LETTERA DI ANTONIO CALBI, DIRETTORE DEL TEATRO DI ROMA:
Gentile Lettore, Caro Spettatore del Teatro di Roma, dopo “Cantiere Roma Italia”, “Teatro. Dunque sono”, “Umanità in movimento”, il motto che ci guida quest’anno è Il teatro è uguale per tutti. Esattamente come dovrebbe essere la Legge. Ci piace perseguire, con maggior forza, il senso di un Teatro che sia agorà civile e culturale, un Teatro aperto a tutti, che sia spazio della Democrazia delle Arti, e attraverso di esse – che sul palcoscenico sono abituate a dialogare da sempre –, assurgere a Democrazia davvero partecipata, di pensieri, sentimenti, utopie, sguardi rivolti alla Storia, e dunque alla Memoria. Teatro come parlamento sociale; dove le vite di artisti e spettatori dialogano nel tempo e nello spazio del qui e ora; dove gli autori e i registi indagano la realtà, ponendoci domande, dischiudendo nuove prospettive, perlustrando e facendo affiorare dalle pieghe più nascoste le verità dei fatti, delle cose, dei sommovimenti dell’animo umano, delle nostre esistenze, dei diversi capitoli della Storia che abbiamo alle spalle. Ma è soprattutto il presente il soggetto primo degli spettacoli della nuova stagione, anche quando il titolo ci arriva da lontano, nel tempo o da altre geografie. La lezione dei maestri, innanzitutto, da non considerare per forza gerarchicamente sopra ai nuovi arrivati o ai nuovi approdi dei registi dell’età di mezzo, bensì gli uni a fianco agli altri, strade parallele o che si intrecciano, egualmente importanti. Stein, Strehler, Wilson; Avogadro, Barberio Corsetti, Brie, Castellucci, Comencini, Giordano, Lievi, Maccarinelli, Martone, Popolizio, Tiezzi, Santagata, Vetrano e Randisi; la “scuola romana” rappresentata da Riccardo Caporossi, Pippo Di Marca, Amedeo Fago, Marco Lucchesi; e poi Arcuri, Cruciani, Danco, Dante, Di Florio, Longhi, Muscato, Sinigaglia, e Alessandro Serra in veloce ascesa, fino ai nuovissimi su cui investiamo: Giacomo Bisordi, Luca Brinchi e Daniele Spanò, Jacopo Gassmann, Clara Gebbia, Tindaro Granata, Massimo Di Michele, Fabio Morgan, Fabrizio Pallara, Tiziano Panici, Giorgina Pi, Luca Ricci, Reparto Amleto di un gruppo di allievi della Silvio d’Amico, freschi di diploma ma già furiosi con grazia, in un Teatro India che aspira a crescere ancor più come factory del Teatro del Futuro.
La nuova stagione del Teatro di Roma – Teatro Nazionale, la quarta della nostra direzione, si caratterizzata per la continuità con i princìpi che ci hanno guidato fin qui: attenzione alla migliore tradizione, un’ampia e doverosa perlustrazione nel teatro contemporaneo e nella drammaturgia del presente (più di 100 gli autori viventi messi in scena fra il 2014 e il 2017), i progetti speciali, i ritratti d’artista, gli omaggi: ieri a Pasolini o Ronconi, oggi a Strehler e Aldo Moro. I sipari aperti sulla Storia: dalla Rivoluzione Francese di Martone della stagione scorsa a quella Russa, ripercorsa in quattro puntate da Ezio Mauro, alla Riforma Luterana di 500 anni fa, alla Memoria dell’Olocausto, ai nostri “anni di piombo”, fra stragi, rapimenti eccellenti, ragazzi nel pieno della giovinezza ammazzati per strada. Abbiamo cercato spettacoli che riverberassero di senso etico, sociale, storico, perché è di questo che abbiamo bisogno: di comprendere cosa ci sta accadendo e come affrontare le nuove sfide, le nuove tragedie, nelle quali siamo immersi, e come impegnarci tutti a immaginare e costruire un futuro diverso. “Il futuro ha un cuore antico”, è il claim della stagione allestita per i più piccoli: è il titolo di un libro di Carlo Levi, pregno di speranza oltre che di poesia.
