondo femminile. In un monologare da stand-up comedy, Borini conduce il pubblico lungo un percorso che segue il moto ondoso delle relazioni tossiche: dall’eccitazione ingenua e gioiosa fino alla drammatica presa di coscienza delle microviolenze in atto o subite.

Ancora una storia di disagio psichico femminile è quella proposta dalla compagnia Pars Costruens di Parma. In Verderame, una nonna, una madre e una figlia, rappresentanti di tre stadi evolutivi, in termini sociali e biologici, si gettano nell’esplorazione della propria parte oscura solitamente rigettata. Come parassiti che divorano nell’invisibilità, le forze psichiche che lavorano in opposizione ai desideri si dipanano sulla scena. La collocazione onirica del racconto consente una disarticolazione della narrazione e una convivenza di differenti linguaggi in via di armonizzazione.

Memoria e identità sono i pilastri del delicato e potente racconto che Andrea Di Palma porta in scena con Mani di sarta. Il passaggio a un’economia industriale che ha interessato l’area ciociara dagli anni ’70 in poi, ha condotto a un disastro ambientale che ancora oggi miete vittime. Fuggendo i tecnicismi, Andrea di Palma traccia un commovente ritratto dell’artigianato preindustriale, a partire dal ricordo della nonna, una sarta che, mentre batte a macchina e cuce orli, intesse la trama delle vite inquinate degli abitanti della Valle del Sacco.

Mani di Sarta Andrea Di Palma – Ph Luca Guido

Cosa ci fa sentire donne oltre il dato biologico? Agata, la guerra è delle donne di Ilaria Weiss si origina da una ricerca sul campo, dall’incontro con donne, bambine, ragazze allo scopo di recuperare le radici archetipe della rivendicazione femminile. La drammaturgia, collazione delle istanze emerse dalle conversazioni con le donne incontrate, è il binario su cui corre un lavoro scenico essenziale che, sul finale, apre coraggiosamente a una presa di responsabilità corale.

Afferrare Marla! di Arti Fragili/Cartocci sonori racconta un suicidio. Quello di una ragazza schiacciata dal peso di una società che pone continuamente in confronto con desideri e risultati. Un tema-tabù, affrontato con una tecnica attoriale degna di nota, che si snoda in un andirivieni di stili e segni dall’alto valore simbolico. Afferrare Marla! è uno sforzo collettivo di esorcizzare la morte.

Stacanovismo ed efficienza, performatività e giudizio sono la materia di cui si compone la spada di Damocle che pende sul capo di chi entra a far parte del mondo del lavoro. Preferisco il rumore del mare di BALT si interroga sull’infelicità generata dal lavoro che assorbe la vita quotidiana. «È importante come ti mostri, più di quello che fai» ripetono in scena gli attori, in un dispositivo beckettiano che li porta ad attraversare lo spazio compulsivamente, per evitare di fermarsi, di contemplare il vuoto che gli si spande intorno, evitando il centro occupato da uno specchio riflettente la trappola di rabbia e sacrificio in cui si trovano invischiati.

L’autobiografia come sorgente creativa è comune a tutti gli studi di Exotropia 2022, segno di un’urgenza bruciante di mettere in discussione la propria condizione di artisti ed essere umani, di trovare vie d’uscita, di ampliare spazi d’ascolto ancora troppo claustrofobici.

Volgendo uno sguardo al futuro è confortante constatare l’energia e la dedizione con cui questi artisti e queste artiste si dedicano all’arte teatrale.
Come confortante è l’infaticabile azione svolta da Strabismi, un festival che sa difendere e far fiorire il teatro, capace di ribadire la necessità di fare arte nella comunità che ha saputo costruire in questi otto anni di attività.

