10. Drammaturghi in cerca di collocazione. Prospettive a confronto tra palco ed editoria

10. Drammaturghi in cerca di collocazione. Prospettive a confronto tra palco ed editoria

In questo episodio è la drammaturgia a fare “molto rumore” in una polifonia caotica di testimonianze, mirate a restituire la complessità di una quotidianità difficile, quella del drammaturgo dentro e fuori la scena. 

Theatron 2.0, da sempre sensibile all’argomento, ha avviato il progetto Omissis – Osservatorio drammaturgico, per indagare e rinsaldare la funzione artistica e sociale della drammaturgia nel contesto contemporaneo, attraverso una piattaforma digitale gratuita e liberamente accessibile. A un anno dal lancio, Theatron 2.0 ha attivato un ciclo di ricerca partecipato articolato in MeetUp diffusi sul territorio nazionale.

Gli appuntamenti sono l’occasione per discutere dello stato di salute della drammaturgia contemporanea, mappare buone e cattive pratiche, raccogliere istanze e riflessioni. 

Attraverso le esperienze di Dino Lopardo e Eliana Rotella per Omissis e di Guglielmo Masetti Zannini e Liliana Paganini per il CENDIC (Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana Contemporanea), si tenta di riconsegnare la vivace pluralità delle posizioni e dei punti di vista propria dei MeetUp, stimolando nuove gemme di riflessione. 

09.Il podcast a teatro: storia di una comunicazione “difficile”

09.Il podcast a teatro: storia di una comunicazione “difficile”

Nel cuore della scena culturale, il teatro si evolve, abbracciando nuovi palcoscenici digitali, il podcast.

In questo primo episodio della nuova stagione di “Molto rumore per nulla”, ascoltando le voci di Ilaria Cecchinato e Anna Barsotti, ci immergiamo in una dimensione dove il teatro non è solo performance sulla scena, ma un’esperienza intima e accessibile che si svela attraverso frequenze sonore, digitali e dal vivo, che connettono artisti e spettatori in un abbraccio “difficile” ma senza tempo.

Parola d’ordine? Collaborazione! L’esperienza di Antonino Pirillo e Giorgio Andriani

Parola d’ordine? Collaborazione! L’esperienza di Antonino Pirillo e Giorgio Andriani

Rispetto alla coralità della loro direzione artistica del Teatro Biblioteca Quarticciolo, Antonino Pirillo e Giorgio Andriani si sono resi artefici di una virtuosa decostruzione dell’idea di direzione artistica “intesa come competenza di una singola figura, per aprirla a visioni diversificate che operano in sinergia”. Quali sono le azioni da mettere in pratica nella realizzazione di questo nobile intento? I fondatori dell’Associazione Cranpi ci hanno rivelato il loro segreto, espresso da una parola solo apparentemente di uso comune.

Antonino e Giorgio, da quasi otto anni condividete un percorso professionale dedicato alla produzione e alla comunicazione delle performing arts. Come si sono incontrate le vostre strade?

G. La nostra collaborazione è precedente a questi ultimi 8 anni di assidua collaborazione. Ci siamo conosciuti circa 13 anni fa, mentre lavoravamo per la stessa Compagnia. Io mi occupavo della produzione, Antonino della comunicazione e dell’ufficio stampa, condividendo questo percorso per circa tre anni.  In questo contesto abbiamo vissuto un’esperienza che ci ha permesso di testare una nostra più stretta collaborazione – che allora ci sembrava solo una pallida possibilità – partecipando creativamente alla realizzazione di una rassegna di drammaturgia contemporanea focalizzata su testi inediti internazionali. Da lì abbiamo deciso di creare qualcosa di nostro e non per un bisogno puramente imprenditoriale, piuttosto avevamo più bisogno di dedicare tempo, energie e soprattutto tutta l’esperienza maturata negli anni precedenti, in un progetto in cui potevamo identificarci maggiormente da un punto di vista creativo. Così è iniziata la nostra avventura con Cranpi.

Dal 2015, Cranpi è un vero e proprio laboratorio di produzione e promozione di spettacoli di drammaturgia contemporanea, una realtà virtuosa che dal 2021 è sostenuta anche dal Ministero della Cultura. Quali sono, però, le maggiori difficoltà riscontrate nella produzione di drammaturgia contemporanea e quali, invece, i riscontri?