La tradizione del nuovo. Abbiamo cercato un nuovo equilibrio fra tradizione e innovazione: da una parte scegliendo il meglio della tradizione, con allestimenti di qualità e originali, dall’altra i capitoli di una “tradizione del nuovo”, se così possiamo dire, ovvero novità drammaturgiche, registiche, interpretative in coerenza con le linee editoriali che andiamo perseguendo. Tutto questo anche in ossequio a quanto richiesto dal DM Franceschini del 1° luglio 2014, in relazione allo statuto di Teatro Nazionale che ci piace onorare su ogni fronte: produttività, qualità, ricambio generazionale, multidisciplinarietà, continuità di aperture delle nostre sale (11 mesi all’anno), rischio culturale, allargamento del pubblico, in particolare verso i più giovani. Il sipario si alzerà circa 550 volte su un cartellone di 72 proposte complessive, composto da 24 produzioni – 14 nuove produzioni, 8 coproduzioni, 2 riprese – con più di 60 autori viventi messi in scena; 64 registi e quasi 300 interpreti: numeri che posizionano il Teatro di Roma fra i teatri principali della Nazione. I titoli che compongono la stagione sono, come consuetudine di questi anni, raggruppabili in sezioni o capitoli che vanno a comporre un cartellone ragionato nel quale lo spettatore può configurare i propri percorsi, in base alle proprie sensibilità e interessi, facilitato dalle nostre Libertine Card che così tanto successo hanno ottenuto dal loro varo nella stagione 2014/2015.
Si è detto essere tre i maestri protagonisti della scena internazionale che segnano la stagione: Peter Stein, Bob Wilson, Giorgio Strehler. Di Stein presentiamo Riccardo II di Shakespeare, con gli attori che da anni lavorano con lui e in gran parte già protagonisti del nostro Der Park (2015), e con Maddalena Crippa nei panni di questo re che ascende al trono, vive congiure e lotte di potere, fino alla carcerazione e alla sua uccisione. Siamo particolarmente orgogliosi di accogliere al Teatro India la linearità visionaria di Wilson (col quale abbiamo in cantiere un altro progetto nel prossimo futuro), questa volta dedicata a un testo di Heiner Müller, Hamletmachine, in Italia già portato in scena in una bella edizione da Federico Tiezzi e Sandro Lombardi (1990). La macchina di Amleto di Müller-Wilson è animata dagli allievi diplomandi dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, con la quale apriamo un percorso comune, sposando le nostre specifiche missioni: da una parte l’alta formazione, dall’altra aprire le porte del futuro agli aspiranti registi, attori, autori. A vent’anni dalla improvvisa scomparsa di Giorgio Strehler, nella notte di Natale del 1997, lo omaggiamo riportando sul palcoscenico dell’Argentina uno degli allestimenti più celebri del Piccolo Teatro, da lui fondato 70 anni fa con Paolo Grassi: Arlecchino servitore di due padroni, nella versione curata dal suo interprete di sempre, Ferruccio Soleri, entrato nel Guinness dei Primati per aver offerto la sua arte per una intera vita alla celebre maschera goldoniana.
> SCARICA IL CALENDARIO DELLA STAGIONE 2017/2018 DEL TEATRO DI ROMA
Teatro Argentina. La stagione si apre e si chiude con due nuovi “ritratti teatrali”. Dopo Ritratto di una Capitale – Ventiquattro scene di una giornata a Roma (novembre 2014 e dicembre 2015), ecco Ritratto di una Nazionale – L’Italia al lavoro, un progetto speciale MiBACT. Con la cura e la regia di Fabrizio Arcuri, comporrà un nuovo affresco corale e multidisciplinare, questa volta dedicato al nostro Paese, con 20 pièce teatrali commissionate ad altrettanti autori, uno per ciascuna Regione italiana, cui abbiamo chiesto di indagare il tema del lavoro, tema espresso in diversi articoli della nostra Costituzione a partire, emblematicamente, proprio dall’articolo 1: “L’Italia è una Repubblica Democratica, fondata sul lavoro”. Quest’anno saranno presentati i primi tasselli di questo originale formato, in forma di puzzle, montati fra loro in un unicum, grazie al lavoro del dramaturg Roberto Scarpetti, alla colonna sonora live dei Mokadelic, al set virtuale di Luca Brinchi e Daniele Spanò. Nel 2018 saranno messi in scena gli altri brevi spettacoli (30 minuti ciascuno), che saranno poi composti insieme ai pezzi della prima parte nell’affresco teatrale finale della durata di 12 ore: esso sarà presentato al pubblico, magari nell’arena all’aperto del Teatro India (col suo paesaggio di archeologia industriale), dapprima diviso in 2 parti, di 6 ore ciascuna, dal tramonto alla