Dopo il debutto felice di Oberto, Conte di San Bonifacio, Verdi si ritrovò a dover comporre un’ opera buffa per la stagione scaligera autunnale del 1840. In tempi stretti, dovette comporre la musica per l’opera, e lo stesso librettista Romani non si scomodò a fare un nuovo libretto, ma rispolverò uno dei suoi vecchi libretti e lo adattò alla musica. Per Verdi fu un infelice periodo per comporre l’opera, dovuto alla morte della prima moglie, Margherita Barezzi e dei due figli. Inoltre il libretto, scritto da Romani nel 1818, molto prima di intraprendere la gloriosa collaborazione con Vincenzo Bellini, rappresentava un gusto teatrale ormai del tutto superato.
L’ opera fu un fiasco totale, tanto che fu ritirata la sera stessa del debutto. Ripresentata al Teatro San Benedetto di Venezia l’11 ottobre del 1845, col titolo Il finto Stanislao, riuscì ad ottenere un lusinghiero successo (infatti il vero motivo per cui cadde alla Scala fu il libretto poco attuale più che il lutto famigliare, perché la musica, ispirata a Rossini e a Bellini, non presenta alcuna mancanza, considerato che Verdi era comunque al suo secondo esordio).
Oggi quest’opera viene rappresentata raramente, pur non mancando di arie pregevoli come quella del Cavalier Belfiore “Compagnoni di Parigi” o quella carica di lirismo della Marchesa del Poggio “Grave a cor innamorato”. La sinfonia è segnata dall’inconfondibile energia di Verdi, come anche i concertati finali del primo e secondo atto.

La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.