G: Tutti i nostri progetti nascono da una necessità, cioè da un incontro con artiste e artisti con cui decidiamo di sceglierci, più che da un’esigenza meramente produttiva. Non c’è ombra di dubbio che diverse difficoltà nascano da questa scelta, tuttavia, fu il nostro primo progetto produttivo, La classe di Fabiana Iacozzilli, ad avere la storia più travagliata. Nel 2016 avevamo avviato un lavoro di indagine artistica e drammaturgica, ma anche produttiva, intorno a questo spettacolo. Come accade per la maggior parte dei giovani progetti, anche questo spettacolo aveva partecipato a diversi premi e concorsi, arrivando sempre o in finale o a una menzione speciale. Ovunque ricevevamo la medesima risposta: il nostro progetto avrebbe meritato la vittoria, ma non sarebbe stato adatto al mercato italiano. Non ci siamo fatti demoralizzare, attirando l’attenzione di Maura Teofili, che ha pensato di dare un’occasione a La classe nel suo Anni Luce a Romaeruropa Festival.

A. Abbiamo dunque debuttato nel 2018 al Romaeuropa Festival e da lì sono successe tante cose. Nello specifico di questo spettacolo, quindi, la co-produzione con il Teatro Vascello, successivamente la vittoria di In-Box nel 2019, le candidature e la vittoria del premio Ubu nello stesso anno per il miglior progetto sonoro, la partecipazione a Primavera dei Teatri di Castrovillari nel 2019, che ha poi in un certo senso consacrato a livello di critica e di pubblico questo spettacolo. Ci chiedono ancora repliche per il 2024, quindi di fatto è ormai diventato quasi un classico di Fabiana Iacozzilli | Cranpi. Questo è un unicum, rispetto alla drammaturgia contemporanea, che invece soffre di diverse problematiche, a partire dall’assenza di spazi dedicati; per fortuna ci sono direttori di festival teatri e Circuiti teatrali illuminati in grado di creare spazi e opportunità.

E voi avete trovato la vostra strada al Teatro biblioteca Quarticciolo. Come siete approdati a una delle borgate storiche di Roma?

G. Io e Antonino non siamo romani, quindi anche l’opportunità di occuparci di un teatro pubblico e in particolare al quartiere Quarticciolo è stata una sfida che abbiamo raccolto, nonostante non conoscessimo bene il tessuto urbano e sociale. Ci siamo subito immersi in questo contesto studiandone e vivendone le potenzialità e le mancanze, la vitalità e le problematiche. Inizialmente la gestione è iniziata con una collaborazione che non prevedesse la nostra direzione artistica; tuttavia, dalla fine del 2019 abbiamo pensato che se avessimo voluto portare avanti un lavoro specifico e funzionale avremmo dovuto avere una corrispondenza anche dal punto di vista artistico, quindi nel 2020, insieme a Valentina Marini, Valentina Valentini e Federica Migliotti, con un nuovo bando di assegnazione abbiamo ottenuto l’affidamento della direzione artistica oltre che gestionale del Teatro Biblioteca Quarticciolo.

A. Come diceva Giorgio, io sono calabrese, però trovatomi al Quarticciolo mi sono sentito subito a casa, in empatia con un quartiere che chiede di essere studiato, compreso, mai giudicato. È sorprendente riuscire a stabilire una relazione con un posto che non è quello di nascita, ma che piano piano lo diventa. Non bisogna, però, pensare al Quarticciolo come un teatro di quartiere, come d’altra parte non bisogna pensare che sia un teatro come qualsiasi altro teatro cittadino. Cerchiamo pertanto di restituire questa specificità attraverso una programmazione nella quale risuoni il contesto e le sue domande, nei temi per esempio. Anche la campagna di comunicazione è pensata ad hoc coinvolgendo addetti ai lavori e cittadini del quartiere e del Municipio V in una narrazione comunitaria e ironica.

Un’altra delle vostre virtù risiede nella capacità di coltivare rapporti lavorativi di lunga data, arrivando a costruire una rete artistica florida e virtuosa. Secondo voi oggi avere alle spalle una rete solida come la vostra può fare la differenza? E soprattutto, come si crea oggi una rete?

A. Tutte le relazioni che siamo andati a costruire negli anni sono state sempre molto lente, ma frutto di una sincera attenzione e di una lealtà che operatori e artisti hanno riconosciuto. La nostra rete è nata da una stima reciproca con gli operatori in maniera naturale, con la voglia di realizzare dei progetti insieme. Powered by REf, ideato da Maura Teofili, raggruppa molti partner romani e laziali da Carrozzerie | n.o.t ad ATCL, da Periferie Artistiche a 369gradi: un progetto che dà la possibilità concreta a giovanissimi artisti/compagnie under 30 di portare avanti la propria ricerca.