notte, e poi nel suo insieme nella forma della vera e propria maratona, già sperimentata con successo in Ritratto di una Capitale. Se Ritratto di una Nazione apre la stagione a settembre 2017, a giugno 2018, in chiusura, presenteremo un nuovo affresco teatrale di Roma, Ritratto di una Capitale – Trittico delle corrispondenze: la prima parte sarà composta da una selezione di lettere scritte alla Capitale da allievi di licei e istituti superiori della città, sulla Roma che vorrebbero; la seconda parte è invece una creazione della Compagnia Menoventi, Ascoltate! Cartoline a Roma, montaggio di messaggi firmati dalle migliaia di turisti stranieri che ogni anno la visitano, cui sono intrecciati brevi testimonianze di artisti e letterati del passato, in visita alla Città Eterna; infine, a siglare l’opera, riproporremo Alla città morta – Prima Epistola ai Romani di Elvira Frosini e Daniele Timpano, tassello già applaudito nel primo Ritratto di una Capitale. Il nuovo Ritratto prevede, inoltre, la partecipazione in forma di cameo di un cittadino o cittadina romana di fama popolare, diversi per ciascuna replica, cui verranno poste alcune domande sulla città alle quali questi ospiti d’eccezione risponderanno in diretta.
Dopo Emilia, ecco il ritorno di Claudio Tolcachir, regista e autore argentino, con Il caso della famiglia Coleman, uno degli spettacoli che lo ha fatto conoscere nel mondo, ospitalità internazionale del nostro cartellone, insieme a Profumo di Corea. A seguire Bestie di scena di Emma Dante: una creazione della quale sono nuovamente protagonisti i corpi, questa volta un piccolo popolo nudo, in un sabba struggente, quasi privo di parola, che apre nuovi orizzonti alla originale originale ricerca della regista palermitana, fedelissima a se stessa, eppure in movimento e felicemente creativa. Torna, rigenerato, uno degli spettacoli cult degli ultimi decenni, Copenaghen di Michael Frayn, con un trio d’eccezione di protagonisti: Umberto Orsini, Giuliana Lojodice, Massimo Popolizio, diretti da Mauro Avogadro, una coproduzione Teatro di Roma, Compagnia Orsini, CSS di Udine.
È la volta, poi, della nostra produzione di punta del 2017, Re Lear di Shakespeare, diretto da Giorgio Barberio Corsetti, con Ennio Fantastichini protagonista, in coproduzione con il Biondo di Palermo: una creazione impegnativa di un regista romano di fama europea, specialista nel dar vita a spazi diversi, che seguiamo dai suoi esordi e che torna dopo molti anni sul grande palcoscenico vuoto del Teatro Argentina. Segue un altro Shakespeare, il citato Riccardo II, diretto da Stein, spettacolo rappresentato al Teatro Nazionale (in collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma). Rivisitazioni shakespeariane sono pure Macbettu, plumbeo affondo nell’ossessione del potere, di poche azioni e di rare parole, ambientato in una Barbagia tombale e silentemente feroce. Impreziosisce il percorso intorno a Shakespeare la riscrittura di Amleto di Müller, nella versione citata di Wilson. Per le feste natalizie torna a grande richiesta la vitalità irrefrenabile e poetica di Ragazzi di vita, dal primo romanzo di Pasolini, in una stupefacente messa in scena di Massimo Popolizio, una delle nostre produzioni di maggior successo e cui teniamo in particolar modo: tre settimane al Teatro Argentina, per poi portare la sua pura teatralità in tournée nelle maggiori città italiane (da gennaio 2019).
A seguire una coproduzione con Ert e il Stadttheater di Klagenfurt, Austria: Il giorno di un Dio, scritto e diretto da Cesare Lievi, in occasione dei 500 anni della Riforma di Lutero; lo spettacolo, con scenografie di Maurizio Balò, vede in scena un cast misto di interpreti tedeschi e italiani. Come omaggio a Umberto Eco, fra i grandi del Novecento italiano e non solo, ecco Il nome della rosa, uno dei romanzi più celebri al mondo, adattato per il palcoscenico da Massini e diretto da Leo Muscato. Ѐ il secondo romanzo, dopo Ragazzi di vita, che viene adattato per la scena, nella nuova stagione. Ma non c’è due senza tre. Dostoevskij ha addirittura un trittico tutto per sé: Delitto e castigo, con adattamento e regia del russo Konstantin Bogomolov, I malvagi diretto e interpretato da Alfonso Santagata, che ritorna a India dopo molti anni, e Ivanov, con Fausto Russo Alesi (già nostro Enea), diretto da Serena Sinigaglia. Per i 150 anni dalla nascita di Pirandello, proponiamo Sei personaggi in cerca d’autore, con protagonista Eros Pagni e regia di Luca De Fusco.
