Atto Bianco | Roberta Racis. La performance come viaggio interiore

Ott 15, 2024

A cura di Sara Raia

«I’m wandering in the fog». La eco di questo canto risuona in ognuno degli spettatori presenti in sala: erranti nella nebbia, a vagare senza una meta, ci siamo sentiti tutti. 

L’atmosfera austera e suggestiva, cattura gli spettatori fin dall’avvio della performance. Mentre i clacson del traffico stradale irrompono nel buio e nella quiete della sala dello Spazio Korper di Napoli, Roberta Racis invita il pubblico all’attenzione con Atto bianco, una performance riflessiva: nel momento in cui si è immersi pienamente nel mondo che la danzatrice sceglie di donare, non vi è più alcun contorno o suono esterno in grado di distrarre. La performance appare come un’esortazione al viaggio e a ciascuno è dato intraprendere il proprio, quello interiore. 

La danzatrice inizia a vacillare con anima e corpo ipnoticamente, dal principio manifestando la volontà di mostrare un universo senza mascherare nulla, superando e riscrivendo i canoni del balletto classico. Entrelacé e pirouettes à la seconde scomposte, circonduzioni che non si arrestano mai in una posizione definita, cadute e rotazioni. Al centro della scena vi è un corpo che incanta, attraverso movimenti ripetuti in serie ininterrotta e sempre in crescendo. Dei grand battements improvvisi sono il simbolo di uno slancio che mira ad essere sempre più potente e deciso. Un gesto liberatorio, uno sfogo a scacciare via ciò che pesa. I capelli sciolti della danzatrice sono il continuum del corpo che oscilla, sia lentamente sia velocemente, in diverse direzioni ma che non disorientano: fanno parte del percorso, ne sono la bussola. Ne consegue un’intensità capace d’ispirarsi al balletto per aggiungere poi modifiche ampiamente significative, per una messa in scena profonda in ogni sua parte. 

La cura del costume e della scenografia risaltano all’occhio, insieme alla scelta d’indossare scarpe da ginnastica. Alla fine della performance, quando un delicato velo fa da involucro alla minuta fisicità di quest’anima che straripa di sentimenti, viene utilizzata la struttura nera posta in fondo alla scena: in apparente marginalità, ora funge da imprescindibile dispositivo illuminante e risponde ai comandi tramite un piccolo telecomando. Giocando con l’alternanza lessicale, Atto bianco saluta il pubblico, interrogandolo ancora una volta. 

Roberta Racis, eclettica danzatrice, con questa sperimentazione performativa genera un terremoto che assesta l’animo di chi osserva. Ammirandola, ci si sente parte di una silenziosa fragilità, del loop, di un dolore intimo e quasi volutamente oscurato. Ci si riconosce nel canto, negli sbalzi tonali e nella ripetitività d’azione a simboleggiare la gabbia emotiva dentro cui spesso si resta rinchiusi e da cui Atto bianco chiarisce che è possibile uscire. 

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