Strabismi è realizzato con il sostegno di: Regione Umbria – Comune di Cannara Amandola Gelateria Foligno – Effetre Srl – Educazione e Addestramento cani Funny Dog – Cantina Di Filippo – Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno – Blue Sky Bar – Dylan Return – Music Service Calderini – Angelini & Co. srl – Prodotti e Soluzioni per Ufficio – Conad Cannara

Bildung: imparare a diventare sé stessi. Il processo creativo ininterrotto di Malmadur

Bildung: imparare a diventare sé stessi. Il processo creativo ininterrotto di Malmadur

PimOff è uno spazio culturale milanese gestito da un team di professioniste che ha individuato nella libera possibilità di ricerca e sperimentazione, offerta a giovani compagnie e artisti, la propria mission. Una casa-teatro dove sospendere la frenetica corsa del tempo per dedicarsi alla scoperta della propria indagine teatrale. 

Da queste premesse nasce il Premio PimOff per il teatro contemporaneo, giunto alla sua terza edizione, che intende sostenere la giovane creatività contemporanea italiana, selezionando progetti inediti e supportandoli nelle fasi finali di creazione di distribuzione nei circuiti nazionali. La vittoria del Premio prevede, infatti, il prosieguo della ricerca durante i tre periodi di residenza messi a disposizione da Gli Scarti, Sementerie Artistiche e PimOff. 

Per raccontare i percorsi artistici, le visioni e le poetiche degli artisti e delle artiste che il 22 Ottobre presenteranno gli esiti del proprio lavoro, incontriamo le compagnie finaliste.

L’approccio creativo di Malmadur sposa gli intenti del Premio PimOff, individuando nell’approccio lento al lavoro, nel tempo di gestazione spettacolare dilatato e nella ricerca perpetua la propria cifra creativa e artistica. Con Bildung, uno dei tre progetti finalisti, viene portata a compimento la destrutturazione della relazione convenzionale tra performer e pubblico, in un dispositivo che richiede uno sforzo d’interazione allo spettatore, contestualmente posto dentro e fuori il processo creativo.

L’ossessione per l’acquisizione di competenze, la trasmissione della memoria e l’archiviazione delle conoscenze acquisite sono il nucleo tematico di Bildung, un processo creativo ininterrotto in cui imparare a diventare sé stessi. 
Ne parliamo con il drammaturgo e performer Jacopo Giacomoni.

Ripercorriamo la storia della vostra compagnia: come è nata Malmadur, intorno a quali visioni artistiche vi siete riuniti?

Malmadur è stata fondata 9 anni fa in seguito alla vittoria del Premio OFF del Teatro Stabile del Veneto, con lo spettacolo Lear/Del conflitto generazionale, che ci ha permesso di avviare la compagnia a livello economico.
Siamo nati come insieme di diverse compagnie che provenivano dall’Università IUAV e dalla Ca’ Foscari di Venezia, fino a quando non abbiamo intrapreso un percorso professionale e artistico congiunto. 

Non siamo partiti con un chiaro manifesto artistico, piuttosto abbiamo compreso quale fosse la nostra direzione attraverso una serie di tentativi. 

Quello di cui sono orgoglioso è che siamo riusciti, in maniera indipendente e contando solo sulle nostre forze, a costruire una piccola nicchia artistica in cui creare con i nostri tempi, con il nostro rigore, in maniera coerente.

Credo di poter affermare che dal 2017, a partire dagli ultimi tre spettacoli, abbiamo preso una direzione del tutto nostra. C’è stato un lungo tempo di rodaggio, come lunghi sono i tempi di gestazione dei nostri lavori, perché preferiamo concentrarci su un progetto grosso alla volta senza accettare compromessi.

Malmadur in trentino significa “non maturo, acerbo”. Un termine in cui ci rispecchiamo molto per il nostro costante tentativo di scoprirci, senza mai pensare di aver trovato un linguaggio definitivo attraverso cui identificarci una volta per tutte.

In Bildung la riflessione che proponete si concentra sulla trasmissione del sapere e sulla formazione personale. Per quanto concerne la formazione personale, la traduzione scenica della vostra ricerca è una messa alla prova continua di cui l’esito spettacolare è solo un tassello. Perché la scelta di questo tema e di questa modalità di lavoro che consente allo spettatore di stare contestualmente dentro e fuori al processo creativo che sottende la performance?

