Ăgape e Thanathos, in scena Il soccombente di Thomas Bernhard

Mar 7, 2023

“Nelle opere di Bernhard ogni personaggio rappresenta qualcosa ma anche il suo opposto. Tutta questa contraddizione è l’essenza dell’essere umano, che portando in scena Il soccombente abbiamo voluto mostrare piuttosto che nascondere, come spesso capita nelle rappresentazioni delle opere di questo autore. La sola cosa concreta è la consapevolezza che l’esistenza umana sia una tragedia, perché ciascuno di noi soccombe a qualcosa o qualcuno”. Parla Sandro Lombardi, ospite insieme a Martino d’Amico e Francesca Gabucci dell’incontro nella sede della Fondazione Sabe per l’Arte di Ravenna organizzato da Ravenna Teatro in occasione dello spettacolo in cartellone al Teatro Alighieri.

A cosa possa condurre la rivalità tra amici e la genialità dell’artista con la sua portata devastatrice nei rapporti umani. Queste le tematiche approfondite dagli attori, che hanno raccontato di essersi ispirati alla drammaturgia di Ruggero Cappuccio per rappresentare la vicenda di Glenn Gould, musicista dal talento inarrivabile che spinge al suicidio Wertheimer uno dei due amici e colleghi pianisti conosciuti al Mozarteum di  Salisburgo, all’inizio della carriera negli anni Cinquanta del secolo scorso.

Il pianoforte al centro della scena, sormontato da un’architettura triangolare che richiama il mausoleo funebre di Canova, attorno al quale si muovono i personaggi, in una dimensione di ripiego esistenziale e passiva disperazione. Incapaci, i due amici, dopo aver conosciuto la perfezione dell’ esecuzione delle Variazioni di Goldberg di Bach, di accettare il loro ruolo di bravi musicisti che non li appagherà mai a sufficienza. In realtà, si tratta di due grandi artisti, spiega ancora Lombardi, che in scena interpreta la parte del narratore e terzo musicista, a dispetto della mediocrità di cui si sentono portatori. Rinnegano il proprio talento e il proprio virtuosismo, senza dei quali però non sarebbero stati in grado di riconoscere la superiorità del loro amico e soffrirne in quel modo.

Gould non appare, lui è il pianoforte stesso, tanto la sua arte lo ha trasceso, annullandolo come essere umano, al punto da finire i suoi giorni chiuso in uno studio di registrazione, senza più contatti col pubblico, fino alla morte, a soli 51 anni. Anche lui un soccombente, di se stesso. Il fatto che muoia in questa fascia d’età è un altro segno del destino, dice Lombardi. “Come Beethoven e Maria Callas, anche Gould è morto al momento giusto, senza correre il rischio di ripetersi e di perdere il dono della creazione”.

Il tema della morte incombe su tutta la rappresentazione, costruita sia attraverso le geometrie e la freddezza delle luci, sia attraverso i movimenti del corpi nello spazio, dove,  racconta D’Amico “i movimenti sono sempre in relazione con le parole e i ricordi del soccombente”.

L’impatto visivo è quello di una grande teatralità, proprio perché “Bernhard – dice Lombardi – è uno di quegli autori intrisi di teatralità, al pari di Testori, del quale ogni testo, anche quello giornalistico, può essere trasposto teatralmente. È come se possedesse, senza averne una specifica competenza, la reale consapevolezza del mistero di ciò che è un attore”. Così come Bernhard, dice D’Amico, “Bernhard fa del linguaggio il suo contenuto. È un giocattolo con cui ci si può divertire all’infinito per la freschezza d’esecuzione che permette”.  E ancora: “Bernhard è di una complessità enorme, la sua è una scrittura che non spiega tutto. Questo apre a una scelta interpretativa ed è una sfida ogni sera, perché è importante pronunciare quelle battute nel modo in cui vanno dette, perché basta una leggerissima variazione a cambiarne l’impatto” ha invece  raccontato Francesca Gabucci, in scena  nella parte della sorella di Wertheimer, tormentata dal fratello.

Pubblicato in Germania nel 1983, prima opera delle Trilogia delle arti, seguita da A colpi d’ascia del 1984 sul teatro e  Antichi Maestri del 1985 sulla pittura, Il soccombente celebra la perfezione della musica sulle tracce della visione di Cappuccio che interpreta la parabola esistenziale di Gould come una cacciata dal Paradiso. Un destino, conclude Lombardi, riservato a chi ha le risorse per farcela, ma Gould, a dispetto del suo talento, porta distruzione a se stesso e a chi lo incontra.

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