G. Da tre anni ospitiamo all’interno della nostra programmazione la rassegna Condivisa co-realizzata con Fortezza est, che è un altro spazio necessario nel quartiere Torpignattara, con cui abbiamo sentito una affinità per il nostro interesse alla drammaturgia contemporanea. Molte altre sono le collaborazioni a livello cittadino e nazionale, grazie alle quali scopriamo nuove compagnie, intessendo un rapporto di condivisione artistica. Condividere con gli artisti e non esserne semplicemente produttori, fa sì che la relazione con l’artista diventi una collaborazione artistica produttiva.

Quali sono i progetti in cantiere?

A. Siamo lieti di parlare di un progetto in particolare, perché quest’anno abbiamo vinto il bando biennale dell’Estate Romana 23/24. Dal 14 luglio avrà luogo tra l’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo e il Goethe-Institut il frutto di questo lavoro, il festival multidisciplinare Sempre più Fuori. Si tratta di un programma molto vasto. Si parte così da evergreen contemporanei come gli spettacoli MDLSX di Motus oppure Teatro naturale? Io, il couscous e Albert Camus del Teatro delle Ariette, Sex Machine di Giuliana Musso, Save the Last Dance for Me del coreografo Leone d’Oro Alessandro Sciarroni o ancora l’installazione Precipitazioni sparse, che l’artista Bruna Esposito ha presentato alla Biennale di Venezia 2005, per arrivare a formati multimediali di artisti emergenti quali SO HUMAN-La mia vita da pianta, la digital audio performance sui temi ambientali nel quartiere a cura di Arterie, Autoritratti in tre atti, la lecture performance dell’artista sordo Diana Anselmo del collettivo Al.Di.Qua. Artists., l’associazione di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo con corpi disabilitati, Every Burns, il concerto della compositrice e cantautrice R.Y.F, e This is a Male Nipple. Am I Censored Enough?,la mostra fotografica sulla censura del corpo femminile sui social di Irene Tomio.

In collaborazione con Biblioteche di Roma la presentazione poi del romanzo Premio Strega nel 2015 La ferocia di Nicola Lagioia (in dialogo con Francesca De Sanctis), accanto a quella del volume Lost in Translation. Le disabilità in scena, che ripercorre le storie del rapporto tra disabilità e arti performative della giovane ricercatrice Flavia Dalila D’Amico.

Sempre più fuori prevede anche la proiezione (sottotitolata per la comunità sorda) di un cult del cinema italiano come il memorabile ritratto di un’Italia di fine anni ’70, Le vacanze intelligenti, di Alberto Sordi; un dj-set di musica elettronica con Silvia Calderoni; il laboratorio riservato ai danzatori Save The Last dance for me  e quello per studenti e abitanti del Municipio II Radio Frammenti; una visita guidata all’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo in LIS, promossa negli appositi canali grazie all’ENS e alla collaborazione con l’associazione Al.Di.Qua. Artists., consulente in materia di accessibilità. 

Infine in entrambe le location è previsto uno stand enogastronomico a cura dello storico ristorante di Centocelle La Cantina di Dante che propone piatti rivisitati della cucina romana.

G. Abbiamo sentito la necessità di creare una nuova sinergia, integrandoci in un tessuto urbano diverso, e godendo della possibilità di portare fuori quello che facciamo ogni giorno a teatro. Abbiamo anche in questo caso curato un rapporto di stima reciproca e apertura con una nostra spettatrice affezionata, Julia Draganović, direttrice dell’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo, un luogo meraviglioso percepito come una roccaforte nel deserto. Ed ecco che al suo bisogno di aprire le porte della sua realtà, abbiamo abbinato il nostro di uscire dal seminato e intraprendere un nuovo progetto artistico.

A livello produttivo, continuano le collaborazioni con artisti con cui collaboriamo da diversi Fabiana Iacozzilli (a novembre a Romaeuropa Festival verrà presentata la “Trilogia del Vento”: “La classe”, “Una cosa enorme” e l’ultimo capitolo dal titolo, in prima nazionale, “Il grande vuoto”); Andrea Cosentino; Federica Migliotti; Paola  Di Mitri e Davide Crudetti (sempre a Romaeuropa Festival presenteremo “Da qui in poi ci sono i leoni” una videoistallazione con la partecipazione dell’artista Alfredo Pirri). Grazie al nostro interesse per la creatività emergente, abbiamo iniziato nuovi percorsi con la giovanissima compagnia napoletana Putéca Celidònia che ha debutto con Felicissima Jurnata a Primavera dei teatri) e Greta Tommesani (attualmente in allestimento con Ca-ni-ci-ni-ca che debutterà ad Anni Luce/REf).

Si può dire che anche per “Sempre più fuori” la parola d’ordine è “collaborazione”. Ma dopo averne parlato diffusamente in questa intervista, sapreste darmene una definizione?