Negli ultimi anni ci troviamo spesso a lavorare con dispositivi che utilizzano l’imprevedibilità che si crea, al momento dello spettacolo, tra noi e gli spettatori. Sono strutture ludiche, nel senso più rigido del termine, che prevedono regole entro cui gli attori e gli spettatori devono muoversi. Si tratta di processi monchi che trovano compimento solo quando vengono messi in scena.
Ora più che mai intendiamo Bildung come un processo che continua a maturare e del quale il pubblico vede solo una piccola scheggia. 

Siamo partiti dall’idea di vedere in scena qualcuno che impara a fare qualcosa per davvero. Quella è stata la nostra scintilla, qualcosa di concreto su cui lavorare a livello drammaturgico, performativo. Ci siamo chiesti cosa significa trovarsi al cospetto di una persona che fa una cosa semplice, complessa e universale come confrontarsi con il proprio limite, con la propria ossessione, per agguantare piccole forme di sapere. Cosa provoca nello spettatore questo rapporto odi et amo con il sapere? 

Così abbiamo deciso di lavorare sul Bildung, sull’autoformazione dell’individuo. Abbiamo capito che non potevamo fingere di imparare a fare qualcosa, per essere autentici dovevamo imparare davvero. Quello dell’attore è un apprendimento costante e abbiamo scelto di non disperdere il momento delle prove, trattandole come lo scheletro del nostro spettacolo.

La trasmissione del sapere, la memoria, altro polo tematico entro cui si ascrive la ricerca condotta per Bildung, confluisce in un archivio online che porta traccia di tutte le tappe del lavoro. Come avviene la produzione di questo materiale, com’è suddiviso ai fini della sua archiviazione?

L’archivio raccoglie i tentativi di acquisizione dei saperi fondamentali che avvengono durante le prove e durante lo spettacolo, in modo che lo spettatore abbia una panoramica del punto di partenza e di arrivo dell’evoluzione tecnica dei performer.
L’acquisizione di competenze del performer è parallela allo sviluppo dello spettacolo. Le quattro forme di sapere individuate, a nostro avviso, raccontano qualcosa di universale, parlano della trasmissione del sapere fin dalle origini dell’uomo.

Uno è il sapere orale, l’Iliade imparata tramite l’ascolto di un podcast che ricostruisce il suono dell’opera in greco antico. L’altro è l’apprendimento mnemonico di tutte le parole del vocabolario, restituito in scena come una lunga poesia. Oltre ad avere a che fare con la trasmissione del sapere e con l’immortalità, abbiamo a che fare con l’insistenza morbosa per il raggiungimento dell’inafferrabile.
Le altre due forme di sapere sono legate al corpo: una è la verticale, una pratica capace di ribaltare il mondo; l’altra è il tracciare un cerchio perfetto con un gesso su una lavagna. Si tratta di forme simboliche, quattro modalità diverse di approcciare a un sapere ma anche a sé stessi. 
Il motto di Bildung è “imparare a diventare sé stessi”, intendiamo l’identità come un percorso, che può essere scoperta solo alla fine del tragitto della vita.

Come viene lavorato questo materiale ai fini della performance? In termini di processo creativo come avete lavorato insieme e come avviene il montaggio di questo materiale che si rinnova di volta in volta.

Per lasciare traccia, numeriamo questa montagna di tentativi. Ciò che avviene in scena non è la rappresentazione dei quattro saperi ma una riflessione sull’osservazione di qualcuno che impara qualcosa, sulla trasmissione reciproca di un sapere e, infine, sul delicato passaggio di informazione da performer a spettatore. Ecco perché cerchiamo di non perdere mai l’autenticità della relazione. 
A livello drammaturgico non abbiamo una trama in senso classico, ci sono dei punti che covano sotto il sapere e che vengono pian piano portati alla luce durante lo spettacolo. 