Cuore del percorso “Anatomia del potere”, è Antigone, nostra produzione, firmata da Federico Tiezzi, con Lucrezia Guidone, Antigone, Sandro Lombardi, Creonte, e Francesca Benedetti nei panni di Tiresia, una edizione ambientata nella stessa monumentale scena del Calderón di Pasolini, diretto sempre da Tiezzi (Premio Ubu 2016 per la migliore regia), adattata questa volta a obitorio. Mentre a India presentiamo Emone, originale riscrittura di Antonio Piccolo da Sofocle, dedicato a questo personaggio minore della tragedia, figlio di Creonte e promesso sposo di Antigone.
Di Eduardo, che ha sempre impreziosito i nostri ultimi cartelloni (Natale in casa Cupiello, diretto da Latella, Le voci di dentro con i fratelli Servillo, Non ti pago, ultima regia di Luca De Filippo; nell’attesa di accogliere, a Natale 2018, Questi fantasmi, diretto da Marco Tullio Giordana, sempre con la Compagnia Luca De Filippo), ecco una particolare versione del Sindaco del Rione Sanità, diretta da Mario Martone, con una compagnia tutta speciale composta di interpreti affermati e di altri al loro debutto, nata al Nest – Napoli Est Teatro, vivace teatrino nel quartiere di San Giovanni a Teduccio. Uno spettacolo di energia pura, per l’originalità della direzione registica, per il linguaggio eduardiano insufflato di presente, per l’interpretazione inedita del protagonista, un Francesco Di Leva di età più giovane rispetto al canone eduardiano. Il potere è osservato, da sempre e nei modi che gli riconosciamo, anche da Romeo Castellucci, che torna all’Argentina con la sua ultima creazione, Democracy in America da Tocqueville: visionario e inquietante come sempre, e ancor più questa volta, nella forma aperta di un’opera che monta scene e visioni ipnotiche, cifra di questo artista puro e irriducibile.
Di Strehler e del Piccolo Teatro si è già detto. Ci piace anticipare che stiamo costruendo un omaggio che prevede anche una serata d’onore per Ferruccio Soleri e una per Giulia Lazzarini, con la quale rivedremo insieme su grande schermo la registrazione televisiva di Carlo Battistoni della mitica Tempesta, nella quale l’attrice danzava nell’aria nelle vesti velate di Ariel: lo spettacolo debuttò lo stesso giorno del rapimento di Aldo Moro, il 16 marzo 1978; Giancarlo Dettori ripercorrerà i suoi 40 anni di lavoro con il regista; omaggeremo anche Fiorenzo Carpi, autore delle musiche di tanti spettacoli di Strehler, così come i due scenografi con i quali ha operato, Luciano Damiani e Ezio Frigerio. Ad Aldo Moro, rapito dalle Brigate Rosse il 16 marzo e il cui corpo senza vita fu ritrovato il 9 maggio 1978, dopo 55 giorni di prigionia, in via Caetani, a pochi passi dal Teatro Argentina, sarà dedicata una giornata di proposte, lunedì 7 maggio 2018, a 40 anni dalla sua tragica morte, con una maratona nella quale si susseguiranno Corpo di Stato di e con Marco Baliani, Moro: i 55 giorni che cambiarono l’Italia di e con Ulderico Pesce, Aldo Morto di e con Daniele Timpano, la proiezione dei film di Marco Bellocchio Buongiorno notte, con Roberto Herlitzka, Il caso Moro di Giuseppe Ferrara, Piazza delle Cinque Lune di Renzo Martinelli, e l’opera contemporanea di Filippo Del Corno (2008), Non guardate al domani, dalle lettere di Aldo Moro inviate dalla sua prigionia, realizzata con l’ensemble Sentieri Selvaggi.