A. Produrre in Italia oggi significa spesso mettere al mondo figli solo per poter dimostrare di essere fertili. Noi, invece, abbiamo sempre cercato di essere produttori creativi, affettuosi e sapienti, ed è quello che spesso insegniamo in diversi workshop in giro per l’Italia. Per noi collaborazione è confronto e il confronto con l’artista è importante perché per portare avanti un progetto è necessario riconoscersi in ciò che si produce. Né io, né Giorgio interveniamo direttamente sulla parte artistica, però porre delle domande, insinuare un tarlo nella mente creativa dell’artista e sentirsi parte attiva del progetto è indice di una relazione sana e alla pari.

Editoria e teatro, la vera missione è incuriosire

Editoria e teatro, la vera missione è incuriosire

Se il teatro è un’arte in grado di sopravvivere a qualsiasi crisi politica e culturale – la sua storia secolare ce lo insegna – la sua editoria è forse più fragile, sebbene le realtà che si occupano di arti sceniche siano oggi più numerose e più specializzate. Nel panorama culturale odierno, qual è, dunque, la condizione dell’editoria teatrale, quali le sue prospettive? Quale posto occupa la drammaturgia contemporanea, grande assente dai programmi scolastici e dalle sale teatrali nazionali?

Ne abbiamo parlato con Maximilian La Monica, direttore di Editoria & Spettacolo, casa editrice indipendente specializzata nella pubblicazione di edizioni di teatro e spettacolo.

Quali sono le sfide da affrontare quotidianamente come direttore di questo unicum editoriale?

Le sfide, fondamentalmente, sono quelle ataviche – ci sono da sempre – e sono quelle della visibilità, della distribuzione. Negli anni la situazione, specialmente per quanto riguarda la distribuzione dei libri di teatro, è peggiorata moltissimo perché sono venuti a mancare molti bookshop, sia all’interno dei teatri che in varie manifestazioni, come festival e rassegne. E ancor di più, per quanto invece riguarda le librerie fisiche, mancano quasi del tutto gli spazi dedicati all’editoria teatrale. È molto difficile trovare delle sezioni di teatro che dedichino spazio al teatro contemporaneo, mi riferisco in particolare alla drammaturgia contemporanea. Ritroviamo negli scaffali i soliti Shakespeare, Pirandello, Goldoni, a parte qualche raro caso di fenomeno teatrale del momento. La pecca più grande proviene proprio dal mondo universitario, Perché nei programmi è molto difficile trovare riferimenti a testi di drammaturgia, manca proprio il lavoro sui testi, e ovviamente questo penalizza i giovani.

A proposito dei giovani e, più in generale, dei lettori. Il vostro catalogo, consultabile sul sito, è molto vario e spazia da vere e proprie guide sulle arti sceniche a collane monografiche, alla drammaturgia. È dunque naturale chiedersi quale sia il target editoriale.

Il lavoro che noi cerchiamo di fare da sempre è creare una linea editoriale ben precisa. Astenendoci dalla pubblicazione a pagamento, per cui non chiediamo nulla per pubblicare, godiamo di una grande libertà. Questo ovviamente non ci permette di pubblicare molti titoli all’anno, ma ogni pubblicazione è una scelta mirata e calibrata e ponderata. Le scelte vengono effettuate anche attraverso la collocazione nelle varie collane. In catalogo sono presenti collane sia di saggistica, che di drammaturgia, dove autori, giovani e viventi convivono con autori che non sono mai stati pubblicati in Italia o di cui spesso di non si ha più ricordo. Sotto il profilo della drammaturgia c’è un’attenzione maggiore proprio perché c’è maggiore carenza, sia per quanto riguarda la lettura che per quanto riguarda la pubblicazione. In questo modo, quello del target diviene un aspetto marginale. Cerchiamo di portare più lettori possibili a leggere questo tipo di quella che io continuo a chiamare letteratura, perché per me un testo teatrale ha lo stesso valore letterario di un romanzo.

Cerchiamo di fare innamorare le persone o che non hanno letto o che leggono difficilmente testi teatrali, incuriosendoli con pubblicazioni un po’ diverse, non per forza innovative o contemporanee, ma anche attraverso delle riscoperte.
Per la saggistica, invece se da una parte il discorso è molto legato all’ambito universitario, dall’altro, noi seguiamo diversi progetti, in particolar modo legati anche alla danza. Quindi, il pubblico si amplia, spaziando dagli studiosi, agli operatori agli artisti.

Sono dunque questi i criteri con cui avviene la selezione dei testi drammaturgici?