Ci siamo concentrati sulle forme per catturare il sapere, una di queste è l’audio: durante la performance facciamo ascoltare la prima registrazione di voce umana, avvenuta nel 1860, ad opera di un francese che ha registrato la propria voce mentre cantava una canzone per bambini. Ci connettiamo a questo momento della storia, cioè la prima volta che una vibrazione acustica si è sedimentata in un dispositivo, mettendola in relazione con l’ultima registrazione possibile, quella della voce degli spettatori seduti davanti davanti a noi. La stessa voce degli spettatori diventa materiale da tramandare. Abbiamo quindi avviato un lavoro iconografico su altre forme di incisione del sapere, come le incisioni rupestri e la calligrafia. Questo è l’arco narrativo, drammaturgico che lo spettacolo segue.

Runa, il passato e i suoi detriti. Una riflessione collettiva

Runa, il passato e i suoi detriti. Una riflessione collettiva

Futuro Festival è un contenitore di energie e possibilità che si rigenerano instancabilmente. Giunto alla sua seconda edizione, presso gli spazi dello storico Teatro Brancaccio di Roma, il festival diretto dalla coreografa Alessia Gatta, ha ospitato una rilevante rappresentanza della danza contemporanea italiana e internazionale, offrendo al pubblico due settimane di incontro con alcune delle esperienze artistiche più interessanti del panorama coreutico.

Cimentandosi con il racconto degli eventi in programma e dell’intero apparato organizzativo, il team creativo del workshop Theatertelling – Futuro Festival, a cura di Theatron 2.0, ha sperimentato le diverse tecniche di narrazione digitale, sviluppando uno storytelling transmediale.

La visione degli spettacoli e l’attraversamento di tutte le fasi del Festival è stato incrementato da una pratica di incontro con gli artisti che hanno consentito al team di assistere alle prove, intessendo un dialogo su processi artistici ed esiti scenici e avviando un confronto circa le diverse politiche culturali di area europea.

Così si origina questo lavoro di scrittura collettiva, strutturato a partire dalla visione di Runa della spagnola Lali Ayguadé Company, in cui, a ciascun partecipante è stato affidato il compito di raccontare, in un percorso a tappe, i diversi piani dello spettacolo e l’incontro con gli artisti Lali Ayguadé e Lisard Tranis.

Seguendo le specificità dei loro sguardi, i partecipanti hanno preso in esame la composizione delle immagini, l’organizzazione della scena, il tema delle relazioni umane – fulcro creativo della performance –, la struttura coreografica e le dinamiche di sistema in cui Runa è stato creato.

Impressioni

Runa è un libro aperto nel quale identificarsi. 
Ripercorrendo uno spazio intimo e ordinario, lo spettacolo indaga il processo della memoria. Una caparbia volontà di andare lontano, oltre la linea del tempo, di ricostruire un passato, attraverso ritagli di memoria, come nuova base per un futuro migliore.
Un disperato tentativo del corpo di aggrapparsi a qualcosa di vivo: flashback emotivi, foto di macerie, cadono, si disfano come un domino senza controllo.

La scena è uno spazio intimo, personale, riempito di oggetti quotidiani e familiari; la superficie diventa uno spartito, orchestrata da un corpo che assume il ruolo di strumento.
Come in una complessa partitura musicale gli elementi convergono, si intrecciano, creando una musica nuova, senza tempo.
Le luci, come un cuore pulsante, scandiscono il ritmo della pièce. Disegnano, dipingono, si intrecciano e si snodano, donando alla rappresentazione una drammaturgia astratta e a sé stante.
Uno spettacolo dal grande impatto visivo ed emozionale. Un specchio nel quale riflettersi. Un archetipo nel quale riconoscersi. Una casa dove entrare, perdersi e ritrovarsi.  

Alessio Rizzitiello

Rovine, il passato e i suoi detriti

Un’indagine sulla relazione che non lascia scampo, che chiede di schierarsi ora con l’uno, ora con l’altro danzatore, che scava nell’intimo solchi di domande. 
Il passato che intacca il presente, che torna a ricordarci chi siamo stati. 
Una scena ingombra di oggetti, claustrofobica, mutata dagli interpreti. 
Lo spazio domestico, non realistico, non contemporaneo, si fa testimone delle evoluzioni della coppia. Momenti di dolcissima armonia passano sui volti degli interpreti, una linfa vitale che irradia il corpo e unisce indissolubilmente, per poi separare con ferocia.

