Capire il teatro. Lineamenti di una nuova teatrologia

Ago 23, 2019

Il Teatro lo si può fare, o vedere, o veder fare, ma soprattutto, lo si deve capire. Capire il teatro è il titolo del libro di Marco De Marinis, edito da Bulzoni Editore.

Il libro di De Marinis, come indicato nella quarta di copertina, intende contribuire allo sviluppo del dialogo fra la storia del teatro e le nuove scienze dello spettacolo, collocandosi nella prospettiva di una teatrologia pluridisciplinare che individua nella relazione teatrale, e cioè nel rapporto attore-spettatore, il suo oggetto teorico centrale, e nella concettualizzazione semiotica il quadro metadisciplinare di riferimento.

Nella prima parte del volume, concepita esplicitamente come nucleo di ampie voci enciclopediche, si procede al riesame di quattro approcci specifici al fatto teatrale (approccio semiotico, storiografico, sociologico e antropologico), per poi mettere in luce gli apporti che da essi possono venire a un rinnovamento profondo degli studi di teatro nella direzione appena indicata. La seconda parte raccoglie contributi diversi, nei quali è però sempre operante la prospettiva sperimentale con un accento costantemente sul nuovo oggetto di studio, la relazione teatrale. Il libro è corredato da numerose illustrazioni ed è stato pensato anche e soprattutto in vista di un uso manualistico: da qui la sistematicità dell’impianto e dei rinvii interni che cerca sempre di ridurre al minimo tecnicismi e presupposti troppo specialistici, e il vasto corredo di note e di riferimenti bibliografici.

Capire il teatro, secondo l’assunto dell’autore, significa non solo comprendere il suo livello di intelligibilità, del tipo “questo spettacolo ha voluto dir questo” oppure cogliere i significati nascosti dietro una citazione o un effetto scenico, ma vuol dire fare esperienza fisica di tutti i meccanismi e i processi che si instaurano nel fenomeno teatrale in maniera profonda: significa andare oltre la visione unilaterale di attore o di spettatore, di inglobare in sé entrambe le visioni e di guardare il teatro da tutti i punti di vista contemporaneamente. Per arrivare a questa condizione ideale, bisogna essere coscienti dei processi di formazione dell’attore, degli attori, dei processi creativi dello spettacolo, del contesto artistico-sociale in cui si sono svolte le prove, che tipo di produzione economica c’è dietro, quali sono le profonde motivazioni alla base del progetto, insomma essere consapevoli in pieno dei processi produttivi.

Bisogna conoscere, inoltre, i processi cognitivi dello spettatore, la differenza tra ruolo attivo e passivo, indagare e studiare i processi psicofisici che scaturiscono dalla visione di uno spettacolo. Questo significa che uno storico del teatro, per adottare più punti di vista, dovrebbe fare esperienze diverse sia come “attore” che come “spettatore” e al contempo utilizzare orizzonti disciplinari diversi e diversificati, andando a condividere strumenti e modalità di ricerca con altre discipline che studiano fenomeni legati al contesto dell’apprendimento, del contesto sociale e dell’evento, come la semiotica, la sociologia e soprattutto, l’antropologia. Qui si apre tutto un mondo di diverbi, incomprensioni e fraintendimenti tra i vari settori, tra possibili copie e confini immaginari da stabilire su quale disciplina è da considerare “regina”: sarà compito dell’autore guidarvi nell’angusto labirinto della multidisciplinarietà. Il libro propone una riflessione necessaria per creare i presupposti per i “lineamenti di una nuova teatrologia”, un nuovo modo di concepire e vedere il teatro. Questo testo non deve mancare nella libreria di un “uomo di teatro” come un faro in un nuovo orizzonte, non solo per gli “storici” del teatro, ma anche per chi fa e osserva con attenzione il teatro, perché ci fa comprende che questa forma di arte non è di chi lo fa o di chi lo guarda, ma di entrambi, e per capire, o meglio, far capire meglio il teatro c’è  bisogno che ci sia una visione globale che solo una multidisciplinarietà controllata e giusta può offrire, abbattendo così certi di muri accademici che non danno il giusto panorama sulla visione del fenomeno teatrale nella sua complessità.

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