Questa è la parola fondamentale, ovvero criterio! Negli anni abbiamo fatto in modo che il catalogo fosse sempre vivo, dal primo libro che abbiamo pubblicato all’ultimo sono tutti volumi che da quasi vent’anni conservano ancora una loro vitalità. È vero che siamo molto contenti quando vediamo che un volume appena pubblicato ha un riscontro da parte dei lettori, ma siamo ancora più felici quando vediamo che le persone hanno voglia di leggere anche qualcosa che abbiamo pubblicato diversi anni fa. Questo è possibile solo attraverso un preciso criterio editoriale, perché alcuni volumi non invecchiano mai. L’arte non invecchia mai.

Ritornando alla drammaturgia e al suo valore letterario, questo potrebbe essere il principale motivo per cui si dovrebbe leggere drammaturgia oggi, o secondo lei ci sono ne sono altri, per cui un lettore profano dovrebbe o potrebbe avvicinarsi alla drammaturgia, specialmente contemporanea?

La drammaturgia non viene affrontata nei modi dovuti o per nulla a scuola e quindi la maggior parte delle persone non ha la percezione di che cosa sia questo ambito letterario, così come, invece, molte persone hanno una sorta di deviazione verso questo tipo di lettura. Noi lo riscontriamo quando ci capita di avere un contatto diretto tramite le fiere e gli incontri, per cui ci sono delle persone che non hanno molto a che fare con il teatro, hanno difficoltà nella lettura, sia per quanto riguarda l’uso delle didascalie che per l’uso dei personaggi. C’è anche una fetta di lettori che sembra affetta da una sorta di allergia verso questo tipo di scrittura e di letteratura. Manca chiaramente un tipo di educazione.

Dai profili social di editoria e spettacolo evidente l’interesse per una comunicazione accurata e aggiornata delle collane, dell’attività editoriale e degli eventi, spesso in collaborazione con importanti realtà. Quanto è importante per una casa editrice come la vostra fare network?

Questo è un altro dilemma. Generalmente i testi teatrali possono essere veicolati da manifestazioni come festival, rassegne, bookshop di teatri, ma è difficile che ciò avvenga se vengono a mancare le occasioni di incontro. Quello che noi cerchiamo di fare è seguire quelli che possono essere gli eventi vicini a noi, però in questo caso è necessario trovare un contesto collaborativo. Chiaramente ci scontriamo anche con le risorse di cui disponiamo. Ci piacerebbe avere un sito Internet più fruibile, come poter seguire più eventi così come ci piacerebbe poter pubblicare più drammaturgia straniera, però attualmente non possiamo fare di più.

Si tratta, dunque, di uno scenario drammatico?

No, piuttosto direi che in quel che può sembrare uno scenario drammatico, c’è una fioritura. Rispetto a qualche anno fa, in cui le case editrici che pubblicavano teatro erano poche, oggi si riscontra una sorta di dinamismo, insieme a una maggiore possibilità di trovare pubblicazioni di teatro non solo in cataloghi di case editrici specializzate, ma anche in cataloghi profani, per così dire. La situazione è drammatica per quanto riguarda la distribuzione e la visibilità, non per quanto riguarda la produzione. Le prospettive per il futuro mi sembrano rosee.

Questi progressi potrebbero lasciar ben sperare? Potrebbero, forse, essere questi i primi germi di una rifioritura anche dal punto di vista distributivo?

Si dà il caso che il problema è soprattutto culturale. Il nostro paese vive di una atavica propensione all’assolutismo, dalla politica all’editoria. Anche per quanto concerne l’ambito distributivo, se prima c’erano varie realtà che avevano la possibilità di distribuire, ora si è creata questa sorta di monopolio, il quale crea dei danni che si riversano sulla natura delle pubblicazioni.

Chi è che oggigiorno ha interesse in una maggiore distribuzione, perché pubblicazioni di questo genere siano più fruibili?

Eh, questo dovrebbe essere il quesito di fondo, il pane quotidiano di chi si occupa di politiche culturali. Partendo proprio dal basso – senza proprio arrivare all’università – già a scuola i ragazzi nutrono una repulsione per il teatro, la vedono come una cosa estremamente noiosa. Non vengono spronati ad andare a teatro se non a vedere spettacoli di servizio. I ragazzi di oggi non hanno gli strumenti per potersi avvicinare. Il teatro necessita di un’educazione, di un affiancamento. In questo caso gli incontri sono fondamentali. Il teatro è ancora fatto di persone, di incontri, di scambi che sono fondamentali. C’è sempre un “aiutante”, una figura di riferimento che ti avvicina all’arte. Quel che oggi manca è un aiutante.