La tensione del conflitto è sottopelle, eppure sempre palpabile.
Il sapiente gioco di luci isola momenti di contatto intimo con gli oggetti di scena, che diventano personaggi significanti, aprono dialoghi sul possibile, restituiscono l’idea del tempo. Ed è sul tempo, sul suo scorrere, alterarsi, dilatarsi, che ruota la riflessione insita nello spettacolo. Quale ricordo diventa indelebile e perché? Quali orpelli inutili la nostra mente cancella? Come si dilata il momento presente, fondendosi con il passato? L’eccezionale lavoro di composizione scenica, che lascia intravedere una drammaturgia potente, è un montaggio di frammenti, che ci parlano come pagine di un diario intimo, qui generosamente condiviso. 
La solitudine del danzatore nel momento finale, quando tutto sembra essere precipitato nel buio, lascia senza fiato, il suo sguardo smarrito penetra lo spettatore e non si farà dimenticare. 

Angela Giassi

Ricostruire

Sulla scena si dipana la relazione di due interpreti. Il costante movimento di entrambi i corpi che si corrispondono, si cercano e si integrano esprime la ricerca di una continua reciprocità relazionale.
La coreografia si articola in due dimensioni differenti, una iniziale dove il muoversi verso il basso evoca l’immagine di una continua caduta, in cui entrambi i corpi sembrano vivere insieme ma soli, comunicando un disagio profondo individuale e relazionale. 

Il movimento incessante verso il basso sembra descrivere il tentativo, continuo e disperato, di recuperare le macerie del passato, fondamenta di ogni costruzione futura. I due danzatori compiono ripetuti movimenti a spirale, che sembrano suggerire l’immagine di un vortice di emozioni e ricordi che travolge e stordisce.
Nella seconda metà dello spettacolo il piano narrativo sembra spostarsi nella dimensione del ricordo: come un disco rotto, il danzatore si getta nella ripetizione delle stesse sequenze di movimento, quasi a voler trovare un finale alternativo alla loro storia, il senso del suo abbandono.

Sofia Antonucci

Ph Stefania Valletta

La compagnia (non) si racconta

Nella cornice del Teatro Brancaccio, in una pausa dalle prove, il team creativo del workshop Theatertelling – Futuro Festival ha intervistato la Compagnia spagnola Lali Ayguadé.
Nel dialogo intercorso, uno dei punti salienti che si è cercato di sfiorare è stato il rapporto con lo spazio scenico, inteso come luogo carico di senso, occupato da oggetti scenici, percorso da musiche e movimenti significativi. Il lavoro drammaturgico di questo spettacolo è emerso nel rapporto tra la coppia di performers e gli oggetti di scena. Sono stati proprio questi elementi, pieni di crepe, di stranezze e deterioramenti a motivare e dare pregnanza alle scelte drammaturgiche della compagnia. 

L’atmosfera intima, a tratti distopica, ha fatto subito intravedere un collegamento con le crisi recenti, che, come conferma la coreografa Lali Ayguadé, interprete della performance insieme a Lisard Tranis, hanno accompagnato le riflessioni degli artisti durante tutto il processo creativo, pervadendo inconsapevolmente la loro immaginazione. 
Ma nulla dello spettacolo è smaccatamente didascalico: il loro obiettivo programmatico è stato suscitare immagini in grado di fare fiorire associazioni di senso di riflesso. Perciò alle domande è stata sempre data una risposta che rispettasse l’indeterminatezza della rivelazione scenica; poiché è lo spettatore a dover raccontare a se stesso lo spettacolo a cui ha assistito.