La classe operaia va in Paradiso è lo spettacolo che approfondisce ulteriormente, attraverso il teatro, il tema del lavoro (vedi Ritratto di una Nazione): tratto dalla sceneggiatura del film di Petri (1971), è una regia del nuovo direttore di Ert – Emilia Romagna Teatro, Claudio Longhi, con drammaturgia di Paolo Di Paolo e Lino Guanciale protagonista (già in scena nel nostro Ragazzi di vita). E dopo gli operai, ecco nientepopodimeno che il palcoscenico di Argentina invaso dal Capitale di Marx, un progetto speciale MiBACT diretto da Marco Lucchesi, per i 150 anni dalla sua pubblicazione (1867).
Teatro India: investiamo sul teatro del futuro. Il 6 settembre prende il via la programmazione con le proposte del festival Short Theatre, cui seguono gli ultimi due titoli della nostra rassegna “Il teatro che danza”, con coreografie di Silvia Rampelli e Enzo Cosimi; quelle di Garofano Verde, sui temi della pluralità dei sentimenti e della sessualità, e di Romaeuropa Festival. dEVERSIVO è la nuova creazione, da noi prodotta, di Eleonora Danco, autentica irregolare della scena e ora anche del cinema, autrice e attrice che siamo certi ci sorprenderà ancora una volta. Per la sezione “Il teatro delle lingue. Le lingue del teatro”, oltre al veneziano di Goldoni e al napoletano di Eduardo, ecco una “dedica” al palermitano Franco Scaldati, con un dittico diretto e interpretato da Enzo Vetrano e Stefano Randisi: Ombre folli e Totò e Vicé. Ѐ, inoltre, in programma un convegno realizzato in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma. Alla Sardegna è dedicato un trittico: il citato Macbettu, all’Argentina, Quasi Grazia di Marcello Fois sulla figura di Grazia Deledda, interpretata in scena da Michela Murgia, anche autrice di Accabadora, con Monica Piseddu, un dittico, quest’ultimo diretto da Veronica Cruciani. Fino al napoletano reiventato in modo sorprendente da Antonio Piccolo per il suo Emone. E di lingue diverse, per indole poetica e provenienza geografica, si compone il Padiglione Verdastro, che l’attore romano “abita” dando voce a Nino Gennaro, Gadda, Petrolini, Penna, Petronio. Per la sezione “Il dovere della memoria”, riproponiamo Tante facce nella memoria sull’eccidio delle Ardeatine, regia di Francesca Comencini; coproduciamo Il coraggio di dire no, su Giorgio Perlasca, scritto e interpretato da Alessandro Albertin; presentiamo anche per i più giovani Shoah, frammenti di una ballata, di e con Fabrizio Saccomanno, mentre il monologo su Primo Levi, da noi prodotto, con Jacob Olesen, è al Teatro Argentina. Torna in scena, per ricordarla, 60 anni dopo, la Primavera di Praga, di e con Jitka Frantova. Un “Dittico dei Lumi” apre il sipario su Casanova e su Mozart: il primo con Sandro Lombardi e il secondo con Giuseppe Cederna.
Ritorna Dieci storie proprio così, il progetto di Giulia Minoli e Emanuela Giordano, itinerante per la penisola, alla sua terza versione, sui temi della legalità, delle mafie e della corruzione: un progetto destinato ai futuri cittadini di una Nazione infettata dal malaffare.