La struttura della performance, organizzata in scene dal taglio cinematografiche, ha visto il corpo dei danzatori venire a contatto con vari livelli del perimetro della scena: con la base, con le altezze, con zone chiuse o con momenti di apertura, in lotta con il corpo dell’altro.
Superando la disamina del lavoro prettamente spettacolare, durante l’incontro è stato posto l’accento sulle pratiche di dialogo tra artisti e pubblico. 
Lali Ayguadé si è formata tra Spagna e Olanda e ha lavorato in tutta Europa, avendo modo di testimoniare come nei paesi in cui ci sia una consuetudine nel dialogo tra spettatori ed artisti, il processo creativo venga rafforzato, nonché la consapevolezza di chi assiste venga in tal modo ampliata e approfondita. 
L’augurio è che anche in Italia si possa stabilire una pratica di scambio proficuo che sia humus generativo per la comunità intera.

Eleonora Cardei

CANTIERI INCIVILI, progetto della compagnia bologninicosta

CANTIERI INCIVILI, progetto della compagnia bologninicosta

Pubblichiamo la raccolta completa delle diverse uscite dello storytelling di ST(r)AGE, primo esito spettacolare completo del progetto CANTIERI INCIVILI che associa il modus operandi proprio delle scienze sociologiche allo studio delle arti performative in una sinestesia scenica al cui centro vi sono le dinamiche sociali e personali dei lavoratori e delle lavoratrici che vivono nell’instabilità giuridica, economica ed emotiva all’interno del mondo dello spettacolo dal vivo. A partire dal periodo di residenza presso il Nuovo Cinema Palazzo, attraverso documenti scritti, anteprime con focus e interviste filmate raccontiamo la creazione e la successiva evoluzione del lavoro della compagnia bologninicosta dai giorni delle prove fino alla restituzione pubblica.

#FocusOn: “ContraBBando” al Nuovo Cinema Palazzo:
Mala tempora currunt per centinaia di realtà romane su cui si sta abbattendo una pioggia di lettere di sgombero e messa in mora che il dipartimento patrimonio continua a notificare a tutte le associazioni e gli spazi autogestiti che in questi anni hanno salvato dall’abbandono e dal degrado molti beni comuni garantendone un utilizzo pubblico e di reale utilità sociale.  Un processo inaugurato dalla..(CONTINUA A LEGGERE)

ST(r)AGE #1 – il Nuovo Cinema Palazzo apre ai CANTIERI INCIVILI di bologninicosta:
Da Piazza dei Sanniti, in San Lorenzo, si dispiega la narrazione di ST(r)AGE, primo esito artistico in forma spettacolare del progetto CANTIERI INCIVILI, piattaforma di indagine sul tema della instabilità lavorativa under 35 nel mondo dello spettacolo (e non solo). Sulle pagine di..(CONTINUA A LEGGERE)

ST(r)AGE #2 – Quando il teatro dialoga con la sociologia:
Al secondo appuntamento della narrazione di ST(r)AGE pubblichiamo una video-intervista dalla sala studio del Nuovo Cinema Palazzo dove si è tenuto un Focus group con attori, registi e artisti sul tema dell’instabilità lavorativa giovanile condotto dal ricercatore sociale Daniele Panaroni con la collaborazione di..(CONTINUA A LEGGERE)

ST(r)AGE #3 – alla scoperta dei CANTIERI INCIVILI di bologninicosta:
Per il terzo appuntamento dello storytelling di ST(r)AGE pubblichiamo un’intervista-fiume rilasciata a Theatron 2.0 da Sofia Bolognini, autrice e regista della compagnia bologninicosta. Con lei attraversiamo per mano le fragili terre delle isole teatrali che costituiscono l’arcipelago dell’arte e della cultura..(CONTINUA A LEGGERE)

ST(r)AGE #4 – l’inizio della fine del Teatro il 30 e il 31 Marzo al Nuovo Cinema Palazzo:
Ci siamo, è tutto pronto al Nuovo Cinema Palazzo in vista del quarto appuntamento del ContraBBando del 30 e del 31 Marzo ore 21.30: la compagnia bologninicosta scalpita sul palco per dare inizio a ST(r)AGE, primo esito spettacolare completo del progetto CANTIERI INCIVILI, dopo un duro periodo di residenza durato circa quindici..(CONTINUA A LEGGERE)

Video prodotto da Theatron 2.0 in occasione dello storytelling:

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Galleria Fotografica :

Home Sweet Home – Stagione 2017/2018 Teatro Argot Studio

Home Sweet Home – Stagione 2017/2018 Teatro Argot Studio

Storytelling Theatron 2.0

     Stagione Teatrale Home Sweet Home del Teatro Argot Studio

 

C’è un luogo di culto a Roma che per l’indefesso zelo e la preziosa attività dei suoi animatori è diventato negli anni – ormai più di trenta –  una vera e propria fucina di spettacoli memorabili e di talenti artistici che hanno lasciato il segno nella storia del teatro romano e nazionale proponendo al proprio pubblico nuovi stili e linguaggi estetici: il Teatro Argot per quest’anno presenta la stagione teatrale Home Sweet Home di cui Theatron 2.0 seguirà gli spettacoli in programmazione producendo anticipazioni, articoli d’approfondimento e interviste al fine di creare uno storytelling che racconti i percorsi scenici dei lavori e degli artisti ospitati nello storico spazio di Trastevere.

 

#FocusOn: Al Teatro Argot Studio si apre la rassegna DPBLACKMIRROR – Intervista a Chiara Preziosa

Come diretta conseguenza dell’esperienza virtuosa di Dominio Pubblico, che ogni anno vede coinvolti decine di ragazzi e di ragazze nell’organizzazione di un Festival interamente dedicato a realtà artistiche under 25, si è sviluppato quest’anno al Teatro Argot Studio il progetto DPBLACKMIRROR(CONTINUA A LEGGERE)

#AnticipAzione: Al Teatro Argot Studio va in scena “Rosmersholm – Il gioco della confessione”

All’interno della rassegna DPBLACKMIRROR presso il Teatro Argot Studio, dal 24 al 29 Ottobre, la Compagnia teatrale I Guitti presenta Rosmersholm – Il gioco della confessione di Henrik Ibsen,  riduzione a cura di Massimo Castri con Federica Fracassi, vincitrice del “Premio Ubu” nel 2011 e Luca Micheletti, attore e regista dello spettacolo…(CONTINUA A LEGGERE)

#Incontri: Il Cappuccio d’osso della Luna al Teatro Argot – Intervista video a Cristina Cirilli

Nella prima intervista video abbiamo parlato con l’autrice e attrice Cristina Cirilli delineando la parabola creativa, dalla scrittura fino alla messinscena, de “Il Cappuccio d’osso della Luna”, al Teatro Argot dal 7 al 26 Novembre… (VEDI IL VIDEO)

DRAMMATURGIA: “Echoes” di Lorenzo De Liberato – Intervista video

In uno scenario distopico dove una bomba nucleare ha distrutto un’intera parte di mondo provocando migliaia di vittime, due uomini, Echo, autore della strage e De Bois, in apparenza un semplice giornalista, si trovano uno di fronte all’altro, chiusi un bunker, per parlare delle ragioni che hanno determinato l’efferato eccidio… (VEDI IL VIDEO)

#AnticipAzione: “Tutti i miei cari” al Teatro Argot Studio. Vita e poesie di Anne Sexton

Dal 23 al 28 Gennaio, al Teatro Argot Studio, andrà in scena “Tutti i miei cari” di Francesca Zanni, con la regia di Francesco Zecca e interpretato da Crescenza Guarnieri, all’interno della stagione Home Sweet Home.
Una donna in scena, su un tappeto di rose. O forse è una tomba…(CONTINUA A LEGGERE)

#Incontri: Black’s Tales Tour al Teatro Argot Studio – Intervista a Licia Lanera

Arriva da mondi lontani e oscuri come i ricordi dei racconti delle favole che da bimbi a volte ci incantavano, altre volte invece ci terrorizzavano. Andrà in scena al Teatro Argot Studio di Roma dal 2 al 4 Febbraio: Black’s Tales Tour, spettacolo in cui cinque fiabe classiche – la Sirenetta, Scarpette rosse, Biancaneve, La Regina delle Nevi e Cenerentola – (CONTINUA A LEGGERE) 