Geppetto e Geppetto di Tindaro Granata, autore, interprete e regista, è uno spettacolo dedicato alle nuove famiglie, in questo caso una coppia di uomini che diventano padri. Mentre Mi sa che fuori è primavera, dal testo di Concita De Gregorio, porta in scena il dramma di una famiglia implosa: un fatto di cronaca, quello di un marito che fugge via da casa con le due piccole figlie e che si uccide non lasciando traccia alcuna delle due bimbe. Ѐ la confessione della madre alla giornalista e scrittrice che ha colpito Giorgio Barberio Corsetti muovendolo a farne un dolente monologo. Nel corpus dei “ritratti di famiglia” ecco anche Pouilles – Le ceneri di Taranto di e con Amedeo Fago. Per gli 80 anni di Caryl Churchill produciamo, con Sardegna Teatro e Bluemotion/Angelo Mai, Settimo cielo, diretto da Giorgina Pi, una regista che si sta rivelando di bella autoralità e sulla quale ci piace puntare. A far coppia con Copenaghen, ecco La domanda della Regina di Giuseppe Manfridi e il fisico Guido Chiarotti, diretto da Piero Maccarinelli, in un dittico dedicato alla scienza. Già in cantiere dal 2015, prende finalmente forma scenica Disgraced di Ayad Akhtar, Premio Pulitzer 2013, tradotto e diretto da Jacopo Gassmann: tesa osservazione delle relazioni fra i sessi, amori, amicizie, rivalità, in una seduta a cena con in tavola più religioni. Se Viva l’Italia – Le morti di Fausto e Iaio, che riprendiamo in coproduzione insieme al Teatro dell’Elfo di Milano, ricorda, a 40 anni di distanza, l’omicidio dei due giovani militanti del Leoncavallo a Milano, mentre si consumava il sequestro Moro, Echoes di Henry Naylor ci porta ai nuovi terrorismi di oggi, con protagoniste due giovani mogli della Jihad, Francesca Ciocchetti e Federica Rosellini, dirette da Massimo Di Michele (regista che ci ha regalato una scoppiettante versione del Funerale del padrone di Fo con gli allievi della nostra scuola di specializzazione). Mentre La lotta al terrore di Lucia Franchi e Luca Ricci ci porta la violenza della deriva islamica direttamente in casa nostra. Emone è la rivelazione come drammaturgo di un attore napoletano che riscrive l’Antigone (in doppio con la messa in scena all’Argentina di Tiezzi), con una lingua di nuovo conio, quasi un omaggio a Basile, portata ai nostri tempi, vincitore della prima edizione del Premio Platea e in pubblicazione presso Einaudi. Il tandem di videoartisti Luca Brinchi e Daniele Spanò approdano al secondo capitolo della Trilogia dell’Amore, da noi prodotta e pensata per il foyer del Teatro India (per 60 spettatori, trattandosi di una installazione di macchine sceniche, videoproiezioni e figure umane): dopo l’Aminta del Tasso è la volta della Vita nova di Dante. Cenerentola, riscritta da Joël Pommerat, è messa in scena da Fabrizio Arcuri per il CSS di Udine; mentre una fiaba contemporanea è Walking on the Moon, scritta da Fabio Morgan e diretta da Leonardo Ferrari Carissimi.
Per i più piccoli, c’è un cartellone tutto per loro, a partire dall’opera lirica. Se quest’anno hanno scaldato le proprie ugole nel Flauto magico di Mozart più di 25 mila bimbi romani, in una annata particolarmente entusiasmante, Europa InCanto ha aperto il cantiere della prossima Aida, che si annuncia già un nuovo trionfo, con i partecipanti a questa esperienza di formazione artistica e insieme civile che vanno moltiplicandosi di anno in anno. Mentre per gli adolescenti ritorna Infuturarsi del nostro Laboratorio Integrato Piero Gabrielli, guidato da Roberto Gandini.
Articolato sarà anche per la prossima stagione il palinsesto di accadimenti e cicli culturali, che hanno concorso in modo significativo a riposizionare il Teatro di Roma quale agorà civile e culturale della Capitale: da un nuovo ciclo in 4 puntate, alla domenica mattina, sulla Rivoluzione Russa, raccontata da Ezio Mauro, a 100 anni dalla sua deflagrazione, alla quarta edizione di Luce sull’Archeologia, al ricordo di Aldo Moro. Continua la collaborazione con il Teatro Palladium, questa volta con una selezione di spettacoli coerenti con i nostri cartelloni, cui possono partecipare gli spettatori del Teatro di Roma con biglietti speciali; così come la collaborazione con Romaeuropa Festival, Short Theatre, Garofano Verde, Fabulamundi, Filarmonica Romana, l’Accademia Silvio d’Amico, fino a Dominio Pubblico.
Ecco, per noi il Teatro è una magnifica avventura, che viviamo con passione, coraggio, rigore ogni giorno. Il Teatro Argentina e il Teatro India, e i nuovi spazi che arriveranno, sono piazze artistiche e sociali, fondamentali ancora di più in una realtà così sbussolata e in un mondo che muta a ritmi serrati e che si fa sempre più incerto. Il Teatro, arte sociale per eccellenza, deve essere presente al proprio tempo, altrimenti rinnega origini e senso, la sua necessità. Davanti alla vita, al suo percorso, siamo tutti uguali. Vogliamo che allo stesso modo, in questi templi laici dove la vita si celebra e si indaga, ognuno di noi, ognuno di Voi, si senta a casa, artisti e spettatori insieme, nel condividere un’esperienza preziosa e che vorremmo fosse davvero Uguale per Tutti. E dunque,
Buona Stagione.
Antonio Calbi

La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.