#Incontri: Ifigenia in Cardiff al Teatro Argot. Intervista al regista Valter Malosti

Nel cuore di Trastevere, presso il Teatro Argot Studio di Roma, continuano gli imperdibili appuntamenti teatrali di DPBLACKMIRROR, rassegna a cura degli under 25 di Dominio Pubblico inserita nella stagione Home Sweet Home. Dal 21 al 25 Febbraio sbarca sulla scena capitolina Ifigenia in Cardiff con l’attrice e performer Roberta Caronia e con la regia di Valter Malosti. (CONTINUA A LEGGERE)

#AnticipAzione: Urania d’Agosto di Lucia Calamaro al Teatro Argot Studio

Una donna matura scocciata, seccata, asociale, accanita lettrice notturna di Urania e fanatica della vita e delle opere degli astronauti, durante un isolatissimo agosto in città, soffre di un’estrema crisi di alienazione e comincia a confondere le cose. Poco a poco il suo spazio interiore, fratturato dall’insonnia, trasformerà lo spazio esteriore in spazio siderale. (CONTINUA A LEGGERE)

#Incontri: Aleksandros Memetaj torna al Teatro Argot dopo la tournée a New York con Albania Casa Mia

Torna a casa, Alexandros Memetaj, dal 16 al 18 Marzo, con il monologo autobiografico Albania casa mia, regia di Giampiero Rappa per la stagione teatrale Home Sweet Home. A due anni dal debutto, dopo aver attraverso tutta Italia e aver fatto tappa oltreoceano a New York, selezionato dal Festival In Scena!, l’autore/attore italo-albanese ritrova al Teatro Argot Studio…(CONTINUA A LEGGERE)

#AnticipAzione: Focus Danza d’Autore dal 27 al 29 marzo al Teatro Argot Studio

Focus Danza nasce dalla collaborazione tra Twain e Teatro Argot Studio, nella volontà di riportare la danza in un teatro storico del contemporaneo. Le tre serate del Focus saranno caratterizzate da lavori la cui ricerca si basa sulle potenzialità di diversi linguaggi, per dar vita a creazioni che divengono manifesto di un mondo fatto di interiorità e pensiero, di ispirazioni che nascono dal corpo e di visioni che diventano forma. (CONTINUA A LEGGERE)

Scup – Sport e Cultura Popolare

Scup – Sport e Cultura Popolare

Scup - Sport e Cultura Popolare in Roma

Scup – Sport e Cultura Popolare in Roma

Storytelling

Scup – Sport e Cultura Popolare in Roma

 

S.Cu.P.! – Sport e cultura popolare è un centro polifunzionale autogestito di Welfare comunitario per il territorio che dal 2012 mette quotidianamente in campo una risposta alla crisi economica, sociale e culturale che stiamo vivendo.

 

Scup: la festa dello Sport e della Cultura Popolare di Roma: Legittimato dalle pratiche sportive, sociali e culturali, il centro polifunzionale autogestito di Welfare comunitario per il territorio, Scup, finalmente è stato riconosciuto dalla proprietà che ha concesso il comodato d’uso gratuito. (CONTINUA A LEGGERE)

Atto Contrario a Scup: Comune-info dialoga con Ascanio Celestini: Un incontro promosso dalla redazione di Comune-info con Ascanio Celestini presso Scup per lanciare le giornate di #AttoContrario dal 15-17 marzo, iniziative diffuse in tutta Italia per contrastare il razzismo e la xenofobia. (CONTINUA A LEGGERE)

Nasce a Roma ScupLAB: la sala polifunzionale di Scup – Sport e Cultura PopolareNel quartiere Appio – Latino Tuscolano di Roma, all’interno del progetto di Scup – Sport e Cultura Popolare, sta nascendo un nuovo spazio culturale polifunzionale di teatro e arti performative, grazie all’iniziativa di giovani attrici, attori, registe e registi emergenti: ScupLAB(CONTINUA A LEGGERE)